'Don' Ettore Micalich è andato avanti, in una dimensione diversa dove troverà l'amata moglie. È la natura, direte; è normale, bisogna accettarlo.

Sarà.

Difficile.

Tutti noi, udinesi di una certa generazione, identifichiamo Ettore Micalich con il basket in città, quello appassionato ed eroico di un tempo che non tornerà.

Eppure i ricordi più cari di Ettore si condensano negli ultimi anni; da quando lo rivedo ad un evento privato dell'A.P.U. ancora di Lino Lardo, a quando, nel 2020, mi dice 'sono contento tu dia una mano a Davide'. Il quale per me è un fratello, il quale mi ha convinto a dividere il mio cuore fra i miei colori e l'avventura, appunto, di un fratello.

Lo chiamavo 'Don' Ettore, come si fa in Spagna o in altre regioni d'Italia. Immancabile la sua risposta, ridendo: 'non sono mica un prete'. Gli davo del Voi, come in casa mi hanno insegnato a rivolgermi alle persone di una certa età verso cui si nutre un estremo rispetto: rideva ancor di più, ma sapeva che ero, che sono sincero.

Mi voleva bene, Ettore: e ieri non nego di aver ceduto al pianto. Un caro amico, coach di pallacanestro, saputa la cosa mi ha virtualmente abbracciato: 'non saresti umano, altrimenti'. Sì, perché mi mancherà. Mi mancherà.

Mi mancherà, quando dovessi entrare al PalaGesteco per una gara delle Aquile, vederlo seduto a centrocampo, sulla sua solita sedia, attento e partecipe.

Lasciatela lì, quella sedia. Perché non ci sarebbe la UEB senza 'Don' Ettore Micalich.

Vi sia lieve la terra, grato il cielo e maledetta la natura per la nostra innocenza, la nostra vita a termine e la passione per questa palla a spicchi che Voi, Ettore, avete alimentato.

Ciao, Ettore. Buon viaggio. Ci vediamo fra un po'.

Sezione: Primo Piano / Data: Dom 24 dicembre 2023 alle 18:33
Autore: Franco Canciani
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