Abbiamo già analizzato come nei vecchi modelli di Udinese ci fossero dei giocatori importanti fuori dal campo per la loro esperienza e per la loro voglia di lasciare comunque il segno, trasmettendo le proprie conoscenze ai più giovani e dando tutto quello che avevano negli spezzoni di partita concessi. Sicuramente però i bianconeri non si sono distinti in positivo negli ultimi anni nemmeno per il trattamento riservato ad alcuni calciatori che potevano tranquillamente essere considerate se non bandiere, almeno pilastri dell'ambiente friulano. A Domizzi, Pasquale e Di Natale è stata quantomeno riservata la festa d'addio, ma ci sono due decani bianconeri che questo privilegio non lo hanno avuto, anzi.

Impossibile dimenticarsi del guerriero Giampiero Pinzi, scuola Lazio, ma cresciuto calcisticamente con l'Udinese di cui per una stagione è stato anche il capitano. Più di 300 presenze e una Coppa Intertoto per lui in bianconero, quindi non proprio una meteoria anzi, con 13 anni di Udinese è uno dei giocatori che hanno fatto la storia del club. Com'è andata a finire la storia con lui? È presto detto, con il nuovo allenatore della stagione 2015/2016, ovvero Colantuono, sembrava esserci qualche attrito. Come sia andata realmente non lo sapremo mai, sta di fatto che il ragazzo è stato fatto andar via senza troppi problemi nell'ultimo giorno del mercato estivo e quasi in sordina per il pubblico nazionale, ma non per il pubblico friulano, che subito chiese spiegazioni, mai del tutto date. Un giocatore che poteva tranquillamente chiudere la carriera a Udine dando tanta esperienza a giocatori acerbi come Balic, Jankto e Barak, ma che invece si è preferito mettere alla porta.

Sicuramente però ha fatto ancora più clamore l'addio di Felipe. Il ragazzo voleva un anno di contratto in più dopo il rinnovo automatico, per chiudere la carriera all'Udinese. Si è trovato venduto alla SPAL senza troppi complimenti e con l'evidente insoddisfazione di mister Delneri, che vedeva nell'italo brasiliano uno dei punti fermi della sua formazione e a ragion veduta. Per quanto Felipe non sia riuscito ad esplodere ad altissimi livelli, parliamo di uno dei pochi giocatori con una carriera importante in Serie A e cresciuto nelle giovanili dell'Udinese nei tempi recenti. 10 anni di bianconero per lui, un gol al Camp Nou, una fascia da capitano che i tifosi volevano dare a lui dopo il suo ritorno a Udine nel 2015 e che invece è stata data a Danilo. Trattato come una persona attaccata solo ai soldi, ha segnato il gol vittoria della SPAL sull'Hellas Verona che ha fatto scendere l'Udinese nel pacchetto di squadre al quart'ultimo posto. Anche la sorte forse ha capito che dar via un ragazzo che ci teneva così tanto ai suoi colori non è stata una bella mossa, soprattutto considerando quanti gol prende la nuova retroguardia.

Lo stesso Felipe ci rimase malissimo per il trattamento ricevuto e ci tengo a riportare il messaggio da lui pubblicato un po' di tempo dopo l'addio: “Sono arrivato a Udine che ero un ragazzo, poco più di un bambino. A 15 anni esiste solo il pallone, non conta altro. Lasci casa e insegui un sogno. Ora a 32 vado via da uomo. Ho girato diverse squadre, e alla fine sono tornato da dove ero partito, Udine. Questa terra, questa città mi hanno dato tanto. Tutto. Qui ho trovato l’amore ed è nata mia figlia. Qui, mi avete fatto sentire come a casa. E’ obbligo prima di dirvi “ciao”, restituire un pò dell’affetto che mi avete dato in questi anni e ringraziarvi di cuore. Dunque ringrazio tutti voi – gente dell’Udinese – che mi avete sostenuto e voluto bene, dentro e fuori dal campo. Nei momenti belli e in quelli meno. Nelle notti d’Europa, dove insieme siamo andati a sfidare il Barcellona, fino ai pomeriggi più caldi, dove non ci avete mai lasciati soli, ma sempre sostenuti. In campo corri, cadi, ti rialzi … ma il vostro affetto l’ho sentito attorno a me ogni minuto di ogni “maledetta domenica”. Avrei voluto finisse diversamente. Avrei voluto fortemente finire con voi, qui ad Udine, la mia carriera. Ma questo purtroppo non sarà possibile, e non per volere mio. Il calcio ha la memoria corta, molto. Troppo. E non guarda mai indietro – nemmeno se si tratta di pochi mesi … figuriamoci anni. Ho ricevuto molto dall’Udinese. In cambio ho donato moltissimo. Passione, amore, impegno. Coi soldi puoi comprare un uomo – forse – non il sogno di un bambino. Quel sogno non è mai finito, e continuerà da un’altra parte. A voi dico grazie, dico “mandi” e non addio, perchè la mia casa è e sarà per sempre Udine e l’Udinese. Alcuni dirigenti passano, e rimarranno un nome su una scrivania … i protagonisti veri sono quelli che rimangono nel cuore della gente. Anche dopo aver tolto la maglia“.

Sezione: Primo Piano / Data: Mar 08 maggio 2018 alle 08:00
Autore: Davide Marchiol
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