Quando subentri a quattro giornate dal termine, dopo undici sconfitte consecutive, con una sfida decisiva per la salvezza alle porte e sei tra l’altro alla tua prima esperienza da allenatore in Italia di certo non puoi dire che la tua è una missione facile. Come scalare l’Everest, ma di inverno. Condizioni più impervie per un giovane allenatore, che deve iniziare muovere i primi passi in A, non potevano insomma esserci.
A Tudor, l’unico folle ad aver accettato l’arduo compito di guidare l’Udinese dopo un susseguirsi di fallimenti continui, va dato merito. A chi tutti hanno detto “no”, lui, nonostante amici e colleghi lo invitavano a lasciar stare, ha avuto il coraggio di dire “sì”.
Ed è così che è iniziata, un po’ per caso, la sua avventura in bianconero. Per caso sì, perché fatico a credere alle parole della società. “Lo seguivamo da tempo per costruire insieme un progetto per il futuro”, parole che avevo sentito identiche qualche mese prima con Oddo.
Mettiamo la malizia da parte, per una volta, e pensiamo a cosa questo nuovo allenatore può dare alla squadra. Ieri in conferenza qualcuno parlava di tattica, di moduli, come se in pochi giorni Tudor potesse rivoltare l’Udinese come un calzino. Purtroppo di tempo non ce n’è e lui lo sa. Per questo ha parlato di atteggiamento, di mentalità, di stile.
“Sui moduli dò sempre la stessa risposta: sono numeri, importanti, ma più di questo è più importante lo stile con cui giochi. A me piace una squadra che sia prima di tutto aggressiva":
Aggressività, cosa che l’Udinese ha da mesi perso e che Tudor avrà il compito di riportare immediatamente in campo, perché, quando sei ad un passo dal baratro e non lotti con il coltello tra i denti, finisci giù.
Come? La speranza di tutti noi è che, da buon guerriero croato come lo era da giocatore, possa prendere a scappellotti questi giocatori senz’anima e senza cuore, questi giocatori che l’unica cosa che sanno fare molto bene è prendere per i fondelli il proprio allenatore, giurandogli fedeltà davanti alle telecamere ma pugnalandolo alle spalle. Giocatori che remano contro il proprio mister su ritmi olimpionici andrebbero presi a scappellotti. Scusatemi se sono drastico ma, per formare carattere, educazione e rispetto credo che nulla di meglio ci sia. Lo so per certo perché fin da bambino, nonna e mamma infatti ripetevano sempre “une batûde di scove no a mai copat nissun”.
Se in Turchia parlano di lui come di un allenatore molto duro qui in Friuli Igor ha deciso di partire con una mentalità diversa. Tudor il bastone ha deciso di metterlo da parte, almeno per ora. “Qualche volta serve qualche scappellotto qualche volta un po' amore, vedremo cosa servirà. Lavorerò sulla testa, abbiamo persone per bene e che ci tengono, quindi è importante lavorare sulla testa". Un allenatore psicologo quindi. Tudor vuole entrare nella testa dei giocatori e cambiare questa mentalità sbagliata. Correggere gli errori dal punto di vista mentale ancor prima che tecnico, stimolare testa e anima prima ancora delle gambe.
Tudor analista, psicologo, anche psichiatra. Come Freud, Sigmund non l'azienda ceduta dai Pozzo alla Bosch.
Autore: Stefano Pontoni / Twitter: @PontoniStefano
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