Montella, Donandoni, Rastelli, De Biasi, Maran, Zenga, Bortoluzzi, Nicola, Breda e Novellino sono solo alcuni dei nomi di allenatori italiani, bravi e liberi. E a questi non ho voluto aggiungere Iachini, Guidolin, Delneri e Oddo per ovvi motivi.

Invece abbiamo preso un allenatore della serie B spagnola. Ammesso (e non concesso) che valga come la nostra serie cadetta, Velazquez ha ottenuto una media punti poco superiore all'1,25 a partita. Tanto per intenderci, nell'ultimo campionato di seconda serie italiana, le squadre che hanno fatto questi punti sono state Spezia, Carpi e Salernitana. E' come se prendessimo Gallo, Calabro o Colantuono (ricordate?). No, è peggio, perché i tre allenatori sopra conoscono il calcio italiano e i suoi tatticismi, un mister spagnolo no. Il ragazzo, poi, ha 37 anni, pochi più di Danilo e compagnia cantante...

L'editoriale potrebbe già finire qua, non credo ci sarebbe bisogno di aggiungere altro, ma per onor di cronaca penso sia utile rimarcare che di uno straccio di programmazione tecnica non vediamo nemmeno l'ombra. Di una programmazione economica e finanziaria meglio non parlare.

Vorrei tornare su un altro assunto: quello dell'abbonamento. Esistono, a mio avviso, due tipi di abbonati. Non voglio fare un discorso sull'amore e le sue sfaccettature. Parlo di importanza per la squadra e della natura stessa dell'abbonamento.

Esiste l'abbonato della curva, ultras o comunque vogliamo chiamarli che è il 12esimo uomo in campo. Lo è davvero: sono stato in mezzo a loro nell'ultima partita di Totò, e non finirò mai di ringraziare il presidente dell'AUC Muraro che mi ha trovato il biglietto. Io sono un ignorante della loro cultura e non ho una fede rapportabile alla loro per ciò che riguarda il sacrificio. Quando attaccavamo sotto la nostra curva, iniziavano a sventolare bandiere e fare cori, I capi davano le spalle alla partita quasi per tutto il tempo. Da ignorante catapultato in un altro mondo esclamai qualche improperio contro la bandiera che non mi faceva vedere l'azione su calcio d'angolo. Un ragazzo di fianco a me si è messo a ridere e mi ha detto: “ehi, qua sei in curva” e il tono è bastato a farmi capire che curva era diverso da resto dello stadio. Non si va a vedere LA squadra, si tifa PER la squadra. Che loro si abbonino ogni anno è sacrosanto e vitale. Poi, sulle proteste o meno della curva, durante o dopo la partita possiamo dire tutto quello che vogliamo, ma ho sempre evitato di commentare, di dare un giudizio morale, come se fossi un osservatore di antropologia culturale, e rispetto il loro modo di essere. Io non riuscirei mai a farmi tutte le trasferte o quasi e di stare spalle alla partita per intonare cori. Tanto onore!

Poi ci sono gli altri abbonati, tutti gli altri. Potete non essere d'accordo con questa suddivisione, ma la considero veritiera nella misura in cui, difatti, è la curva a chiamare la parte restante dello stadio, altro da sé, per cori o rimproveri. Tutti gli altri, in curva, nei distinti o in tribuna, sono i tifosi che seguono la squadra, la vogliono vedere... sì, tifano, ma il sacrificio è puramente economico. Non vi è sacrificio di sé stessi e della propria vita privata. Anni fa, su un forum, dissi a uno della curva che non capivo come poteva partire per una trasferta appena nata la figlia. Lui si stizzì. La mia era ignoranza di quel mondo; che io lo ritenga moralmente giusto o sbagliato, è un sacrificio per una fede.

Comunque, tornando a noi: tutti quelli che non sono ultras fanno l'abbonamento non per un atto di fede, ma di fiducia. Vari per abitudine. La fede non conta... la fede la si ha a prescindere, è vissuta più intimamente rispetto agli ultras. Tante persone senza abbonamento seguono il calcio con sentimentalismi che rasentano la patologia. Ne so qualcosa perché in famiglia da me è sempre stato così. Il girone di ritorno dell'ultima stagione mi ha provocato somatizzazioni fisiche, alla fine di certe partite, che nemmeno il lavoro nei momenti più stressanti!

La fiducia, unita all'abitudine, si sedimenta e viene confusa per fede. Ve lo spiego in parole semplici: vendi Giannichedda e Fiore, Walem e Bierhoff, Amoroso e Sensini, ma acquisti Pinzi, Domizzi, Quagliarella, Inler, Asamoah, Sanchez, Di Natale, Benatia e Handanovic e chissà quanti ne ho scordati. In quegli anni, in quei dieci e passa anni se non di più, abbonarsi era un segno di fiducia che continuava. Si comprava un'auto ad occhi chiusi perché il meccanico sapeva fare il suo mestiere ed era sempre lì, sul pezzo. Poi sono stati acquistati giocatori che valevano molto meno. Ed allora si cerca di fare raffronti con il passato, di fare i “diesse da osteria” incolpando gli allenatori della mancata esplosione di uno o dell'altro giovane. Si pensa che Thereau possa essere il sostituto di Di Natale e Zapata di Bierhoff. Si cedono anche quelli per un Maxi Lopez. In questi giorni pensavo all'importanza di Behrami quest'anno, alle diverse medie punti con lui in campo e senza di lui. Peccato che sia un giocatore a fine carriera, con problemi fisici ormai quasi cronici. E' questo il massimo che possiamo attenderci?

In definitiva, il patto implicito, silenzioso e meritevole che c'era con la società si è dissolto in anni di cambi allenatore, di spettegolezzi di questa o quella testata nazionale circa le attività dei Pozzo, di accuse a Vagheggi e risposte che denotano uno stile criticabile. Ma di programmazione non c'è più traccia, di organizzazione tecnica nemmeno (l'una dipende dall'altra). E così l'abbonarsi è diventata una mera abitudine.

Ma se la società non mantiene i suoi standard perché dovrebbero mantenerli i tifosi? Se vivessi a Udine, lo ho detto tante volte, sarei abbonato da una vita, dalla B con Tagliaferri e Milutinovic in poi. Ma quest'anno no, non farei l'abbonamento. Preferirei comprare i biglietti partita per partita, se la squadra e se la società meritano, altrimenti ci sono i bar con gli schermi per vedere la partita... Perché abbonarsi? Per dire tutto questo va bene? ...perché tutto questo, va bene?

La fede non ha nulla a che vedere con l'abbonamento, l'abbonamento è una dichiarazione economica (!!!) di fiducia nell'operato sportivo della società.

Potrete dire: facile... tu non paghi, vai in tribuna stampa. Sì, quando vengo al Friuli vado in tribuna stampa. Potevo venire altre volte nel finale di campionato. Ho evitato per amor proprio e dell'Udinese. L'Ufficio Stampa dell'Udinese ha un grande pregio, porta in tribuna anche chi come me non è un giornalista e critica la società. Durante le interviste post partita mi è sempre stato permesso fare domande al pari di chi è giornalista a tutti gli effetti. Quindi la mia mancanza non è diretta a un rapporto negativo o a un lavoro mal fatto, anzi... Io, fino a che l'Udinese non tornerà a lavorare come deve, non andrò più in tribuna stampa. Quando verrò a Udine per la partita, andrò nei settori a pagamento, pagherò il biglietto. Non voglio aver nulla a che fare con questo spettacolo indegno, da questo tipo di gestione (non da chi gestisce, ma dal come gestisce).

Perché per me, abbonarsi, dire avete fatto bene, dire mi fido di voi, non è obbligatorio.

 

 

 

 

Sezione: Editoriale / Data: Ven 08 giugno 2018 alle 07:48
Autore: Giacomo Treppo
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