Udinese-Lazio non rappresentava solamente un importante test per squadra e tecnico per ritrovare il bandolo della matassa, dopo tre pesanti sconfitte. Le prestazioni deludenti, condite da un’apparente scarsa voglia di sacrificarsi, lottare e rincorrere l’avversario fino alle fine, avevano fatto perdere la pazienza anche ai più calmi dei sostenitori bianconeri. La misura era colma. Come se non bastasse, il malumore si era amplificato in settimana quando sui social network erano state pubblicate delle foto che mostravano l’ avvenuta installazione dell’insegna Dacia Arena sulla facciata esterna del nuovo diamante. Il dibattito sul nome dello stadio si era riaperto, facendo infuriare i piú sulla scelta della società. I dubbi prima del match non riguardavano esclusivamente la reazione della squadra, bensì anche quella dei sostenitori friulani di fronte a questa importante novità. Una risposta che non si è fatta attendere. Il malcontento dei supporters si è avvertito già nel pre partita, al momento dell’entrata nel nuovo gioiellino confezionato dalla famiglia Pozzo. La scritta blu Dacia Arena, seguita dal simbolo della nota casa automobilistica, troneggiava all’ingresso della curva nord, catino del tifo più caldo. Prima del match l’attenzione era rivolta più al nuovo restyling che ai giocatori in pettorina, intenti a fare il riscaldamento. La ripetizione della sponsorizzazione anche negli spazi interni del nuovo stadio ha destato non poche perplessità. L’interrogativo principe che si ricorreva sugli spalti era: “ Perché comprare due pagine di giornale per dire che il nome rimarrà Friuli quando ovunque è palese il contrario? Arena non è un sinonimo di stadio? Non si trattava solo di una sponsorizzazione?”. La questione del nome si è in seguito trascinata a partita in corso. Il coro “ora e  sempre stadio Friuli” si è levato più volte dal settore degli Ultras, accompagnato da un applauso generalizzato da parte del resto del pubblico. Una vera e propria contestazione però non c’è stata. Il malcontento ha lasciato spazio alla partita. La richiesta di impegno lanciata dall’Auc, con uno striscione ad hoc esibito all’inizio della gara, ha trovato buon esito. Le premesse per un risultato positivo non erano delle migliori, complici una Lazio che puntava al quinto posto e un Danilo in meno. L' inferiorità numerica tuttavia non ha scoraggiato il pubblico, che ha sfoderato la sua veste migliore. Nel secondo tempo il malcontento si è trasformato in orgoglio e senso di attaccamento verso quei colori che rappresentano non solo una squadra di calcio, bensì dei valori comuni di un’intera regione. Il friulano medio non abbandona la squadra quando chi va in campo corre e si sacrifica. “Un giorno all’improvviso mi innamorai di te. Il cuore mi batteva, non chiedermi perché. Di tempo ne è passato, ma sono ancora qua. Io tifo l’Udinese e onoro la città.” Un semplice coro ha infiammato l’intera curva, coinvolgendo anche i distinti, oltre che ai soliti ultras. I protagonisti si sono trasferiti dal rettangolo verde alle gradinate: il tifo si è rivelato incessante fino al triplice fischio. Forse con la politica del marketing si è persa quella quint’essenza romantica e sognatrice del calcio. Ai tifosi non interessano i bilanci, né tanto meno le prospettive di crescita grazie ai ricavi e alla visibilità data da una sponsorizzazione. Date loro degli uomini che hanno voglia di puntare in alto e di giurare impegno incondizionato. Il risultato è assicurato: un incitamento continuo che sprona la squadra a “mangiare l’erba”. 
“Ora e sempre Stadio Friuli.” In fondo è una questione di cuore. Il Friuli è come il primo amore: non si scorda mai. 

 

Sezione: Focus / Data: Lun 01 febbraio 2016 alle 13:30
Autore: Arianna Forabosco
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