Ho vissuto la partita di domenica sera come un tradimento, un piccolo ma brutto tradimento. Però, prima di iniziare a parlare vorrei ricordare una cosa che è d’obbligo. Il calcio è la cosa più importante di quelle meno serie. Ed è con un po’ di leggerezza che gioisco delle vittorie come mi arrabbio di questa sconfitta. Con quello che è successo la scorsa settimana a Barcellona, con quello che poteva succedere, con un documentario che ho visto due giorni dopo, fatto di riprese quasi tutte amatoriali dell’11 settembre a New York, arrabbiarsi per una partita di calcio sembra quasi peccaminoso. L’Europa e l’America si svegliano e si accorgono di cosa sia la guerra che troppo spesso esportano nel mondo, quella che vedono nei telegiornali in Siria e Iraq, in paesi che paiono lontano e un pregiudizio culturale insisto nell’animo umano ritiene “diversi da noi e perciò colpevoli”. Non voglio dilungarmi oltre, così come faccio fatica a rispettare il minuto di silenzio, per me scelta inutile.

L’Udinese doveva vincere facile sul Chievo, le premesse le avevamo viste tutte contro il Frosinone che non ha certo una difesa più lenta dei clivensi e che ha una signora squadra, in buona parte a livello della serie A. Là, quel sabato sera, avevo visto un buon gioco sulle fasce, magari non con la giusta velocità, ma mi immaginavo che un’altra settimana di “scarichi” avrebbe ulteriormente alleggerito le gambe dei giocatori in fase d’attacco. Alla fine avevo chiesto a Delneri come mai la difesa fosse statica: lui mi aveva risposto che correvano molto, mi ero corretto (lo so, i termini nel calcio cambiano e io sono rimasto indietro), gli avevo detto che non vedevo nessuno uscire sull’uomo. Errori individuali, di un esperto come Danilo e di un giovane come Pezzella. Avevo quindi scritto che contro il Chievo bisognava stare attenti. Così non è stato.

Ora, lungi da me giudicare Delneri dal punto di vista tattico e tecnico. E’ uno dei pochi allenatori (assieme a Guidolin, Spalletti e Zaccheroni) ai quali offrirei volentieri una cena e gli chiederei di parlarmi, di insegnarmi. Perché probabilmente sono rimasto indietro al 442 di Sacchi e all’elastico del Zac. Però mi pareva ovvio che per fermare il Chievo bastava fermare Birsa. E’ così da un anno. Uno tra Fofana e Hallfredsson doveva seguire il biondo ex Milan quando varcava la nostra trequarti. Fateci caso, l’Udinese ha avuto il centrocampo infilato in lungo e in largo, ma il Chievo ha fatto due tiri, che gli abbiamo regalato noi. Inglese mi ricordava Bierhoff, ma non capivo il perché. Semplice, si nascondeva due passi dietro l’avversario e poi scattava in avanti e lo spiazzava. Se non lo senti con il corpo, l’attaccante avversario, gli occhi possono poco quando riesce a farti questo giochetto. Il tedesco ne era maestro. Fatto sta che nonostante il centrocampo (specialmente nel secondo tempo) fosse loro, non hanno mai tirato in porta.

Vincere questa partita era fin troppo facile. Siamo riusciti a perderla: inconcepibile! A mente fredda posso capire che Scuffet e Pezzella abbiano avuto paura, vista la giovane età. Inciamperanno ancora, pur avendo i mezzi per stare in serie A. Il terzino, dopo i primi errori, non ne ha azzeccata più una, il portiere dopo il primo gol pareva spaventato. Ma la colpa del secondo gol è principalmente di quei tre giocatori che dovevano attaccare Birsa. Cambiano i tempi, cambiano i termini, ma in quella posizione il giocatore del Chievo doveva avere un centrocampista attaccato ai garetti oppure un uomo dalla linea di difesa doveva aggredirlo. Aggredire, sgarfare, dare l’anima… sono termini contrari al rinculare tutti su una linea di difesa, come visto nel gol che ha dato la vittoria agli ospiti.

Domenica c’è la Spal e fare un altro regalo sarebbe troppo. Gli errori individuali dipendono da mancanza di concentrazione oppure da poche qualità. Visto che i nostri le qualità le hanno, allora bisogna allenarle. Per la seconda partita consecutiva non usciamo sull’uomo dalla linea di difesa. Bisogna lavorare lì. E bisogna che le mezzali o i centrali di centrocampo aiutino le ali a triangolare e sovrapporsi, altrimenti troveremo sempre la difesa avversaria piena zeppa di difensori e con il solo Lasagna a “sbattersi”.

E’ quella la strada: velocità (di esecuzione prima ancora che di gamba) ed aggressività in difesa. Senza quello, dovremo lottare per non andare in B, per l’ennesima stagione. Francamente, sarebbe troppo! Francamente, abbiamo aspettato troppo per vedere questi errori, così pacchiani, anche quest’anno.

PS= prima della partita e alla fine del primo tempo, mi era già ripromesso di scrivere un articolo sulla pazzia del mercato del calcio. Il titolo doveva essere “un santo disoccupato”. Avrei parlato di Karnezis e prima o poi dirò quello che penso, ma non oggi. Parlare del grande portiere greco sarebbe equivalente a bastonare Scuffet per l’errore di posizione che ha indotto Birsa a quel tiro. Il ragazzo si farà, anche se ha le spalle strette. A Ferrara spero di rivedere Simone come lo ho visto contro il Frosinone: sicuro, tranquillo e determinato. Ritengo che sparare addosso al ragazzo sia un'opera di autoflagellazione da parte di tutto l'ambiente.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 23 agosto 2017 alle 08:00
Autore: Giacomo Treppo
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