Udine vince, con merito, contro la schiacciasassi del girone: è l’inizio di un campionato nel campionato, in concomitanza col rallentamento delle concorrenti dirette per i posti che contano in ottica playoff, oppure la grande, isolata prestazione di una squadra che doveva (deve) dimostrare di essere grande e troppo spesso non ci è riuscita?
Voglio pensare positivo: la giubilazione di Cavina è stato un modo, triste e crudele, per mettere la squadra di fronte alle proprie responsabilità. Già: spesso (specie nel calcio, ma non solo) lo spogliatoio ‘sfiducia’ l’allenatore, che viene allontanato senza che le cose cambino. Ho la presunzione di conoscere la dirigenza GSA, di sapere quanto sarà pesato a Micalich comunicare a Demis Cavina di potersi ritenere sollevato dagli impegni agonistici; la consapevolezza però di aver preso la decisione migliore è, era condivisa e mercoledì (ma anche domenica a Porto San Giorgio) si è visto.
Coach Martello ha dimostrato umiltà, capacità e preparazione nell’approcciare due gare difficilissime; con un Powell ai box, Montegranaro ha dovuto soffrire fino all’ultimo ed affidarsi al totem Amoroso per prevalere; Fortitudo ha avuto poco (merito della difesa bianconera, intendiamoci) da troppi, moltissimo da Leunen (mi ripeto, e lo dicevo già ad inizio stagione, uno dei giocatori fuori categoria assieme tra i pochi a Trevis) ed il risultato è stato assolutamente corretto.
A Ravenna, contro una formazione storicamente difficile da affrontare, Udine è alla vera prova del nove: vincendo la terza gara in trasferta del suo campionato (dopo Assigeco e Cagliari) e sfruttando anche qualche scontro diretto, la GSA potrebbe prendere spazio e fiducia in vista della post-season.
Ravenna è rappresentata molto (moltissimo) da Adam Smith e Josh Hairston: il play-guardia della Georgia ha dimostrato, in carriera, di ‘mangiarsi’ gran parte dei palloni in fase offensiva; il centro di Alexandria è invece l’unico che per fisicità e capacità può contrastare la batteria di lunghi friulana. Luca Gandini pare, infatti, faticare nella sua nuova avventura romagnola se (fonte statistica della Lega) il secondo miglior rimbalzista dei bizantini di Mazzon è Masciadri (196 cm).
Probabilmente Martelossi chiederà a Trevis Simpson uno sforzo extra per tenere a bada il talento di Smith, forse il migliore tiratore del girone ma troppo spesso incapace di immergersi nelle squadre in cui milita. L’anno scorso girò tre formazioni, segno della propria ‘irrequietezza’; due anni fa però portò quasi da solo Roseto ai playoff. Trevis da Douglas, ‘georgiano’ come Smith, ha spesso dimostrato di mettere la museruola al proprio avversario diretto; un vero uomo squadra, che può accendersi al tiro così come lasciare palcoscenico e conclusioni al capitano, a Marco Spanghero, a Riki Cortese quando preferisce concentrarsi sul far segnare l’avversario un punto in meno.
Me lo disse in un’intervista: ‘se segno 20 punti e il mio avversario 21, possiamo anche aver vinto ma io non ho contribuito. Il basket è bidimensionale: conta segnarne uno in più, ma anche prenderne uno di meno’.
Spesso gli appassionati hanno cercato paragoni (esercizio difficilissimo) tra la squadra di coach Lino e quella di questa stagione, optando per quella passata. È vero che chi è stato firmato per determinare le gare non sempre rende per quelle che sono le aspettative; altresì vero, però, che con Lardo (che saluto con affetto, ci sentiamo ancora spessissimo) si vinceva solo tenendo le avversarie a punteggio basso, mentre quest’anno i punti nelle mani bianconere sono infinitamente di più.
Udine vince se limita Smith; se non perde d’occhio Montano; se combatte sotto, dove ho fiducia nel Pellegrino (e nel solito Chris) di questi tempi. Pare quasi essersi scrollato di dosso la timidezza rassegnata che gli è costata tante prestazioni incolori. Vince se Cortese fa di nuovo il Cortese; sono certo che i playmaker faranno bene, così come l’entusiasmo contagioso di Nikolic sempre più giocatore e meno panchinaro fisso.
MVP? Lo scelgo con cuore ed affetto. Secondo me le triple di Totò Genovese apriranno la scatola di una gara che, probabilmente, andrà avanti punto a punto.
Alle diciotto di domenica fischiano il fiorentino Masi, la signorina Marziali di Edolo e Luca Maffei. Quando li vidi non mi impressionarono: inutile, la diatriba fra me e chi dirige continuerà per sempre. Mi ripeto: dovrebbero solo dirigere il traffico evitando ai giocatori di farsi male, non sibilare quasi volessero giustificare la propria presenza in campo. È però una questione di spessore: ricordo ad esempio Vitolo e Duranti, anni ottanta, prendere a muso duro gente come Meneghin, Sacchetti o McAdoo cantando loro le proprie ragioni. Gli arbitri odierni danno le spalle al coach di turno, affibbiando tecnici senza nemmeno guardare in faccia le ‘vittime’. Le sanzioni disciplinari sono cose serie ed estreme: con questo metro allenatori come quelli che ricordiamo nella nostra infanzia non avrebbero concluso una gara.
Udine ad un bivio: vincendo (sfruttando, come dice coach Alberto, le cose positive e migliorando quelle meno buone viste nei precedenti 80’) metterebbe in riga le avversarie, portandosi 2-0 sull’immediata inseguitrice. Perdendo, invece (dipende ovviamente come) si ricadrebbe in una routine che ha afflitto i bianconeri dall’inizio della stagione.
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