Ovvio: se una squadra conduce 51-68 a 10’ dal termine e perde la gara di quattro lunghezze, deve per forza recitare il mea culpa; ma dall’altra parte serve una formazione “cazzutissima”, che colga ogni occasione senza indugio.
Non mi piace autocitarmi, ma nel “live” di cui mi prendo carico per Tuttoudinese (wifi permettendo), al gong del 30’ l’avevo detto: a -17 era come scalare una montagna, ma il basket è sport imprevedibile e bisogna starci dentro fino all’ultimo secondo. Servìti: il quarto periodo dice 29-8 per Udine; per i biancorossi mantuani una gestione drammatica degli ultimi 5’, nei quali Daniels non centra la retina inesorabilmente come in precedenza, Giachetti si “incasina” e rende farraginosa anche la rotazione di palla dei suoi, ma soprattutto sotto canestro Frankie Candussi, uscito per raggiunto limite di falli grazie all’isterica direzione di gara (tre falli tecnici sancìti in due minuti, in una gara tutt’altro che accesa grazie a due squadre cavalleresche, sono una tara inaudita per le due squadre) è stato rimpiazzato dall’italo-dominicano trentaseienne Bryan, che sarà anche grande e grosso ma non vale il palmarino tecnicamente né come presenza sotto le plance.
Com’è, come non è, nell’ultimo periodo l’estone dagli occhi di ghiaccio prende per mano la squadra, segna 15 punti dei 29 totali, organizza la difesa e chiude la porta agli avversari. Rientra Okoye, che mette sei punti di qualità dopo un terzo periodo vissuto in panca a causa del quarto fallo comminatogli; giocano al limite i vari Nobile, Fall (meno performante ai rimbalzi ma oggi contro Candussi era durissima); Pinton aveva messo due triple nei momenti più bui del primo tempo. Sottotono Andrea Traini: non è al meglio, psicofisicamente, e si vede; esce nel terzo quarto per falli dopo un tecnico (esattamente come Candussi).
Due i momenti topici dell’ultimo periodo, da associare alla gara di domenica scorsa nella personalissima cineteca di noi che per il bianconero pendiamo: la tripla allo scadere dei 24’’ di Rain Veideman, di tabella fortuna caso talento voglia di fare; ma prima ancora lo schiaccione di Ous Diop, che riportava Udine dal -10 al -8 quando dall’altra parte Corbett e Gergati sembravano tenere bottasenza problemi.
Mantova è una squadra di categoria, nettamente più fisica di Udine ma, forse, meno estrosa e talentuosa; DeAndre Daniels è un gran giocatore, ma se mancano attorno a lui i punti di Amici (oggi solo 7) e la determinazione di Corbett (stasera a corrente alternata) fa fatica da solo a determinare le partite. La Dinamica ha commesso l’errore mortale di pensarla finita troppo presto: la pallalcesto non è il calcio, dove sul 5-0 a dieci minuti dalla fine si comincia uno sterile giropalla per tirare al triplice fischio. Questo, ladies and gentleman, è il basket e si gioca sempre, duri, fino all’ultimo secondo.
Oggi coach Lardo si è ripreso definitivamente il suo palazzetto e la sua squadra: il linguaggio del corpo (incluso un ridicolo tecnico fischiato dall’isterico di cui sopra), soprattutto la gestione dei suoi giocatori è stata eccellente: coach Martelossi, uno dei miei preferiti (ma aspramente criticato a Mantova) ha perso la gara anche per demeriti propri. Troppo presto, con Candussi come detto fuori per falli, ha deciso di far fare passerella ai suoi: non basta urlare, bisogna secondo me capire, in gare come queste contro una GSA che stava sotto nettamente nel punteggio ma del cui carattere, di questi tempi, non si può dubitare.
Spiraglio aperto? Veidman ci si infila spaccando la gara a metà. E quando segna da tre Capitan Manuel, penso fra me e me che forse ci siamo. Mantova ci capisce sempre meno, spreca palla in attacco e soprattutto i due liberi del controsorpasso con Amici, uno che all’andata segnava anche spalle al canestro ma oggi nel secondo tempo è stato contenuto alla grande. Eppure i mantovani sul -2 hanno avuto la palla dei supplementari: con coraggio tentano il colpo del k.o., il problema è che capita fra le mani relativamente sicure di Luca Vencato con esiti facilmente prevedibili. Il fallo di Giachetti su Rain serve all’estone per rimpinguare il bottino e, a due secondi dal gong, chiudere definitivamente la contesa.
Affranto lo sportivissimo tifo mantovano: bellissimo lo striscione di saluti a Udine ed i cori rivolti alla nostra tifoseria all’inizio della gara. Ma proprio loro mi han detto essere questa l’ennesima sconfitta dopo esser stati avanti in doppia cifra al 30’. Questo significa che nella squadra c’è insicurezza che porta a cattiva gestione, specie se dalla parte opposta si trovano formazioni che lottano.
E adesso Ferrara: trasferta temutissima quando si commentava la sconfitta di Imola, decisamente più serena parlandone stasera. Playout distanti 6 punti a quattro gare dalla fine, game over; playoff lontani quattro punti, 24 per gli udinesi e 28 per la coppia Verona-Mantova, appaiate al settimo posto. Impresa impossibile? Sì, lo era però anche la gara di stasera quando dopo trenta minuti i punti da recuperare erano quasi venti.
Udine, padrona del proprio destino, può guardare verso l’alto e sognare: guai a pensare con troppi “se” o ”ma” a quel che poteva essere e non è stato. Jesi e Fortitudo a Udine, Ferrara e Treviso in trasferta: puntiamo a otto punti, poi quel che verrà sarà ben accetto. Anche una salvezza raggiunta con quasi il cinquanta per cento di vittorie.
Taccio degli screzi, evitabili, che hanno diviso qualche tifoso da un collega: quando non si è d’accordo bisogna parlarsi e non gettare birra dall’alto, colpendo anche chi ha come unico torto quello di trovarsi lì, per lavorare, accanto al “target”. Non conosco le cose nel dettaglio, spero si possa superare l’impasse da persone civili.
Ultimo capoverso dedicato a chi, spesso, è stato considerato come un corpo estraneo alla squadra. Negli ultimi 4’ di domenica passata e per tutta la gara di oggi ho avuto il piacere, assieme al collega Enrico, di sedere a fianco di Allan Ray e seguire la gara assieme al figlio del Bronx. Se comportarsi così significa non essere attaccato ai colori... Si sarebbe mangiato il “grigio” in mille occasioni; scandiva i secondi ai bianchineri quando giocavano al limite dei 24’’; nell’ultimo quarto si è levato in piedi e con le braccia ha incitato tutto il pubblico a sostenere i suoi compagni. Certe volte l’eleganza di alcuni comportamenti viene confusa con pigrizia, l’espressività facciale con supponenza e superficialità: ma non siamo tutti uguali. Allan forse non rimarrà: io lo inserirò all’interno del mio empìreo assieme a Walter, a Praja, al ragno e pochi altri. Thankyou, Allan; ed anche Aitäh, Rain!
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