Udinese – Hellas Verona non poteva essere una partita come le altre. Non solo l’ultimo treno utile per allontanarsi dai fanalini di coda della serie A passava proprio per il rettangolo verde dei Rizzi. La partita contro i veronesi era forse l’ultima occasione concessa a squadra e mister per dimostrare sul campo quanto tenessero a ripagare con una vittoria la pazienza della tifoseria. Un pubblico che in settimana aveva sfogato la propria preoccupazione e delusione stilando la lista dei colpevoli e gridando a Colantuono di dimettersi, ma che non aveva mai oltrepassato il limite, fatto frequente nelle altre piazze della massima serie. I mal di pancia manifestati recentemente però non potevano che essere passeggeri. L’avversario della ventisettesima giornata non era uno qualunque: si chiamava Hellas Verona. Al cospetto di una rivalità che si perde nella notte dei tempi, l’unica risposta possibile era compattarsi intorno alla squadra, lasciando le polemiche fuori dallo stadio. Fare quadrato e tendere una mano verso chi finora non era stato all’altezza significava anche chiedere uno sforzo in più ai comuni spettatori. Per 90’ minuti niente critiche, brontolii ed urla di disappunto al primo passaggio sbagliato. Utopia per tutti gli allenatori seduti sulle poltroncine colorate? Niente è impossibile quando si delinea davanti uno spettro chiamato serie B. A correre in aiuto dei friulani sugli spalti c’erano anche i cugini vicentini, particolarmente entusiasti di dar manforte nel tifo contro i rivali veronesi. Presenti in buon numero in mezzo agli ultras, erano riconoscibili grazie alle sciarpe biancorosse.
La pioggia battente e il grigio cupo del cielo non hanno fatto dunque dimenticare i buoni propositi espressi nel fine settimana. L’acquazzone che si è riversato sul Friuli non è riuscito a spegnere la voglia di mantenere fede alla parola data. L’avversario piú ostico e difficile da battere stava però sugli spalti. I 2300 tifosi ospiti, compatti e colorati, fin dal prepartita hanno fatto capire che non vi sarebbe stata partita se la disunione avesse prevalso sul buonsenso. I sostenitori della Nord, avendo avvertito la criticitá del momento, hanno cercato di spingere il resto della tifoseria a non lasciarsi andare a manifestazioni di dissenso e di concentrarsi sull’obiettivo della giornata: tifare e farsi sentire per spingere gli undici in campo verso la vittoria. “Anche nel tuo peggior momento, giuro io non ti abbandoneró”. Sono le ultime parole del volantino fatto circolare sui gradoni della curva prima dell’inizio delle ostilità. A differenza delle ultime comparse, stavolta anche la squadra non ha abbandonato la sua gente, recitando la sua parte. Ad illuminare il palcoscenico non poteva che essere lui, Totò, una delle stelle più brillanti del firmamento calcistico. Il capitano, oltre che aver preso le vesti di assist man, ha riacceso la miccia dell’entusiasmo sugli spalti. Il passaggio al bacio per il colpo di testa di Badu ha spazzato via ogni paura, facendo esultare il popolo bianconero dopo tanto, troppo, tempo. Il timore di assistere ad un altro tonfo casalingo si era avvertito a livello di tifo nella prima mezz’ora di gioco. Contratti e intimoriti da un altro possibile ko, i ragazzi della Nord non erano riusciti a trascinare il resto del pubblico nella baraonda dei cori. Dopo il gol liberatorio del ghanese al 31’, la spiacevole sensazione di sentire i veronesi fare i padroni di casa è stata scacciata via dalla convinzione di poter allontanare definitivamente i peggiori incubi. Sicurezza che si é tramutata in un chiaro messaggio alla squadra: “ Yes!”. Il rullo dei tamburi ha accompagnato questa semplice parolina di tre lettere, incredibilmente meritevole di coinvolgere tutti. “ Possiamo vincere, yes! Possiamo trascinare la squadra, yes!”. Lo slogan lanciato da Obama nella sua prima campagna elettorale, “ Yes, we can!”, ha iniziato a fare proseliti anche nel capoluogo friulano. La convinzione di poter uscire da eroi nel derby del Nord Est ha iniziato a farsi largo fra i seggiolini arcobaleno. “Eeeee Eeee oooooh oooooh. Eeeeee eeeee, oooooh oooooh! Yes!”. Un battimani generalizzato proveniente da tutti i settori ha accompagnato ininterrottamente per diversi minuti queste banali espressioni, rendendo l’atmosfera quasi psichedelica. Un sí all’inglese che ha contribuito a far capire ai calciatori bianconeri come non servano rime perfette o fiumi di parole per suonare la carica ed anestetizzare l’avversario. Totó e compagni hanno seguito il consiglio del pubblico, trasformandosi da no men a yes men. Alla corsa sono riusciti ad abbinare la qualità e la precisione nei passaggi, fatto più unico che raro in questa stagione sportiva. Lo stesso Colantuono ha abbandonato un catenaccio e un modulo indigesto per osare di piú, dicendo finalmente yes alle tre punte e dando fiducia al suo capitano.
Tuttavia nella vita non si può dire sempre sí. I supporters friulani da tempo hanno espresso il loro palese no alla denominazione Dacia Arena. Sia prima della gara che durante l’intervallo si sono mobilitati per far sottoscrivere a quanta più gente possibile la petizione per il cambio di nome.
La ripresa ha lasciato invece spazio ad altri e cruciali sí. La squadra, a differenza delle ultime otto gare, non ha spento i riflettori sul campo da gioco. Magicamente la luce Di Natale è scesa su Udine per fare agli spettatori un piacevole dono. Al ’57 il passaggio del capitano ha permesso a Thereau di insaccare il 2-0 sotto i tifosi ospiti. Niente di più gradito per la curva bianconera, che ha aumentato di gran lunga i decibel, tanto da autocelebrarsi con “Un applauso per noi”.
Non un semplice applauso, bensì un’acclamazione con tanto di battiti di tamburi ha accompagnato al ‘72 l’uscita di Totò dal campo. La neve sulle montagne forse ha fatto ritardare la bella stagione, ma non ha reso l’atmosfera meno primaverile. Ieri si respirava un’aria nuova allo stadio, priva di polemiche. Grazie alla vittoria che si stava delineando, la squadra ha potuto scrollarsi di dosso le tante preoccupazioni e lasciarsi andare ad altri yes. Il preoccupante calo di concentrazione che si era visto da gennaio a questa parte non si è materializzato. L’Hellas, grazie anche ad una parata decisiva di Karnezis, non è riuscita a ridurre le distanze. Tutto si è incanalato sui giusti binari. Pollice alzato anche per i tanti veronesi, che dopo un calo fisiologico si sono ripresi, sollevandosi il morale con un “ Io credo risorgeró”. La consapevolezza di aver interrotto sul più bello la rimonta per la salvezza ha lasciato il posto alla speranza di poter riagguantare presto la massima categoria. La testa dei veronesi è rivolta al futuro. Non da meno sono i pensieri dei sostenitori bianconeri. Mentre gli ultras salutavano ironicamente a fine gara i rivali con un “bye bye Verona. Bye bye” e un “Verona non canta più. Ora cantiamo noi! ”, gran parte dei friulani tirava un sospiro di sollievo per il mancato pericolo, proiettandosi subito verso la prossima tappa della corsa salvezza. Sembra che il più sia stato fatto a giudicare dai colpi di clacson che festeggiavano la vittoria, ma nei commenti sui social regna ancora la prudenza. I friulani sono come San Tommaso: se non vedono, non credono. La benedizione dell’arcivescovo Mazzocato ha superato il primo test. Mancano ancora sei partite casalinghe perché il miracolo di far innamorare nuovamente la gente di questa squadra, mister compreso, avvenga. Per ora la sfiducia e la negativitá sulla pratica salvezza sembra essere scomparsa a favore di un “Yes, we can!”
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