Nessuno chiede ai sostenitori ed agli appassionati di essere sempre e comunque felici di come la GSA si comporti sul parquet. Tantomeno oggi, in un momento down della squadra cui un evidente blocco mentale impedisce l’espressione di una qualità che difendo, e difenderò, fino alla fine.

È vero: ci siamo infilati in un tunnel da cui si esce solo tutti assieme, e lottando all’Alma Arena e poi in casa contro Imola fino all’ultimo centimetro quadrato di pelle sulle ginocchia. È vero: io il primo a dirlo, che la stagione senza playoff (non dimenticando la F8 di Coppa Italia, però!) non sarebbe del tutto soddisfacente. È vero: ad un certo punto raggiungere i playoff sembrava una formalità; forse lì ci siamo adagiati su quanto di buono fatto in un girone d’andata estremamente positivo. E, come mi disse Chris in un’intervista, quando si esce con la testa dalla gara è difficile rientrarci.

Nessuno pretende dal palazzetto la coprofagia sportiva; discutere di calcio, di pallacesto, di politica è sapido divertimento pre- e post-evento-agonistico.

Ci sono però limiti che non vanno trascesi. Specie se bersaglio di insulti, invettive, vituperi è un perfetto gentiluomo ingauno; un uomo nato in quella zona bellissima ed aspra incastonata fra Loano ed Alassio, , segnata da profondi ed italianissimi canyon; quel Ponente che solo un cuore di pietra può non amare.

Non sono all’altezza di discutere se coach Lino gestisca bene o meno i cambi; se coach Lino gestisca bene o meno Bushati; se coach Lino non riesca a far rendere i lunghi, se gli schemi d’attacco siano sterili, se Diop non sia cresciuto come doveva (doveva? Date un’occhiata alla carta d’identità: io ricordo com’ero a 18 anni, quando per mancanza di concentrazione e voglia mi giocai una già flebile possibilità di diventare cestista. E Voi?). Chi lo critica può aver ragione, forse no ma il loro diritto finisce lì.

Ormai da tempo mi sono tirato a riva dal mare magnum dei commenti sulle notizie di Facebook; allo stesso modo, maleducatamente, non rispondo ai solleciti privati che, invocando una propria terzietà rispetto al mio sospetto aziendalismo (pagato, dice qualcuno), mi solletica ad ogni sconfitta con un tono del tipo ‘dai, parla bene della squadra anche stavolta se ti riesce’. Io ho fortuna: scrivo spesso a mano, e ho il tempo di rileggere e magari correggermi, cosa perlopiù impossibile quando si risponde su un post, magari a vena safena chiusa.

Se mi riesce di parlar bene? mi riesce. Perché ho metabolizzato la sconfitta di Treviso, pesante; quella con Bergamo, impronosticabile; e la peggiore, per me, contro una Poderosa condotta bene da Ceccarelli, ma non imbattibile e soprattutto con rotazioni limitatissime. E sono projettato, dalla lontana Verona ove sosterrò le eccellenze enoiche furlane (e non solo), a sentire il mio cuore battere all’unìsono con quelli sugli spalti e sul campo.

Perché ho parlato con tutti i giocatori, intervistandoli: possono aver giocato gare migliori o peggiori, ma nessuno si è mai tirato indietro. Nessuno.

E mai, mai!, riuscirete a portarmi dalla Vostra parte; a farmi dire che coach Lino andrebbe esonerato, o peggio che se ne dovrebbe andare lui, magari chiedendo scusa a chi non lo sopporta, né lo supporta riempiendolo di insolenze (concedetemi un termine della destra Tagliamento).

Io voglio bene a Lino Lardo: umanamente, per le chiacchierate di tattica ma soprattutto di quando lui, playmaker di Forlì e Verona, ci faceva spesso male. Sportivamente, perché mi ripeto e dico che una finale scudetto non si raggiunge per nulla.

A fine campionato, serenamente, si vedrà se coach Lino rimarrà o meno; accusarlo così volgarmente è, oggi, esercizio di pessima calligrafia.

Perché sono un vecchio, e continuo a vantarmene; sono vecchio e mi ricordo le sfide contro la Mecap di Vigevano, la Manner di Novara, l’Acentro di Cagliari. E più recentemente, nel 2012, quelle cento anime scarse a goderci la sconfitta contro Rovereto, DNC garantita. Era l’epoca di Medeot in panca e Laezza e Confente in campo; era il secondo anno di Pedone come sponsor, credo. Magari molti fra Voi se lo saranno dimenticato, da dove veniamo. Magari molti fra Voi manco c’erano, anni di EuroGuidolin.

Ah già, il Pres.

Oggi è stato presentato Troy Caupain, arruolato dal derby di domenica al posto, temporaneo, di Rain Veideman. La società invece che cacciare Lardo prende un americano. Giovane, certo; forte? Lo vedremo. Ma di sicuro invece che cambiar rotta, rilancia e raddoppia.

Ma a molti anche questo non va bene: perché questo è un bambino, Dykes segna troppo poco, bisognava tenere Okoye. Mi pregio di sapere come sia andata, e posso garantire che nessuno lo ha cacciato, il nigeriano: lui voleva Varese, ha ottenuto Varese e ha dimostrato di valere la A1. Pace: il resto è fuffa. Di certo non gli sono stati offerti due bagigi e cento lire: mancando la volontà di restare, un giocatore se ne va. Punto.

E della gestione Pedone-Micalich cosa potete dire? Il pres ha investito risorse ed energie, il direttore sta tenendo le fila raccolte e compatte per evitare sfilacciamenti interni. E 3500 persone a gara, al vecchio Carnera, sono testimonianza che il pubblico c’è: eccome!

Due gare, due fottutissime gare alla fine: se andranno male (e sono certo non sarà così) avrete il Vostro momento; starò zitto, avrete avuta ragione Voi. Intanto so benissimo che sarete seicento ad urlare come dei matti a Trieste, e migliaia ad assistere alla diretta televisiva. Allora, dato che ci tenete come noi, lasciate in pace coach Lino: oggi l’ho visto provato, ed a me ha fatto male. Parlate del gioco, mai degli uomini.

Io sto con Lino: Stefano, se coram populo devi farlo, esonerami.

 

Sezione: Primo Piano / Data: Gio 12 aprile 2018 alle 12:19
Autore: Franco Canciani
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