Lunedì post 0-4 contro l'Inter. Sconfitta annunciata? Sì. Interessa a qualcuno? No. O meglio, interessa alle altre squadre che lottano per salvarsi, ma ormai la disaffezione, come hanno confermato i cori dei tifosi, nei confronti della squadra è ai picchi massimi. Quindi parliamo d'altro, parliamo di come sia stato possibile un fallimento di queste proporzioni. La critica che muovono praticamente tutti è l'assenza di uno zoccolo duro in spogliatoio. Cosa verissima (Danilo e Widmer hanno tantissime presenze in bianconero, ma saranno giustamente segnati nel libro intitolato "cose da dimenticare sull'Udinese Calcio") e puntualmente torna la solita poesiola: Domizzi, Pinzi, Di Natale. Una spina dorsale che ha tenuto in piedi lo scheletro delle zebrette per tanto tempo, facendo crescere talenti come Sanchez, Isla, Asamoah, Benatia, etc... gente che adesso lotta per alzare trofei, per capirici.

Però si potrebbe fare un'aggiunta. Insieme a loro c'erano dei gregari, calciatori magari agli ultimi anni di carriera, magari con un passato glorioso in club importanti e che venivano a Udine sostanzialmente a far panchina. Però dentro allo spogliatoio a parlare c'è tutto il gruppo, non solo i titolari che stanno giocando in quel momento. Da qui si può capire quanto sia importante l'assenza di uno zoccolo non solo in campo, ma anche nei meccanismi interni. Negli anni sopracitati c'erano infatti anche altri giocatori, spesso dimenticati, ma sempre etichettati come "uomini spogliatoio" e apprezzati dai tifosi perchè in campo davano tutto quello che avevano, che magari era poco, ma lo davano e dentro bombardavano di consigli i giovani. Così almeno ci si salvava, poi c'erano i campioni e arrivavano anche le qualificazioni europee.

Facendo questo ragionamento mi vengono subito in mente tre nomi: Belardi, Pasquale e Corradi. Il portiere arrivava dopo una rispettabile carriera alla Reggina e due anni alla Juventus da secondo portiere. Non era un fenomeno, qualche gollonzo lo ha preso, ma in campo faceva del suo meglio e ogni volta che andava a sedersi in panchina teneva sulla corda i giovani (nella foto che ho tagliato sono ritratti lui e Battocchio assieme). Pasquale poi era un altro giocatore che non era assolutamente da Champions League, ha un po' di amnesie difensive sulla sua coscienza, ma in campo correva più che poteva e quando aveva l'occasione regalava qualche assist e anche dei gol (Liverpool, basta dire il nome). Non solo, nei periodi in cui finiva in panchina stava in silenzio, continuando a dare il suo apporto e aspettando con serenità la sua occasione, una pazienza che attualmente manca come il pane. Impossibile poi non citare Corradi. Gigante che aveva giocato in Nazionale, con la Lazio, col Valencia e tante altre. Un curriculum di tutto rispetto. Arrivato ad Udine era lentissimo e macchinosissimo, ma in campo usava i suoi centimetri per prendere tutti i palloni alti e quando serviva lottava come un leone all'angolino per difendere un risultato positivo e far passare i minuti restanti.

Gente che non ha lasciato il segno, ma comunque amata dai tifosi perchè quel segno lo hanno lasciato in spogliatoio. Nel calcio non basta buttare in campo alla rinfusa giovani presunte promesse per ottenere risultati. Serve una struttura solida, che parte da quegli uomini che magari giocano poco, ma che danno l'esempio, sempre. Attualmente quest'ultimo manca... o forse c'è, ma sarebbe meglio evitare di seguirlo.

Sezione: Primo Piano / Data: Lun 07 maggio 2018 alle 08:00
Autore: Davide Marchiol
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