Era nell'aria da qualche settimana, ieri è diventato praticamente ufficiale: Daniele Pradè lascia l'Udinese. L'addio, che non possiamo definire inaspettato, arriva dopo soltanto una stagione. Eppure Gino Pozzo, deciso a non volersi privare di lui, nell'incontro avvenuto la scorsa settimana, gli aveva proposto un rinnovo importante. E invece nulla, il diti, ringrazia per la fiducia rinnovatagli ma rifiuta l'offerta. Se ne tornerà, stando a quelli che sono gli ultimi rumors, alla Sampdoria, dove il vulcanico Ferrero è pronto a riaccoglierlo a braccia aperte.

L'Udinese perde così il suo dirigente più importante, quella figura di raccordo tra società, allenatore e squadra, quella figura capace di fare per davvero le veci di Gino, spesso impegnato Oltremanica a gestire l'altra squadra della famiglia, il Watford. Portarlo a Udine fu una scelta azzeccata, che io in primis lodai senza se e senza ma, una scelta che ero convinto potesse finalmente cambiare il corso degli eventi. Brava l'Udinese a convincerlo un anno fa, dispiaciuta sicuramente oggi per non essere riuscita a trattenerlo.

Molteplici i motivi di questo divorzio, dicono, tra i quali - vociferano gli ambienti vicini agli uffici di Viale Candolini - anche qualche screzio con Paròn Giampaolo. Voci, che riportiamo per dovere di cronaca, ma delle quali è davvero difficile avere conferma. Quello che non è funzionato lo sanno soltanto Gino e Pradè, perché l'Udinese, come ormai tutte le altre società di A, è un monolite di pietra dal quale nulla più trapela. Diversità di vedute? Può essere. Scarsa libertà di manovra? Anche. Obiettivi diversi? Pure. Soltanto le parole dell'ormai ex responsabile dell'area tecnica bianconera - uomo sempre sincero e schietto anche con la stampa - potrebbero fare davvero chiarezza su questa decisione. 

Lascerà un vuoto, ne sono convinto. Perché di dirigenti del calibro di Pradè in Italia ce ne sono pochi. Piaccia o non piaccia, questo era bravo, anzi tra i più bravi in circolazione. Non sono qui ad incensarlo, non credo ne abbia bisogno, voglio solo sottolineare un paio di cose che reputo indispensabili per tracciare un bilancio onesto del suo operato. La prima, Pradè, come nessun altro prima, si è caricato sulle spalle i problemi di questa squadra, non avendo mai timore a metterci la faccia. Spesso si è preso colpe non sue e nei momenti peggiori, quando la situazione sembrava drasticamente precipitare, ha saputo prendere il timone. La seconda invece riguarda alcune scelte. In molti mi hanno scritto che in realtà a Udine ha inciso poco o nulla, non sono d'accordo. Faccio due nomi. D'Alessandro, tra i migliori dell'ultimo campionato, era un suo uomo. Okaka? E' stato lui a volerlo fortemente a gennaio e solo grazie a lui si è riusciti a convincerlo a vestire la maglia bianconera.

E ora che succederà? L'Udinese si ritrova costretta ancora una volta a cercare un nuovo direttore tecnico. Si dice che il profilo giusto possa essere quello di Romairone, già in passato accostato ai colori bianconeri ed oggi in uscita dal Chievo. Altri nomi sono difficili da fare. Corvino? Impossibile. Marino? Utopia. Saranno sicuramente giorni di riflessione, giorni anche di confronto tra la proprietà e il direttore generale Franco Collavino. Serve un nome, serve subito. Un nome di esperienza e dal peso specifico non indifferente, capace di ripetere quanto fatto in questa stagione da Pradè.

PS - In chiusura un in bocca al lupo ad un dirigente con il quale ho avuto un sincero rapporto e del quale nutrirò stima anche in futuro. 

Sezione: Primo Piano / Data: Mar 11 giugno 2019 alle 10:59
Autore: Stefano Pontoni / Twitter: @PontoniStefano
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