Ora l’Udinese rischia per davvero. Lo spettro della B si fa serve più incombente. La vittoria manca da troppo tempo e la squadra è in difficoltà. Le prossime tre partite sono tre scontri diretti per la salvezza nei quali servirà fare punti. Che ci sia qualcosa che non va se ne sono accorti pure i Pozzo che hanno mandato ancora una volta la squadra in ritiro. Una soluzione questa però che non può da sola cancellare ogni problema dei bianconeri. Di errori ne sono stati fatti e i rimedi o non sono arrivati o sono tardivi.
Cosa c’è in questa Udinese che non va? Partiamo innanzitutto dalla squadra. La rosa è stata allestita male, con arroganza e senza un piano vero e proprio alle spalle. La scorsa estate si è pensato di più a regalare a Sanchez Flores una squadra all’altezza per il ritorno del Watford in Premier che a costruire su basi solide l’Udinese. Il risultato sono stati gli arrivi pressapochisti di giocatori come Iturra e Marquinho, subito bocciati dal campo. Si è cercato poi di correre ai ripari pescando sul mercato, prima tra gli svincolati come Felipe e Lodi, e poi aprendo il portafoglio come in questo gennaio. Kuzmanovic, Halldfredsson e Matos sono buoni giocatori ma hanno bisogno di tempo per diventare dei leader, soprattutto in una squadra come quella bianconera che fatica ad avere una sua identità e una sua spina dorsale. Non si può quindi caricare solo sulle loro spalle il peso di una lotta alla salvezza. Quello che sembra mancare è il gruppo, così come le colonne portanti della rosa, che dopo l’addio di Pinzi, l’età che avanza di Domizzi e un Di Natale spesso ai margini sembra essersi sfaldato.
L’allenatore? Colantuono ha deluso. In tanti mesi a Udine non è ancora riuscito a portare qualche idea di gioco, affidandosi troppo spesso al catenaccio e alle barricate per cercare di non prenderle. L’atteggiamento è troppe volte remissivo, manca quella tenacia e quella grinta che ci si aspettava con l’arrivo di un generale di ferro come l’ex Atalanta. La gestione dei cambi poi lascia a desiderare, tanto che a gara in corso sembra che il Cola non azzecchi mai la mossa giusta.
L’attacco poi, lo dicono i numeri, è tra i peggiori d’Europa. Per creare occasioni da gol serve qualcosa di più di un gioco lineare e prevedibile. I gol quindi non arrivano, soprattutto quando poi ci si mette anche la sfortuna che ti fa lasciare fuori Zapata, l’unico che segna, per infortunio. Matos è uno scattista e va accompagnato, Thereau non sembra aver più voglia di giocare e Perica va a corrente alternata. Di Natale poi, alle volte inspiegabilmente, è stato tagliato da Colantuono che non è mai stato capace di sfruttarlo. Il capitano, giocatore di tecnica sopraffine, è rimasto in panchina per troppe partite quando invece a gara in corso ci si sarebbe potuti aggrappare alle sue giocate.
La società per ora fa acqua da tutte le parti. Se il 2015 è stato un anno d’oro per i Pozzo che sono riusciti finalmente ad avere le tre squadre nei tre massimi campionati, il 2016 sarà un anno amaro: il Granada probabilmente retrocederà e l’Udinese rischia la stessa sorte. Doveva essere l’anno in cui si “entrava nella storia” grazie all’arrivo del nuovo stadio. La Dacia Arena, dato che Friuli non si può più dire, non è che abbia però aiutato chissà quanto. Anzi in casa l’Udinese ha fatto vedere le peggiori prestazioni, trasformando quello che una volta era un fortino inespugnabile in una terra di facile conquista, teatro di feste e successi altrui. Si è pensato troppo al marketing, ai vip e alla Club House.
Ora serve una reazione, prima di tutto d’orgoglio, per cercare di salvare il salvabile.
Autore: Stefano Pontoni / Twitter: @PontoniStefano
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