Ai nostri microfoni Marcio Amoroso si è lasciato andare a un intervista fiume in cui ha toccato praticamente tutti i ricordi che lo legano all'Udinese al suo passato da calciatore.
Inevitabile partire dal problema Coronavirus, come lo stai vivendo? “Non è facile per nessuno in questo momento, spero si possa uscire al più presto da questo incubo. Nessuno si aspettava un problema del genere, molti che devono lavorare non lo possono fare. L’Italia comunque è forte, resterò qua fino alla fine della vicenda, torneremo presto a essere felici presto. Brasile? Adesso purtroppo è arrivato anche lì, ora il Presidente sta cercando un modo per fermare tutto il Paese, siamo 200 milioni di abitanti, ci sono case e appartamenti con anche sette o otto persone dentro e magari lavora uno solo che porta i soldi per mangiare, se non li porta diventa difficile. Noi qua siamo avanti a loro perché è arrivato prima, il Brasile magari ha avuto la fortuna di osservare l’andamento del virus per poterlo affrontare, ma ancora le regole non sono pienamente rispettate”
Come passi il tempo? “Stando bloccato in casa dopo 25 anni conosco meglio mia moglie (ride ndr). Dove abito ho un piccolo spazio per riuscire a prendere un po’ d’aria e di sole, far uscire la bambina. Ogni tanto faccio uscire i figli, ma solo per fargli prendere il vino quando è finito (ride ndr). Tornare in Brasile mi permetterebbe di avere un po’ più di spazio per i figli, anche perché qua i campionati giovanili difficilmente riprenderanno”.
La tua carriera: “Zaccheroni non mi dava spazio, volevo andare via, Poggi mi fermò, mi disse di aspettare ancora ed ebbe ragione. All’Udinese ho vissuto tre bellissime stagioni, potevo restare di più, però io volevo provare ad avere spazio in una squadra con altre ambizioni e per la società fu un incasso importante per la crescita. Magari restando a Udine avremmo potuto puntare alla Champions, chi lo sa. In Germania feci tantissimi gol perché le marcature sono diverse, ho magari avuto qualche difficoltà con la lingua, ma trovai un gruppo eccezionale a Dortmund”
Indimenticabile la vittoria a Torino sulla Juve: “Andammo a Torino dopo che in una settimana la Juventus aveva segnato 10 reti tra Milan e Ajax, perdemmo subito Genaux per espulsione e vincemmo incredibilmente 0-3 con la Juve che sbagliò due rigori. Lì nacque il nostro tridente, mi ricordo che Zaccheroni non voleva usare i tre attaccanti, diceva che era impossibile… invece nacque il 3-4-3 che cambiò l’Udinese”
Avete la sensazione di aver perso uno Scudetto? “Sì, assolutamente. Eravamo la squadra che giocava meglio in Serie A… però in alcune partite abbiamo sbagliato, abbiamo perso dei punti facili in casa e abbiamo così perso l’opportunità di arrivare vicino alla Juve. Però sì, la squadra del 96/97 poteva puntare allo Scudetto. In allenamento tra me, Bierhoff e Poggi ci si divertiva molto, anche se Zac si arrabbiava. Poi portavamo questa gioia in campo, ci sfidavamo a chi faceva più gol, se non segnavo io segnava uno di loro”
Zaccheroni è stato l'allenatore per te più importante? “Ho avuto tanti allenatori, Malesani, Carmignani, Guidolin, Ulivieri, Sacchi, Ancelotti… ma Zaccheroni è stato importante perché mi ha formato. Spesso bisticciavamo, ma sapevo dove potevo spingermi e lui mi trovò un ruolo. Giocavo tra le linee, ma Zac mi disse che non potevo farlo perché in Italia solo Zidane era in grado di farlo, mi insegnò a giocare davanti ed ebbe ragione. Gino Pozzo mi vide in Brasile tra le linee, Zac mi valorizzò come punta e con Guidolin confermai che lì ero importante. Fu importante anche Causio, gran conoscitore di calcio”
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