Marassi ha fatto naufragare la ciurma di Colantuono verso abissi da cui, ora, sembra difficile risalire. La sconfitta rimediata in una gara chiave per la corsa salvezza ha provocato un vero e propriotsunami di polemiche in terra friulana. Per i sostenitori bianconeri e per parte degli addetti ai lavori il maggior colpevole di questa crisi resta il mister. Il popolo friulano è in subbuglio e, preso dalla rabbia per un’ulteriore prestazione negativa, si è schierato apertamente a favore di un cambio di guida tecnica. Il Cola, a caldo, aveva confidato di poter uscire dalla crisi al più presto, puntando il dito verso gli episodi che non stanno girando per ilverso giusto. La risposta a tali, deboli, argomentazioni non è stata di certo morbida. “Con te usciremo dalla Serie A!”, “Usciremo da questa situazione solo quando tu te ne andrai.” Come evidenziano questi commenti del Web, in Friuli si è persa la pazienza: alle continue promesse di una svolta o di un miglioramento non ci crede più nessuno. Da queste parti non si è abituati a vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, agganciandosi a qualche episodio per giustificare le sconfitte. La mentalità tipo di questa squadra, mister in testa, è: “meritavamo di più!”. Un ragionamento che va a collidere con l’etica del lavoro di questa realtà, che a parti invertite avrebbe fatto un mea culpa, focalizzandosi su ciò che è mancato per agguantare un risultato positivo e spostando l’attenzione sul “Dobbiamo dare di più!”.
La rabbia della gente negli ultimi tempi si è riversata sui social network e sulle pagine ufficiali della società bianconera e sembra non essersi placata nemmeno diversi giorni dopo la bruciante sconfitta di Genova. Lo spettro delle serie B è divenuto più che reale per chi ha il bianconero nel cuore e, di conseguenza, è diminuita la soglia di tolleranza. I supporters hanno invitato più volte il tecnico di Anzio a presentare le proprie dimissioni, caldeggiando al contempo nomi romantici per la sostituzione in panchina. Le speranze sono tutte rivolte verso due ex ed indimenticati capitani, Alessandro Calori e Valerio Bertotto.
Al di là delle proposte, rimaste oltretutto inascoltate da parte della società, i tifosi non sono andati per le leggere e hanno mosso diverse accuse a chi, a loro avviso, non è stato capace di dare un gioco alla squadra. Emblematico è il nuovo nome che circola in rete, Colabrodo, a testimonianza di una difesa che incassa troppi gol e di una squadra che fa acqua da tutte le parti. I numeri fotografano benissimo la realtà di questa stagione sportiva: 40 gol incassati e solamente 22 fatti. Cifre impietose che fanno comprendere perché per i sostenitori sia così difficile vedere laluce in fondo al tunnel e che sollevano un’altra, scottante, critica.22 gol segnati sono un magro bottino alla ventiseiesima giornata ehanno permesso solamente di aggiudicarsi il triste titolo di peggior attacco della serie A. La gestione di Di Natale è andata di traverso a molti. Il bomber e capitano di questa squadra sta regolarmente in panchina o subentra, se va bene, negli ultimi quindici minuti, un tempo che non è necessario nemmeno per riscaldarsi. L’età avanza per tutti ma è impossibile pensare che Totò si sia involuto a tal punto da non poter dare un sostanziale contributo a questa squadra, per lo meno a partita in corso. La classe non è acqua e non si perde con l’età. Di Natale tuttora è l’unico calciatore in rosa ad avere quei numeri capaci di dare una svolta alle gare.Altrettanto importante è la sua esperienza in serie A, nonché il ruolo di guida per i tanti stranieri che vestono la maglia dellezebrette. Tuttavia non si può caricare sulle sue spalle tutte le responsabilità del caso. Il rigore sbagliato al ’90 ne è una dimostrazione. Non può essere solamente lui, quando fa più comodo, il salvatore della patria. Alle sue spalle deve esserci un gruppo di uomini prima che di calciatori. Scaricando tutte le responsabilità sul tecnico si tralascia i veri protagonisti, quelli che alla fine scendono in campo e determinano il risultato finale.Troppo facile per i calciatori fare il giochetto del scarica barile e nascondersi dietro gli episodi, dandosi sempre degli alibi. A quattro punti dalla zona retrocessione è venuto il momento di uscire allo scoperto e sentirsi in dovere di dare di più di quello che finora è stato fatto, in primis remando tutti verso un’unica direzione. L’unità dello spogliatoio è infatti il presupposto fondamentale per raggiungere straordinari risultati sportivi. Valerio Bertotto ne sa qualcosa e, non a caso, ad inizio settimana nella trasmissione Udinese Tonight aveva chiesto ad Andrea Carnevale se nell’attuale rosa ci fossero degli uomini veri e carismatici, capaci di caricarsi la squadra sulle spalle in questo momento di difficoltà.
L’ex capitano ha sollevato indirettamente un altro tema caro a chi critica la gestione della società e addita a quest’ultima le maggiori responsabilità per un’annata molto al di sotto delle aspettative. Lo zoccolo duro composto da giocatori italiani che hanno a cuore questa maglia si è ridotto all’osso. In estate Giampiero Pinzi ha lasciato in lacrime quella che considerava oramai casa sua, mentre Maurizio Domizzi è stato lasciato volutamente ai margini, non venendogli proposto quel rinnovo di contratto tanto sperato per concludere la propria carriera in Friuli. Forse a livello economico gli stranieri rendono di più in termini di plusvalenze, ma non potranno mai sostituirsi a chi non ha mai visto l’Udinese come un semplice trampolino di lancio o a chi si presta a fare da guida edambientamento ai giovani provenienti da ogni angolo del mondo.
“Il pesce puzza dalla testa”: riprendendo le parole del comunicato degli Ultras 1995 si può capire come non vi sia più comprensione o pazienza per le politiche societarie e regni una totale disaffezione verso i vertici. Il coro “Pozzo devi spendere!”,replicato nuovamente a Genova, fa comprendere quale sia il vero cruccio della tifoseria. A Gino Pozzo non si può dire nulla in fatto di numeri, in quanto ha sempre messo in primo piano la sopravvivenza del club, ottenuta grazie ad una gestione oculata dal punto di vista del bilancio. Ultimamente però si è guardato maggiormente ad altri lidi, oltre che al marketing e alle sponsorizzazioni, probabilmente attratti dai più facili guadagni che si possono ricavare in Premier. La sede dello stratega bianconera è diventata quella londinese e non è un’eresia dire che in estate si è pensato più alla programmazione della rosa del Watford che a quella delle due altre squadre di proprietà. Non è un caso se poi si è cercato di rimediare in corsa, con l’acquisto degli svincolati Lodi e Felipe e in seguito si è ricorso alla vetrina del mercato invernale, fatto rarissimo per chi conosce la mentalità dei Pozzo. I tifosi sono spazientiti non poco e chiedono la giusta attenzione verso l’ambiente friulano, in primis da parte del figlio del patron, che finora ha lasciato sempre al padre l’ingrato compito di rispondere alle accuse.
Il giocattolino è sul punto di rompersi se non si corre presto ai ripari. Due squadre di proprietà su tre lottano per non retrocedere. Il detto chi troppo vuole nulla stringe non è stato mai così calzante. Sembra averlo capito anche Gino Pozzo, rientrato in Friuli per riportare la situazione alla normalità. Le critiche dell’ambiente hanno fatto centro? Paradossalmente sembra di si. Anche Colantuono sembra aver abbandonato il 3-5-2 per virare verso il tridente, comprensivo di Totò.
Alla squadra e al tecnico stavolta si chiede di non steccare l’appuntamento con i veronesi. Di fronte al preannunciato esodo dei tifosi dell’Hellas, gli ultras chiamano a raccolta il popolo bianconero, invitando tutti a partecipare per rendere lo Stadio Friuli una bolgia. Ora non resta che aspettare il risveglio della squadra dal letargo, sperando che ad Udine la primavera sbocciprima del 21 marzo.
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