TuttoUdinese.it ha avuto il piacere di intervistare Massimo Giacomini, storico allenatore della doppia prmozione dell'Udinese dalla serie C alla serie A nel giro di due stagioni, tra il 1977/78 ed il 1979/80. 

Buongiorno Giacomini, quali sono i suoi ricordi più belli da giocatore ed allenatore dell'Udinese?

"Sicuramente ricordo con piacere i due anni in cui ho allenato la squadra in serie C ed in serie B. Sono anni che ricordo con piacere, avevo squadre interessanti, con validi giocatori con la testa a posto. Loro si divertivano e per me era una soddisfazione. Sono stati indubbiamente due anni importanti per varie ragioni. Innanzitutto perché eravamo in serie C da più di 20 anni  e non era semplice risalire perché all'epoca c'erano tre gironi da venti squadre e solamente le prime classificate erano promosse in B. Vincere il proprio girone e guadagnarsi la promozione fu una grande soddisfazione. E poi l'anno dopo fu una sorpresa raggiungere la A perché fummo sempre in testa. Fu inaspettato perché c'erano squadre a detta di molti più attrezzate di noi come il Genoa e la Sampdoria. Nemmeno io pensavo che avremmo trovato nuovi meccanismi e ad esprimerci all'80% di livelli di eccellenza anche contro formazioni più blasonate. Fu un periodo molto importante ed interessante e lanciai molti giocatori che ebbero importanti carriere".

Qual'era il segreto di quel gruppo?

"Fin dall'inizio era un gruppo unito anche fuori dal campo ed era necessario per stare su quei livelli. Dopo l'allenamento i giocatori si ritrovavano anche con le compagne. Talvolta mi è anche capitato di ospitarli a casa mia. Si è trattato di un rapporto che è diventato una bella amicizia. Era bello lavorare con quel gruppo: si allenavano al massimo e riuscivamo a preparare tutto facilmente. Ognuno di loro era animato dalla voglia di stupire o dal desiderio di rivincita ed era positivo perché era molto importante come si allenavano. A volte dovevo rallentarli in allenamento perché giocavano come in partita. Molti hanno fatto un grande salto di qualità. Ho puntato molto sulla tecnica al punto che vi dedicavo mezz'ora a seduta. Avevo preparato una serie di giochi ed esercizi mirati a migliorare la tecnicca individuale.".

Torniamo all'attualità: cosa ne pensa dell'Udinese di Colantuono? Dove può arrivare?

"Al momento la squadra è un lavoro in corso. Serve pazienza. Al momento è sfortunata per gli infortuni: ad esempio Guilherme e Zapata per quello che hanno mostrato potevano dare molto. Il primo ha qualità interessanti come il lancio lungo, la battuta a rete. La sfortuna lo ha tolto momentaneamente di scena. Sono mancanze che pesano ma l'organico può fare meglio di quello che ha dimostrato finora. Deve convincersi delle qualità che ha, visti i secondi tempi. Il problema è che il primo tempo è spesso giocato sottotono, come se ci fosse la paura di vincere. Poi quando va sotto gioca bene. Deve esprimersi meglio nel primo tempo ed i risultati saranno diversi. Se avesse fatto così finora la classifica sarebbe stata diversa. A mio avviso le sconfitte interne hanno inciso , serve il giusto equilibrio per migliorarsi. Comunque ci sono avvisaglie importanti sotto questo aspetto: è aumentato il possesso palla e sono diminuiti i falli. Sono segnali positivi. Rimane paradossale che l'Udinese arrivi alla fine delle gare in crescendo a differenza delle altre squadre. Con una migliore gestione delle forze si può arrivare lontano".

C'è un giocatore dell'attuale Udinese che avrebbe voluto allenare?

"Ovviamente avrei voluto allenare Antonio Di Natale perché ha fatto vedere grandi cose. Certamente l'età è un aspetto inesorabile per tutti ma negli ultimi anni ha fatto cose memorabili. Ha una classe raffinata e mi sarebbe piaciuto allenarlo. Bisogna anche riconoscere i meriti di Francesco Guidolin che lo ha gestito bene in questi anni. Deve essere fiero di aver avuto un giocatore del genere nel momento di massima espressione. Sicuramente è una grande soddisfazione. Forse può essere stato solo un caso ma i fatti dicono che Guidolin lo ha portato nel miglior momento della sua carriera ed è un merito".

E non c'è un giocatore che Lei ha allenato che servirebbe all'Udinese di Colantuono?

"Ho allenato molti grandi giocatori come Ramòn Diaz, Ruud Krol o Beppe Dossena ma della mia Udinese ricordo con piacere Gigi Del Neri, giocatore attorno al quale girava la squadra. Difficile da fermare, apriva spazi importanti ai compagni in mezzo al campo".

Ha qualche rimpianto nella Sua carriera da allenatore?

"No, non ho alcun rimpianto. Ricordo solo le cose belle mentre cancello gli aspetti meno gradevoli. Non sono vendicativo e dimentico in fretta. E poi nel calcio si sa che ci sono momenti in cui può succedere di non trovarsi. Il calcio è imprevedibile, può succedere di tutto".

Cosa rappresenta l'Udinese per Lei che può essere considerato come una delle bandiere di questo club?

"Sono di Udine ed ho un legame viscerale con la squadra. Ritengo l'Udinese la squadra della mia vita, non concepirei l'ipotesi di seguire un'altra squadra. Non mi definisco un tifoso ma un appassionato spettatore che cerca di essere obiettivo. Per me tifare per l'Udinese è naturale come bere un bicchiere d'acqua. Non potrebbe essere diversamente".

Sezione: Esclusive / Data: Gio 22 ottobre 2015 alle 17:00
Autore: Federico Mariani
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