L'ex allenatore dell'Udinese Gabriele Cioffi ha parlato ai microfoni di Numero Diez commentando tanti aspetti della sua carriera e delle sue due avventure in bianconero. Queste le sue parole: "Non potevo sapere cosa sarebbe successo inseguito. Ovviamente credo che ci saremmo salvati anche con me in panchina. Per andare avanti e crescere, però, la prima domanda da porgere a sé è: cosa potevo fare di meglio? Indipendentemente dalle scelte societarie e dagli alibi che ricerchi".
Ha mai avuto l'opportunità di tornare ad allenare?
"Ho avuto diverse richieste dall’estero, in particolare da Grecia, Cipro e Iran. Sono offerte economiche molto allettanti, ma non è quello che voglio fare. Aspetto e studio, sono molto competitivo e bisogna alzare continuamente l’asticella. A maggio ho fatto due settimane in Turchia per conoscere meglio il campionato, venendo ospitato da mister Montella e il suo staff, ho seguito alcune amichevoli in Inghilterra: hanno un altro ritmo. Ho pianificato due incontri per il futuro: una tappa all’Ajax con Farioli e, poi, mi incuriosisce Maresca. Sono due profili di successo con filosofie completamente diverse dalla mia".
Con Udogie e Molina ricercava sempre la profondità e l'ha applicata alla grande.
"Loro hanno un’esuberanza fisica notevole, che permetteva di sfruttare il campo anche grazie alla profondità che Beto creava nello spazio, sfruttato in un secondo momento da Deulofeu. Spesso si accentravano per giocare in mezzo al campo, cosa che ancora noto. Si è valorizzata questa esuberanza fisica, anche se con meno gol e assist con gli interpreti dell’anno scorso (Zemura, Ebosele, Ehizibue). Quando hai giocatori bravi nella lettura dello spazio e con caratteristiche fisiche debordanti, vanno valorizzati. Poi, se hanno anche gol e assist nelle gambe, vanno all’Atletico Madrid o al Tottenham. Devo ringraziare la famiglia Pozzo, ma io ho vissuto due Udinese diverse: la prima era forte, dimostrato dalla storia scritta dai giocatori e dalle loro ambizioni. D'altronde, abbiamo fatto il record di punti dagli anni di Guidolin. L’altra Udinese è stata più problematica, non a livello qualitativo, ma i ragazzi avevano bisogno di sbagliare per diventare forti. Il dislivello è stato grosso, avrei voluto vincere la sfida fino alla fine, ma sono venuti fuori giocatori tipo Payero, tipo Zemura, Kristensen, Ferreira, che giocavano meno e hanno avuto modo di mostrare il proprio lavoro".
Che impatto aveva Walace nel suo scacchiere?
"Sono sicuro che i friulani saranno bravissimi a rimpiazzarlo. Personalmente, sono molto legato a lui come ragazzo e come calciatore: copre bene gli spazi, è intelligente e garantisce equilibrio, centimetri. Innescare la profondità e le verticalizzazioni non sono le sue caratteristiche principali, ma per anni è stato importantissimo nella gestione del calcio".
Spesso ha giocato senza punta, il giocatore di grande stazza può risultare un difetto?
"Dipende da come si compensano le caratteristiche della punta centrale. Beto attacca la profondità ed è inutile schierare un’altra punta, quanto più un elemento capace di riempire gli spazi. Lucca ha caratteristiche diverse: è un finto lento. Può attaccare la profondità, ma secondo me i giocatori intorno a lui andavano gestiti in maniera diversa".
Come intende il 3-5-2?
"Si determina la zona d’aggressione, medio-alta. Da lì risali in area e poi si parla di lettura dello spazio nelle due fasi di fioco".
Come si è evoluto Samardzic nei mesi?
"È un giocatore intelligentissimo. L’allenatore non deve insegnare a un giocatore del suo livello come si gioca, è un talento che ancora deve dimostrare di essere un top, ma deve capire come le proprie caratteristiche possano essere utili alla squadra e al contesto in cui sono immersi. Lazar si è rimboccato le maniche, si è dato da fare, ha corso, è andato contro a un istinto talentuoso mettendosi a disposizione della squadra, talvolta sacrificando le sue caratteristiche".
Le consiglierebbe di restare a Udine?
"Io credo che lui sia pronto per fare il passo in una grande squadra, sottolineando società che lottano su 3 fronti. È il momento che lui lo faccia".
Come si è vissuta dall'interno la transazione Silvestri-Okoye?
"Per me non è stato facile realizzare il cambio di gerarchie, siccome ho grande stima di Silvestri, come professionista e come uomo. Gli ho dato molto tempo per uscire da un momento difficile, ma per un giocatore non è mai abbastanza. Dunque, Maduka ha sfruttato l’opportunità con esuberanza e voglia di fare, tenendosi stretto la maglietta. Credo che alla fine la mia scelta sia stata giusta, ha garantito la salvezza all’Udinese. Qualche volta, nella mia posizione, vanno fatte scelte professionali, più che umane.
Crede sia possibile un addio di Silvestri?
"Tale scelta è di Marco, non merita di essere un secondo: deve seguire il suo istinto e decidere se giocarsi la titolarità o provare una nuova esperienza".
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