Alberto Zaccheroni, ex tecnico bianconero nonché uno degli allenatori  più amati di sempre  dai tifosi bianconeri, è intervenuto nella Club House dello stadio "Friuli", in occasione dell'inizio della celebrazione dei 120 anni dell' Udinese, parlando della sua avventura ad Udine e dei bei momenti passati in Friuli:

"I risultati ad Udine li abbiamo conseguiti anche perchè avevamo dei giocatori straordinari. Il tridente delle meraviglie? Giocavamo per loro tre. L'inizio con Amoroso è stato davvero duro. Lui riteneva di essere un numero 10 e più che fare gol, voleva fare assist. Aveva la cultura brasiliana. Qualcuno sostiene che se non avesse giocato quando ha fatto la doppietta, sarebbe partito per il Brasile. Non è vero. Lui era una scommessa di Gino Pozzo, io l'ho solo modellato. Aveva un controllo di palla in velocità paragonabile a Messi. Marcio è stato un giocatore straordinario. Le tre punte? Nessuno giocava così. Andai a vedere il Foggia di Zeman e gli allenamenti di Crujff per imparare come poter sostenere un simile sistema di gioco. Il problema era convincere i giocatori a giocare con tre punte. Ai miei tre, Bierhoff, Amoroso, Poggi, non si chiedeva di difendere. Servivano quindi quattro centrocampisti. I giocatori non volevano cambiare, ma io dissi loro di adottarlo in caso di emergenza. Lo facemmo nella seconda parte di campionato, ma i giocatori ancora non erano convinti. Il nuovo spaventa sempre. Poi ci fu quella famosa partita di Torino: in realtà lì partimmo con il 4-4-2. Ma non fu in quella occasione che iniziammo a giocare con il 3-4-3. Io credo che se avessimo tentato questa soluzione contro l'ultima in classifica non avrebbe funzionato. Contro la Juve sì".

"A Udine mi sento a casa. Qui mi sono sempre trovato bene, dal primo momento. Io sono romagnolo ma credo di avere qualcosa in comune con i friulani. C'è stata grande sintonia dall'inizio. Mi piaceva stare in mezzo alla gente".

 

Sezione: Gli ex / Data: Sab 19 novembre 2016 alle 17:00
Autore: Jessy Specogna
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