È dura. È dura per chi ci ha sempre creduto, come chi Vi scrive, commentare una situazione così deprimente.

Ritengo, e me ne prendo le responsabilità, quella di Porto San Giorgio la sconfitta peggiore della gestione Lardo.

La peggiore: perché come contro Treviso la GSA rimane aggrappata alla partita con unghie e denti, meno col gioco; poi passivo pesante nel terzo quarto e addio. Solo che oggi, col dovuto rispetto, non c’erano di fronte Fantinelli ed il Cigno, ma due buoni stranieri ed una pattuglia di volonterosi giocatori, che stanno disputando una stagione eccezionale e proprio per questo erano battibilissimi. Se Udine avesse giocato alla pallacanestro.

La peggiore: perché Montegranaro del bravo Ceccarelli ha cinque giocatori che stanno sul parquet più di mezz’ora e un paio, forse tre, che gli danno dieci minuti. Ma in quel ‘quarto’ a disposizione, per esempio, Maspero fa 3/3 dall’arco dei 6m75 e contribuisce al 54% di squadra. Udine ha il 14%, capirete che se tredici dei sedici punti di vantaggio della compagine arancioblu vengono proprio da lì, ed ogni fottuta domenica va così, evidentemente i riflessi filmati visionati dagli avversari ormai tradiscono le debolezze difensive bianconere.

Ci credevo, ci credo e ci crederò. Tre indizi fanno però una prova: la GSA non riesce a reggere quaranta minuti, mai e contro nessuno. Si è scelta una squadra orizzontale, di bei giocatori ma senza stelle tiratrici, tipo il Powell di oggi che ne mette quasi trenta; la decisione non è affatto sbagliata, solo che  il gruppo non sta dando i segnali giusti nei momenti giusti e questo comporta sconfitte e delusioni.

Prendiamo l’inizio del secondo tempo: pronti, via e 0-9 con tre triple marchigiane; da -2 si passa a -11 in un paio di giri di lancette, una botta decisamente difficile cui reagire. Una situazione nella quale Udine non si dovrebbe trovare: invece è una costante, vista e rivista. Non so perché, lo giuro: forse spendiamo troppe energie in difesa, quelle energie che poi mancano sul versante d’attacco. Forse piuttosto subentra quel blocco psicologico che da tempo aleggia nei commenti dei tifosi e dei cantori, e che nessuno vuole chiaramente portare allo scoperto; un blocco generale, di squadra, inconcepibile per un gruppo di ragazzi con esperienza e tante gare alle spalle.

Udine inserirà Troy Caupain, il play-tiratore che arriva da Lakeland, cittadina delle dimensioni di Udine non lontano da Tampa: Davide Micalich chiede di non dargli pressione, ma qui il tempo stringe e la GSA deve portarsi a casa almeno una vittoria per arrivare ad una post-season da affrontare, in ogni caso, con tante certezze in meno.

Non mi hanno chiesto di far pagelle per la gara di stasera: non le avrei compilate comunque. Già trovo difficile giudicare quando le cose vanno bene; partite perse in questa maniera mi tolgono definitivamente la voglia di commentare. Oggi si è perso di squadra, punto.

Domenica, ore diciotto, si gioca a Trieste contro un’Alma che ha messo alle spalle (loro sì!) il periodo più difficile; Udine deve ritrovarsi, non costringendo più Lino Lardo a metterci la faccia in sala stampa cercando ragioni lievi e generiche ad una situazione che chiaramente parla di concentrazione da ritrovare più che di allenamenti nei quali trovare contromisure. Caupain non farà miracoli: potrà prendersi sulle spalle newyorkesi qualche responsabilità, da condividere però con Bush, Dykes o Rain, con Chris e Ciccio e tutti gli altri.

Non si raggiungessero i playoff sarei il primo a parlare di stagione fallimentare: per le aspettative, ma soprattutto per le energie e le risorse spese da Pedone e Micalich, due che hanno messo staff e squadra nelle migliori condizioni per giocare e vincere; ed anche per la tifoseria, ad iniziare dal Settore D, che anche oggi si è fatta mille chilometri in giornata e ha tifato per quaranta minuti. La tifoseria, bianca nera ed entusiasta, rimane sul campo e lotta fino all’ultimo fischio della sirena: la squadra invece a tratti stacca la spina. Io per questi ragazzi ho spesso speso parole troppo gentili, ma l’ho fatto perché la pallalcesto è parte di me e della mia vita. Mi piacerebbe, anche se scrivo per passione e non per professione, che giocatori e staff rispettassero chi, stasera, non ha fatto dieci ore d’auto fino nelle Marche, ma allo stadio seguiva camaleonticamente coll’occhio destro il calcio, col sinistro la pallacanestro commentando i due sport e redigendo la diretta testuale per chi non avesse potuto seguire la diretta sul canale Youtube. E sono un sacco di tifosi, credetemi. E un gran mal di testa, due sconfitte e a casa.

Ci crediamo; ci abbiamo sempre creduto. Chiediamo solo uno sforzo, qualcosa in più, per non lasciare nulla di intentato. Ad iniziare dal PalaRubini.

Udine, quella Udine che ci tiene, ci sarà. Speriamo ci siano loro, da Lardo giù giù fino a Chiti. Con la testa, il cuore, le gambe. Senza paura.

Sezione: Focus / Data: Lun 09 aprile 2018 alle 08:00
Autore: Franco Canciani
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