L'ultima parte dell'intervista rilasciata ad Udinese TV da parte di mister Massimo Oddo riguarda il suo passaggio da calciatore ad allenatore.

Oddo in carriera ha giocato con tantissimi campioni: “Fortunatamente ho incontrato tanti campioni veri, Ribery, Kakà, Ronaldo… lui venne al Milan quando era sul finire della carriera, a causa dei problemi fisici, ma giocando al 30/40% era incredibile. Ci ho giocato da avversario quando era al top ed è stato il più forte che io abbia mai visto. I miei idoli erano Baresi, Maldini, i campioni sul campo e fuori che ho osservato da giovane. Ho sempre avuto un bellissimo rapporto con tutti, non ho mai litigato con nessuno, con tanti ci vediamo, si organizzano cene, vado fiero di questo. Ho un rapporto particolare con Ambrosini, ma anche con tanti altri”.

Da allenatore il mister si sta trovando ad allenare alcuni suoi ex compagni: “L’anno scorso ho avuto Gilardino a Pescara, con cui sono stato compagno di squadra. Fa strano inizialmente, perché ti fa capire che sei invecchiato, poi ovviamente cambia tutto e la situazione si normalizza”.

Il tecnico recentemente ha dichiarato che inizialmente voleva fare il dirigente alla Galliani o alla Marotta: “Io intendevo Galliani per quello che ha fatto nella sua carriera, intendevo un dirigente che non si fosse limitato a fare il direttore sportivo, ma che avesse un quid in più. Avevo studiato per questo, ma sono finito a fare altro, ma sta andando bene così. Ovviamente mi sono confrontato soprattutto all’inizio con mio padre agli inizi. Quando andai a Genova chiamai tutti i miei ex allenatori per chiedergli cosa dovevo fare. Quello della gavetta però è un passaggio importante, perché ti permette di sperimentarti”.

Oddo è uno dei pochi giocatori che è riuscito a portare avanti calcio e studi: “Io ho i miei valori famigliari, all’inizio, quando ho iniziato a giocare, la prima regola era studiare, andavo ad allenarmi se avevo finito i compiti. Quando andai a Milano era importante sì continuare il percorso, ma dovevo anche proseguire gli studi, perché quello da calciatore era un sogno, non sapevo se ci sarei riuscito. La mentalità dev’essere comunque quella di fare sempre il massimo per essere i migliori in ciò che piace”.

Dopo un anno come allenatore degli allievi del Genoa, la chiamata per la Primavera del Pescara: “Tornare dopo tantissimo tempo a Pescara mi ha reso felice, è stata una chiamata gradita, sono molto affezionato alla mia terra. Mancava una giornata alla fine del campionato, eravamo noni e giocavamo contro il Livorno ottavo, uno scontro decisivo per i Play-Off. Mi chiamarono dalla Primavera alla Prima squadra, vincemmo 3-0 e poi arrivammo alla finale persa immeritatamente a Bologna, per poi ricominciare l’anno dopo in B”.

Alla fine ciò che conta è la mentalità con cui si gioca: “Ho imparato molto di più dall’annata pessima dell’anno scorso che dalla promozione. Io credo che nella vita in generale, così come nel calcio, gli aspetti principali per arrivare sono quelli tecnici o tattici, l’aspetto che conta di più è la testa. Conosco tanti miei ex compagni che non avevano mezzi eccellenti, eppure sono arrivati, anch’io non avevo un talento cristallino, ma tenendo una certa mentalità ho fatto la carriera che ho fatto. Chiaramente poi se oltre la testa hai anche i mezzi tecnici giusti allora puoi arrivare veramente molto in alto. Nelle categorie inferiori ci sono giocatori molto più talentuosi di certi elementi della A, ma non arrivano in alto perché non hanno la testa giusta”.

Torreira è uno dei giocatori "costruiti" da Oddo: “In quel Pescara c’era Torreira, giocatore che adesso conosciamo tutti. Quando me lo hanno dato doveva tornare in Uruguay perché considerato inadatto, faceva il trequartista. L’ho spostato venti metri indietro e ora è il giocatore che è, posso considerarlo la mia creatura, poi migliorata dagli altri allenatore”.

La retrocessione arrivò nonostante un bel gioco: “Non eravamo completi, di fatto il più delle volte siamo scesi in campo senza un attaccante, perché non siamo riusciti a prendere un giocatore di categoria. Bahebeck non c’è mai stato, Manaj non era pronto e Caprari non era un centravanti”.

Poi la chiamata dell'Udinese dopo un avvio di stagione buio con Delneri, che l'anno prima aveva invece fatto bene: “È normale che io sperassi in una chiamata dalla Serie A, volevo però in particolare una squadra che credesse fortemente nel tipo di calcio che propongo. Ho avuto la fortuna di essere chiamato da una società con grandi mezzi e con un’ottima rosa. Poi altra fortuna è stata fare risultati subito, perché così è cresciuta l’autostima nei propri mezzi. L’obiettivo era far ricredere chi mi considerava inadatto alla A e lo sto ancora perseguendo, perché sarà facile parlare male di me quando arriveranno un paio di sconfitte. Io cerco sempre di mettere il massimo della professionalità e volontà possibile. Poi quelli che non credeno in Oddo ci saranno sempre, spero di riuscire a ridurre il numero di questi. Per ora va tutto bene, ma i momenti di difficoltà vera ci saranno. Respiro l’entusiasmo che si è ricreato in questo ambiente. Quando sono arrivato si era spento. Abbiamo fatto risultati e si è riacceso un po’ di entusiasmo. Dobbiamo essere contenti del fatto che ora l’Udinese vada bene, ma come noi allenatori dobbiamo essere sempre consapevoli che ci sono sia momenti positivi che negativi, ricordo ai tifosi che stiamo facendo qualcosa che ora va sopra le nostre possibilità, quindi sognare va bene, ma bisogna tenere i piedi per terra”.

Sezione: Notizie / Data: Sab 27 gennaio 2018 alle 16:30
Autore: Davide Marchiol
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