Diciamocela tutta: dopo aver visto l'Udinese della prima mezz'ora a Bologna un po' tutti avevamo pensato che quanto meno saremmo andati a punti. Trenta minuti in cui i bianconeri non hanno quasi mai fatto vedere il pallone ai padroni di casa, giocando in velocità e innescando spesso gli esterni, concedendosi anche il lusso di mettere Lasagna per la quarta volta solo davanti al portiere... e vederlo sbagliare per la terza volta anche. Il sospiro di sollievo sul rigore non concesso al Bologna (e che era concedibilissimo)  e la pennellata incredibile di De Paul in area per Pussetto, bravo a saltar l'uomo e insaccare d'esterno, avevano fatto pensare che la strada non fosse in discesa, di più. Eppure poi nel giro di pochi giri d'orologio qualcosa si è rotto. Sul cosa abbia smesso di funzionare c'è il mistero più assoluto. La sensazione è che, dopo aver costruito quattro palle gol con i felsinei spettatori ed essere andati sopra, i nostri abbiano pensato di aver svolto ormai il proprio compito. Non si spiega altrimenti la sparizione dal campo improvvisa, perchè di questo parliamo.

Dopo lo 0-1 infatti il Bologna è salito in cattedra, in dieci minuti prima Santander è stato chiuso all'ultimo respiro da Stryger Larsen, poi l'ex Copenaghen ha ringraziato una difesa scioltasi improvvisamente come neve al sole per scaricare un bolide sotto la traversa. Ora, la giustificazione del "non l'abbiamo chiusa" regge, ma solo per quanto concerne il risultato, non la prestazione della ripresa. Perchè nei secondi quarantacinque minuti la squadra di Velazquez non ha mai impensierito Skorupski, che da giocatore più sollecitato in campo è passato al ruolo di comparsa. Il mister non è riuscito a dare la scossa giusta. Non ci esprimiamo sulle parole in spogliatoio perchè ovviamente non le conosciamo, ma poi i cambi non hanno corretto i limiti che stavano emergendo. D'Alessandro anzichè alzare la squadra come faceva Pussetto l'abbassava, mentre Teodorcyzk sembra ancora il fratello gemello di quello visto con Anderlecht e Dinamo Kiev. Machis ha avuto troppo poco tempo per poter fare qualcosa. Insomma, la mentalità è stata sbagliata e non si è riusciti a correggerla in corsa. Troppa rabbia per aver visto una partita che sembrava facile sfuggire dalle mani o paura dovuta alla disabitudine a queste situazioni? Perchè comunque quest'anno ogni volta che l'Udinese è passata in vantaggio ed è stata riagguantata poi non è riuscita a rimettere la freccia per il sorpasso, anzi, con il Benevento era già arrivato un ribaltone.

Insomma, che sia stata arroganza per aver pensato che la partita fosse ormai facile o che sia subentrata paura in un gruppo assemblato da poco, e che ancora non si può conoscere perfettamente, per quanto molto unito, sta di fatto che è arrivata la seconda sconfitta di fila, in una partita che il calendario imponeva almeno di non perdere. Infatti ora arrivano al Friuli, o Dacia Arena, la Juventus di CR7 e il Napoli di Ancelotti. Non sono due debacle scritte, ma di certo è complicato pensare di andare a punti contro le due squadre che si stanno sfidando per lo Scudetto. Velazquez ha ancora tanto da lavorare sulla testa di questi ragazzi, perchè non può bastare un tiro di Santander per sciogliere una squadra che ambisce a un posto a metà classifica, così come, forse, lasciare una punta là isolata in mezzo ai centrali affidandosi agli esterni offensiva si sta rivelando un'idea che gli allenatori avversari hanno ormai capito, mettendo già a punto le contromisure. Testa e tattica, c'è ancora molto da fare. Il materiale c'è, ora serviranno coraggio e dedizione, perchè le prossime quattro partite si preannunciano durissime.

Sezione: Primo Piano / Data: Mar 02 ottobre 2018 alle 08:00
Autore: Davide Marchiol
vedi letture
Print