L’analisi della gara potrebbe anche durare due parole: troppa differenza. Fisica, tecnica, tattica e di spirito. Lo 0-2 fotografa bene l’andamento della gara, dato che la Juventus non ha fatto poi così tanto per ampliare il divario limitandosi, nella ripresa, ad un compitino tutto sommato nojoso ma pienamente comprensibile per una formazione che a giugno avrà giocato una settantina di gare in totale.

L’Udinese? Di ciò che penso della formazione iniziale, e di conseguenza del trainer, diremo dopo. Nel secondo tempo ci prova, sbuffa e lotticchia ma fa poco per infastidire Szczęsny (uno con un nome più semplice no, eh?); Lasagna ha un calcio di rigore in movimento a un sospiro dalla linea, ma il calcio che dà alla sfera è una carezza che Alex Sandro spazza senza complimenti.

‘finisc’, dicevano i bidelli della mia epoca alla fine delle lezioni, quando la campanella non funzionava.

Non sono queste le gare che mi rendono inquieto, quanto le precedenti: se contro la Lazio avrebbero meritato, i bianchineri, una sorte migliore è a Bologna che si è compiuto un misfatto che potrebbe divenire decisivo per la sorte dell’entrenadòr: Inzaghi (Filippo) si è fatto fiero dell’impronta data alla sua formazione ed evinta dal trionfo (a suo dire) contro l’Udinese: ieri a Cagliari ha preso due belle sberle senza colpo ferire, perché i rossoblu sono formazione decisamente modesta e solo l’Udinese della ripresa, timida e indisponente agli occhi dei supporter al seguito, la poteva rendere bella. Quei tre punti, soprattutto l’estemporanea rete di Santandér ha minato le poche sicurezze bianchenere (ad iniziare dalla panca) e ieri l’onda lunga di una sconfitta assolutamente inopinata si è trasferita sull’umido campo friulano, dove la laica e lusitana ostensione sindonica ha avuto luogo.

A proposito: non mi pronuncio sulla faccenda che sta turbando il campione iberico e di riflesso l’ambiente tutto; lieto che l’ampia platea sabauda accorsa ieri pomeriggio al Friuli abbia goduto della sua rete, unico lampo in una gara mediocre del cinque volte pallone d’oro: ma siccome la cosa è decisamente poco chiara, e gode del riflesso di ‘me too’ e della modifica della legge sulla prescrizione di reati sessuali in Nevada (estesa da 4 a 20 anni qualche mese fa), ieri alla lusiade di Funchal ho battuto le mani pure io.

La sconfitta era inevitabile: chi ha messo il pullman davanti alla porta ha perso (Frosinone, che qualcuno dai troppo democratici network sociali ha definito ‘propositivo’ non avendo probabilmente letto che il risultato finale; chi come il Napoli se l’è giocata ha straperso, dato che sul 3-1 e in superiorità numerica la Juventus si è tenuta energie nel cassetto per la Champions; chi come il Sassuolo (di natura votato ad offendere) ha fatto mezz’e mezzo ha perso uguale. Insomma gara dall’esito scontato.

C’è un però.

Se fossi allenatore dell’Udinese e avessi contezza (non essendo del tutto pirla) che l’avversaria è leggermente più forte in tutti i reparti, non cercherei di fare diga a centrocampo inserendo un ceco dall’involuzione preoccupante; né, al contempo, terrei in panca il giocatore più in forma, quel Nacho che ieri, da subentrato, ha modificato (anche se inutilmente) la forma se non proprio la sostanza.

Il salmantino può salvarsi la ghirba, è certo: ma deve dare di più, lui per primo. Al netto di urla, strepiti, suoi e dei match analyst accomodati in piccionaia. Non può rinchiudersi in uno scrigno marchioriano (con tutto il rispetto dovuto al buon Pippo) dopo aver sciorinato ricerca del palleggio per tutto il precampionato, fermandosi alla sconfitta contro il Benevento. Insomma, una via di mezzo ci sarà.

Ieri menzione obbligata per Simo Scuffet: l’avevo dato per disperso, si sta ritrovando e ieri ha compiuto un paio di interventi notevoli. Cosparsomi il capo di cenere, però, non beatifichiamolo: ha limitato il passivo, okay, ma non è che ogni tiro in porta deve per forza essere rete. Deve continuare così, non mollando mai la scopa con la quale sta spazzando via le ragnatele dalla propria autostima.

Sul resto stendo un velo, anche se non pietoso. La curva nord (ieri maestosa) ha riservato ai giocatori un applauso finale che sa di pazienza a tempo. Devono dare, tutti, di più.

Ad iniziare dal centrocampo: ieri Barak, Fofana e DePaul sono andati a scuola di centrocampismo dai loro avversari. Poco da fare: se ad esempio Seko vuole diventare un giocatore di livello internazionale, deve reinserirsi in un reparto e non prendere palla puntando alla porta avversaria, come fa il più bravo del campetto in oratorio. Perché di fronte a lui ci stanno avversari che lo conoscono. E lo fermano.

Il Diéz, fresco di convocazione (congratulazioni) in albiceleste, ha faticato prima di tutto perché l’Udinese se ne stava rintanata nel suo guscio; ha cercato un paio di volte di venirsela a prendere nella propria trequarti, ma ben presto si è rinchiuso in sé stesso. Poco aiutato da Mandragora, il quale ha ben capito che oggi come oggi nella Juventus non potrebbe trovare posto.

Basta lì.

Dicevamo di don Julio: si sta perdendo nella propria cerebralità. Sta arrancando attorno ad una squadra che gli chiede fiducia e ispirazione. In me rimane la convinzione che Velàzquez sia un serio lavoratore, ma un mister con un pedigree inesistente deve fare di più per affermarsi in un mondo competitivo come il calcio moderno è di certo.

Ho letto richiami ad allenatori del passato, che oggi risulterebbero più offensivi di Julio. Io accetto tutto, ma Zaccheroni aveva una squadra da scudetto; Guidolin proprio offensivista non era, e proviamo a mettere Sànchez e Totò in mano allo spagnolo poi parliamo. Taccio sui riferimenti a Colantuono e Iachini, che hanno trovato lavoro in cadetteria (uno) o nemmeno in quella (l’altro, che magari sarà chiamato al capezzale di qualche disperata).

Nessuno ha fatto riferimento all’unico allenatore offensivista accomodatosi sulla nostra panca di recente, chissà perché. Cosa vi avrà mai fatto Pasquale Marino?

E chi si vanta di averci visto lungo non avendo rinnovato l’abbonamento? Li leggo sempre quando le cose vanno male, segno che sicuri sicuri di aver fatto la cosa giusta proprio non sono, se hanno bisogno della rassicurazione di un like.

Poco male, è solo calcio. Adesso sosta. Un ultimo sommesso sospiro: la bacheca dell’Udinese non sarà ricca di trofei, ma di entusiasmo e storia sì. Qualcuno lo ricordi a chi in campo e in panca appare depresso come se stesse salendo sul patibolo. Guardino la curva di ieri e si rimotivino, la lunga serie di partite durissime è appena cominciata.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 07 ottobre 2018 alle 13:30
Autore: Franco Canciani
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