Luciano Spalletti domenica contro l'Atalanta festeggerà le 400 panchine: "È un numero che dà una sensazione di benessere. Sono cresciuto, sono migliorato. Se ci mettiamo i quattro anni all’estero allo Zenit anche di più. Sono state partite molto belle, vissute intensamente, che mi hanno dato tutte qualcosa. Il lavoro me lo porto a casa, per me è impossibile staccare e non pensare a quanto fatto con i miei calciatori. È il modo migliore per preparare il prossimo incontro e preparare i ragazzi al meglio. Mi fa piacere che queste 400 panchine siano state consumate spesso con le stesse squadre".

Si sente di ringraziare qualcuno per questo traguardo?
“Sicuramente sì. Avere una squadra tra le mani significa disporre di un enorme valore economico. Aver avuto la fiducia di tante persone è stato motivo di grande orgoglio per me. Ho sempre messo tutto me stesso nelle varie tappe. Il primo fu Fabrizio Corsi all’Empoli, poi Franco Sensi mi diede la Roma dopo l’esperienza all’Udinese dove raggiunsi la Champions League. Ringrazio pure i collaboratori avuti e gli avversari affrontati dai quali ho imparato tante cose”.

Se ne ricorda anche altre di queste 400 in Serie A?
“Ce ne sono diverse, e non solo in Serie A. Ho fatto la Serie B, la Serie C. Ricordo con l’Empoli la partita con il Monza per la promozione in B. Mi piace menzionare pure Udinese-Milan che ci permise di andare in Champions per la prima volta. Sicuramente il derby del 2006 delle 11 vittorie consecutive con la Roma. La finale in Coppa Italia contro l’Inter vinta 6-2 nel 2007. Le gare di Champions League che rispolvero volentieri. E chissà se potrò viverne altre”.

Un giocatore sul quale non avrebbe scommesso subito, ma che poi si rivelò un campione?
“Ce ne sono diversi. Ne cito uno su tutti ai tempi dell’Udinese. Una volta venne negli spogliatoi Gino Pozzo, figlio del patron dell’Udinese. Mi doveva presentare David Pizarro, io non lo conoscevo. Andai a trovarlo così sul lettino dei massaggi, era lì a fare delle terapie. Il lettino era lungo, lui era quasi la metà… Rimasi perplesso all’inizio, però poi si è rivelato un grandissimo. Faceva girare il pallone come in un flipper”.

In passato ha spesso citato Ventura e Guidolin come allenatori che le hanno dato molto.
“Senza dubbio sono due a cui resto molto legato. Io piacevo agli allenatori, negli allenamenti andavo forte durante le sessioni di corsa. Parlavano di calcio, io parlavo di calcio con loro. Da Ventura e Guidolin ho imparato molto e spesso ho trasferito qualche loro concetto alle mie squadre. Sono due che hanno mantenuto il loro credo nel corso della carriera sapendolo trasferire al calcio moderno”.

Sezione: Gli ex / Data: Gio 13 aprile 2017 alle 21:00
Autore: Stefano Pontoni / Twitter: @PontoniStefano
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