Pensieri notturni, pensieri post Champions. Sì, ieri sera me la sono spassata a vedere il calcio, quello vero, il top del top. Altri ritmi, altre giocate, campioni veri, mi brillano ancora gli occhi. Scusate ma non sono più abituato a certe partite e devo ammettere che mi mancano tantissimo. Ora mi accontento di molto poco, sono felice se pareggio in casa con l'Hellas Verona o se strappo un punto all'ultimo a Brescia. Come cambia la vita. 

Eppure quel calcio l'ho conosciuto, l'ho vissuto sulla mia pelle sulle tribune fredde del vecchio Friuli, l'ho visto con i miei occhi qui nella mia città di provincia, nella mia piccola Udine. Ieri sera si giocavano gli ottavi di Champions Borussia Dortmund, Paris Saint Germain, Atletico Madrid e Liverpool, tre di queste (esclusi i parigini) sono squadre che l'Udinese ha battuto. E sembrava essere anche una cosa tutto sommato, passatemi il termine, normale. Sbancato il Westfalenstadion, schiacciati in casa i colchoneros, impresa ad Anfield Road. Nulla di incredibile, ormai ci eravamo quasi abituati a queste imprese europee. 

Eravamo lì, eravamo tra i grandi. Rispettati, anzi invidiati, da tutti. Il miracolo della provincia. Non stiamo parlando di cinquant'anni fa. Le persone erano le stesse, c'era il paròn, c'era suo figlio Gino. Lo stadio era il Friuli e nelle notti di coppa ancora un po' restava vuoto, non c'erano i 22 mila di domenica scorsa. Si aspettava i turni decisivi, quelli in cui ci si giocava il passaggio del turno. Mi ricordo gli amici che dicevamo "oggi c'è il Tottenham, vabbè non vale la pena, andiamo la prossima", e gli Spurs erano quelli Modric e Bale, tanto per fare due nomi a caso. 

Mi ricordo anche di quando Klopp, l'allenatore campione d'Europa e del mondo in carica, veniva qui a studiare il modello Udinese, a scoprire i segreti di questa eccellenza bianconera davanti alla quale tutti i club europei si levavano il cappello. Altrochè Atalanta, per costanza e risultati, per una decade d'oro, l'Udinese era un'altra cosa. 

E ora che è successo? Perché siamo finiti quaggiù? A paragonarci a squadre come il Lecce? Con tutto il rispetto per i salentini, noi siamo un'altra cosa, abbiamo un'altra storia. Eppure ora c'è chi preferisci giocare lì che qua, inspiegabile. 

Che qualche ingranaggio si sia inceppato, è purtroppo ormai un dato di fatto. Lo ha ammesso il direttore Marino nella sua ultima conferenza stampa. Il modello Udinese è stato copiato, i prezzi sono lievitati in misura abnorme e quei giovani che una volta facevano la nostra fortuna ora sono difficili da raggiungere.

Ma perché arrendersi? Il quint'ultimo posto non deve essere per forza la nostra condizione. Sarò sognatore, un po' come il paròn, ma per me l'Udinese deve ambire a qualcosa in più, magari non sempre all'Europa ma nemmeno ad una risicata salvezza. Siamo e saremo sempre l'Udinese, una squadra che è eccellenza, che ha uno stadio di proprietà che è un gioiello, che ha strutture che anche molte big si possono sognare. Non dobbiamo aver paura di tornare quelli che eravamo. 

Le capacità, ne sono convinto, ci sono ancora tutte. Non ci dobbiamo accontentare di quello che siamo ora, dobbiamo tornare ad essere ambiziosi. Ripeto, le persone sono sempre le stesse e hanno già dimostrato di saper fare grande calcio. Gli stimoli, si dice, ci siano ancora. E allora ci vuole solo la voglia, la determinazione, il darsi un obiettivo. Magari non tra un anno ma tra due, tre o cinque, a Udine vogliamo (e anche la società, credetemi, lo vuole) rivivere quelle notti, rivedere il grande calcio, ritornare nella posizione che l'Udinese merita, tra le grandi d'Europa. 

Sogno, sì. Ma lasciatemi sognare. Amo l'Udinese per lei voglio sempre il meglio. 

Sezione: Primo Piano / Data: Mer 19 febbraio 2020 alle 08:00
Autore: Stefano Pontoni / Twitter: @PontoniStefano
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