Devo dire che Daniele Pradè era, e resta, nonostante le ultime vicissitudini, uno dei miei DS preferiti. Capace fin dai tempi della Roma di costruire grandi squadre, talvolta fantastiche, con budget veramente ridotti all’osso. Per me questo è l’essenza del calcio. Non comprare il fenomeno da baraccone del momento per 222 milioni o spendere più di 300 milioni sul mercato per arrivare poi a malapena in Europa League e doverci pure rinunciare (riferimenti a squadre reali? Chissà).

Il buon direttore in realtà non si è smentito neanche in quel di Udine. In estate il mercato è stato fatto seguendo le direttive ovviamente del presidente Gino Pozzo, Teodorczyk, Troost-Ekong o Musso non sono colpi da Pradè, ma sappiamo che ad Udine la dirigenza ha un certo know how sul mercato e diversi colpi scelti si sono rivelati azzeccati. Così come indovinata si è rivelata forse l’unica scommessa estiva del DT, quel D’Alessandro che, col senno di poi, sarebbe stato da riscattare ad occhi chiusi (altri riferimenti a persone reali? Lascio a voi l’immaginazione). Il vero Pradè lo abbiamo visto nella sessione di riparazione. Cinque acquisti, tutti a zero, con la ciliegina sulla torta data dall’aver convinto Okaka, che aveva rifiutato più volte il Friuli, a vestire il bianconero. Spesa zero e resa molto alta, senza quegli innesti chissà se l’Udinese sarebbe ancora in Serie A. Stefano ne ha messi 6 più un assist, De Maio e Zeegelaar si sono rivelati fondamentali a causa di alcuni infortunii e Sandro ha fatto il comandante quando ce n’era bisogno. Resta quel punto di domanda Wilmot che in pochi hanno capito, ma è un giovane e ha tutto il futuro davanti a sé.

A fine anno un po’ tutti eravamo convinti che Pradè avrebbe lasciato Udine, vuoi perché non è facile lavorare con una dirigenza così forte, vuoi perché l’annata è stata massacrante e serviva una sterzata, un elettroschock come direbbe il direttore. Ecco dunque che l’Udinese riabbraccia Marino e Pradè torna a Firenze, dove è sempre stato benissimo. I viola hanno la squadra da rifare e zitto zitto il DT i colpi li ha messi a segno per una squadra dignitosa, col colpo da maestro Ribery, convinto a rinunciare ai miliardi offerti altrove per restare nel calcio che conta. Per completare il quadro manca l’ultima pennellata e questa, almeno secondo i dirigenti gigliati, si chiama Rodrigo De Paul, che Pradè conosce molto bene.

Tutti dicono che i rapporti tra Pradè e i Pozzo siano rimasti buoni e fino a poche ore fa francamente non c’era motivo di pensare il contrario. La Fiorentina vuole un giocatore e l’Udinese stabilisce il prezzo, 40 milioni. Nulla di strano. L’ex DT friulano è chiamato a un’impresa, perché Commisso non è disposto a spendere quella cifra, massimo 30, ma proprio se si è costretti. Pradè allora prova a fare con quel che ha. Ci sarebbe un’offerta che potrebbe convincere i Pozzo a cedere, ovvero i 30 milioni sopracitati più Simeone, in uscita dai viola e che piace molto per l’attacco delle zebrette. All’inizio è sì, poi il DT cambia idea e fa un passo indietro e qui inizia l’irritazione dei piani alti friulani. Si prova a tergiversare, cosa normale, si cerca di abbassare le cose a 25 più Benassi, che all’Udinese non serve e la società bianconera non si fa problemi a ribadirglielo. Preso un po’ dalla disperazione diciamo, ecco che ieri sera Pradè fa una mossa non da lui e veramente poco elegante: va, almeno secondo i ben informati, dall’entourage del giocatore e trova prima l’accordo con RoD. La cosa è una pessima consuetudine del calciomercato che, se non erro, è anche vietata dal regolamento. Sta di fatto che c’è l’ok del ragazzo. Forte di questo accordo il DT si presenta dai Pozzo convinto di farli cedere e invece li irrita ancora di più. L’eleganza dell’elegante per eccellenza è caduta, i friulani gli chiudono la porta in faccia e forse De Paul sarà ceduto lo stesso, ma non alla Fiorentina. Uno scivolone non da Pradè. Questo non cambia la mia ammirazione nei suoi confronti, ma smettiamola di dire che dopo l’addio i rapporti tra il direttore e i Pozzo sono buoni, il mercato è il mercato e per arrivare al proprio obiettivo si fa di tutto, anche mosse che assomigliano tanto a cadute di stile. Pozzo-Pradè resta un normalissimo rapporto di mercato, il fatto che ci sia stato un anno di lavoro insieme non conta nulla. Basta, e mi rivolgo soprattutto ai media generalisti, dire che siccome c’è stato un lavoro insieme precedente allora i rapporti sono buoni e ci possono essere sconti. Il mercato è il mercato e per De Paul sono 40 milioni. Fine della storia.

Sezione: Editoriale / Data: Ven 30 agosto 2019 alle 18:11
Autore: Davide Marchiol
vedi letture
Print