Le pause della nazionale sono storicamente propizie ai cambi di allenatori. In Serie A la girandola è già iniziata, complice una classifica livellata: fra il Milan (che potrebbe andare in Europa per il posto liberato dalla Coppa Italia) e il Frosinone terzultimo ci sono appena nove punti. Zenga, Rossi, Iachini e Castori hanno pagato per colpe loro? E a Udine, la situazione di chi è colpa? Dell’allenatore o della società?
Il mito della società organizzata ormai è un pallido ricordo. Fra operazioni marketing non condivise dalla tifoseria, dirigenti che sperano nei pareggi e subito dopo parlano di giocatori in vendita e mercati all’insegna di atleti esperti che finiscono in panchina, la società friulana sta dimostrando pressapochismo proprio dove una volta eccelleva, nella programmazione tecnica. L’Udinese ha fatto un buon mercato per la squadra titolare (Felipe, Lodi, Zapata, Edenilson e Ali Adnan), non altrettanto per i rincalzi (via Silva, Zielinsky e Nico Lopez, parcheggiati Faraoni e Verre). Eppure circolano insistenti voci sul possibile esonero di Colantuono.
Quello che fa strano è che la società, per la compattezza dell’ambiente, avrebbe tutto di guadagnato a confermare il mister, eppure tace mentre con cadenza settimanale si rilasciano interviste su giocatori possibili partenti. Non serve interrogare Stephen Hawking al fine di intendere che per creare unità le forze centripete sono più importanti delle forze centrifughe. La società non commenta le notizie dei possibili sostituti o di incomprensioni nello spogliatoio, e mai silenzio è stato più loquace.
Ai tempi di Guidolin, quando si arrivava costantemente in Europa, o ai tempi di Pier Paolo Marino, chi sgarrava era messo fuori rosa. Lo ricordiamo, successe sia a Di Natale e Domizzi che a Pizarro e Iaquinta di sedersi in tribuna alla domenica. Senza arrivare a tanto si potrebbe mediare, perché è chiaro che una squadra deve essere guidata da un allenatore e non dalle bizze dello spogliatoio.
Così, consideriamo le colpe di Colantuono. Se gli si può addebitare colpe nelle sconfitte contro Lazio (la fascia destra sguarnita con la difesa a tre) ed Empoli (secondo tempo iniziato in vantaggio di un gol e due reti subite in contropiede), nelle altre partite, umanamente, è difficile ascrivergli colpe. L’Udinese paga un avvio di campionato con 3 punti in 5 partite. Dopo di che 9 punti in 7 partite, 6 delle quali senza la punta titolare. E quale è stato lo spartiacque? Guarda caso l’Udinese ha iniziato a fare punti da quando sono stati messi in campo Felipe e Lodi, acquistati con colpevole ritardo. Quindi? Colpa della società o dell’allenatore?
Colantuono è pragmatico: non avendo a disposizione un reparto d’attacco ben strutturato (manca sempre quel famoso trequartista…) ha optato per creare una muraglia che sappia anche pressare alto. Questo tiene l’avversario lontano dalla nostra porta e consente un maggior appoggio alla fase offensiva, ancora piuttosto sterile. E la scusa della squadra bassa non regge più, così come quella dell’affaticamento muscolare pre-Napoli... Intanto, la difesa bianconera nelle prime 5 partite ha subito 8 gol (1.6 a partita); nelle restanti 7 le reti passive sono state 7 (media 1.00), due partite delle quali giocate contro il primo e il terzo attacco del campionato.
In definita, Colantuono magari è antipatico, magari non gestisce bene i rapporti con Di Natale o qualche altro giocatore, ma con gli uomini giusti porta punti (mantenendo la media delle ultime 7 giornate, abbiamo un bel 49 punti totali in un campionato intero). Eppure la società, quella che ha sbagliato il mercato dei sostituti, ha dissanguato lo zoccolo duro degli italiani, i cui dirigenti rilasciano interviste inadeguate con speranze di pareggi o giocatori perennemente in vendita, pare implicitamente dare colpa all’allenatore.
Prima era tutta colpa di Guidolin? Ora è colpa di Colantuono?
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