Sembra passato un secolo da quando, a Udine, Santiangeli sembrava un giocatore da Eurolega e Udine perdeva di undici punti.

Era un girone fa.

Piccola parentesi iniziale per l’amico carissimo Alberto Martelossi: sono stato felice quando ho saputo che si è rimesso in pista, gliel’ho detto e cortesemente (come nella natura di Martello) mi ha risposto. Alberto è bravo, competente, e il Mike Hall di stasera ha ben poche ragioni di prendersela con lui. L’Assigeco sembra una squadra senza capo né coda, sebbene ancora aggrappata all’ultimo posto playoff. La rottura prolungata dice 3-8 nelle ultime undici gare, ci vorrà tutto il talento del coach udinese per risollevarne le sorti. Le quali, peraltro, sono testimoniate dalla quasi totale assenza di pubblico: vero è che la squadra piacentina riconosciuta è quella che gioca in cadetteria, ma Ferguson e soci meriterebbero forse qualche presenza in più.

Udine, stasera, vince per una sola, semplicissima ragione: è nettamente più forte dell’avversaria. Tira meglio, difende meglio, sopperisce alle magagne con esperienza ma soprattutto con talento. La squadra di casa soccombe in tutte le voci statistiche (tiri, rimbalzi, valutazione) tranne una: Udine perde ancora troppi palloni.

Perché chi ancora critica, pochi per fortuna, dimenticano che Antonutti è rimasto in panca, a referto per onor di firma; che Fabi è assente e chissà quando lo riavremo; che Beverly, in settimana, si è allenato a singhiozzo a causa di un trauma ad un ginocchio patito in allenamento; che Gazzotti, al rientro dopo un mese, gioca (e bene) 29’; che Strautins si mette fuori gioco quasi da solo, accumulando troppi falli e rimanendo, cautelativamente, in panca dato l’allargarsi del divario.

Che alla fine poteva assumere proporzioni ancora più evidenti, se Udine non si fosse accontentata (+24 al 37’). Direi giustamente: umiliare i padroni di casa non avrebbe avuto senso.

Fra i piacentini emblematica la prova di Ferguson, bestia nera friulana: primo quarto da sogno, secondo meno, terzo da spettatore, quarto quasi. Non fa meglio Santiangeli, che segna una volta solamente (su tredici tentativi) dal campo ed il resto lo fa dalla lunetta: dieci i tiri liberi concessi da una terna arbitrale sulla quale, pietosamente, stendiamo uno spesso velo.

Giuro: nemmeno quando il punteggio diceva 28-15 mi sentivo preoccupato: Assigeco tirava col 100% dal campo, non sarebbe potuto durare. È bastato un acceso timeout di coach Ale per rimettere le cose a posto, assieme ad una difesa finalmente efficace; non è un caso che Casalpusterlengo segni nei primi sette minuti il 50% dei punti che alla fine il tabellone testimonierà alla fine. Beverly cancella il nervosissimo Hall; la task force Penna-Vitto-Teejay fa lo stesso col temutissimo JazzMarr. Gazza e soci tengono a corda cortissima il resto della truppa, rendendo difficilissimo per i casalinghi trovare tiri facili come nei primissimi istanti di gioco.

Non ho mai fatto classifiche di merito, ché questa è una squadra vera: magari meno figurine da collezione del recente passato, ma voglia comune di sacrificarsi per i compagni. Non farà eccezione stasera, quando pure gente come Cromer (top scorer per distacco; peccato questo non disegni anche la qualità difensiva che, finalmente, sta mostrando), Nobile (la sua tripla più libero spacca definitivamente la gara) Jack Zilli hanno spesso trascinato la propria squadra. Ma il merito è davvero di tutti quelli che hanno giocato, nessuno dei quali stasera ha tradito.

Interessanti alcuni meccanismi messi in opera da Ramagli, Bonacina e Gerometta: quando si è giocato col doppio centro (Zilli+Beverly), Casalpusterlengo ci ha capito pochissimo e due volte ha perso palla per infrazione di 24’’; dispendiosi ma fruttuosissimi i ripetuti cambi sui blocchi, che hanno costretto, ad esempio, il temutissimo Ferguson ad un inconsueto ‘airball’ nel quarto decisivo. In attacco, Udine ha trovato ottima circolazione di gioco, finalmente bilanciando conclusioni da fuori con penetrazioni nell’area dipinta.

Lasciato un amico, ne troviamo un altro: sabato sera a Udine di scena San Severo del nostro Lino Lardo. Lo accoglierò, lo accoglieremo come si deve ad un eroe della nostra storia recente. Lino, per me, non sarà mai un avversario ma solo il coach di una squadra diversa da quella udinese. Perché con lui la Udine cestistica moderna è arrivata ai risultati migliori: sinora, ovviamente. Ti aspetto, amico mio.

Sezione: Primo Piano / Data: Dom 16 febbraio 2020 alle 22:11
Autore: Franco Canciani
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