Niente da fare: chi ha la mia età ha nel cuore, di certo, le gesta di Totò partenopeo, poetico sul campo come De Curtis sullo schermo. Un po’ di più, però, per quell’omino sbarcato ormai quasi 37 anni fa a Ronchi dei Legionari.

Nessuno ci credeva: non noi tifosi, sicuri che l’operazione commerciale messa in piedi da Mazza e Dal Cin fosse prodromica ad una speculazione, ad una cessione a prezzo maggiorato a squadra di più alto lignaggio e palmares dei poveri bianconeri, solo due anni prima salvatisi all’ultimo respiro col tunnel di Manuel Gerolin a Ruud Krol.

Invece, vinta la ritrosia di Sordillo e della federazione tutta (avevano invalidato i tesseramenti di Cerezo dalla Roma e del nostro eroe) dopo che queste avevano preso atto dell’invasione delle piazze friulane (e di qualche telefonata politica da Roma a difesa del futuro giallorosso…), egli divenne il nostro ‘dez’; qualche minuto nell’amichevole contro il Barça, quando sostituì Ivica Surjak che uscì fra le lacrime (all’epoca erano permessi solo due stranieri); magìe ad iniziare dalla gara in un torneo estivo al Friuli contro il Real di Santillana; e poi tante perle, tante infinite perle che nessuno di noi, cinquantenni, potrà mai scordare.

Chiudendo gli occhi rivedo chiaro il lancio di Causio, il controllo di fronte alla difesa scudettata della Roma di Liedholm, la saetta alle spalle di Tancredi e la corsa sotto la curva Nord; e quell’urlo, quell’urlo, quell’urlo… Un’ora dopo la gara ancora ovattate, le mie quattordicenni orecchie.

L’avventura finì tristemente: Maradona che si allena a segnare di mano, il tondeggiante arbitro (?) Pirandola di Lecce che non vede (fu l’ultima recita di una carriera disastrosa), il nostro che nel dopo-gara si lancia in una filippica, comprensibile, contro l’incompetente’ salentino.

Fu pesantemente squalificato; la successiva (ultima) gara del campionato 1984-85 a Cremona, contro i retrocessi grigiorossi di Juary e Meluso non la giocò e l’Udinese perse 0-2. Il carioca se n’era già tornato in Brasile, inseguito anche da problemi fiscali dei quali non era nemmeno lontanamente responsabile. Si era fidato (male) delle persone sbagliate.

Lo abbiamo ritrovato ancora: nella gara del suo addio al calcio giocato nel 1989, soprattutto quando, nel 2017, tornò da eroe e dovette affrontare una folla, un serpentone che da Piazza Vittorio arrivava fino a Corte Portanuova, dove lo store societario dovette sbarrare le porte.

Tre giorni di amore mai sopito, da entrambe le parti; un amore puro, senza vincoli né condizioni. Fra un eroe calcistico e moderno, forse un po’ ingrassato, ed il suo popolo.

Lo incontrai, per una stretta di mano ed un autografo, uno dei 7000 firmati in quel weekend, e chi c’era afferma di avermi visto commosso. Non me ne vergogno: quello fo il sogno di un’estate nella quale l’Udinese, senza i retropensieri dei tempi moderni, veniva citata sulle prime pagine dei giornali sportivi e non.

Oggi compie 67 anni Arthur Antunes Coimbra. Lo abbraccio, da quassù, e ancora una volta lo ringrazio: sono un ragazzo fortunato, perché mi hanno regalato Zico.

Parabéns, Galinho: e obrigado.

Sezione: Primo Piano / Data: Mar 03 marzo 2020 alle 14:49
Autore: Franco Canciani
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