Lo dico da friulano, mi spiace vedere Scuffet lasciare ancora una volta l'Udinese per andare in cerca di fortuna altrove. E questa volta potrebbe essere davvero l'addio definitivo. Sì, perché se lo Spezia a fine stagione dovesse esercitare l'opzione di riscatto allora il biglietto per la Liguria sarebbe di sola andata. 

Non sono qui a scrivere che Simone è più o meno forte di Musso, più o meno meritevole di un posto da titolare in A, anzi. Il portiere argentino è un fenomeno, il potenziale primo portiere della nazionale albiceleste, e avercelo in rosa è un assoluto privilegio. Juan si merita la maglia da titolare, ha qualità per essere uno dei più forti di tutto il campionato. Il mio intento è un altro e non ha nulla a che vedere con paragoni e confronti. Sono qui ad augurare ad un ragazzo, ad un friulano come me, il meglio per il proprio futuro.

Perché Scuffet, che magari non sarà il nuovo Buffon come qualcuno titolava ormai più di qualche anno fa, può fare molto di più di ciò che ha fatto vedere fino ad ora. Me lo auguro perché lo reputo uno di noi, un giovane nato e cresciuto in questa terra, un ragazzo timido e introverso ma con il Friuli nel cuore, un giocatore con capacità maggiori rispetto a quel che si è visto. 

Penso che, tra mille limiti (per esempio le uscite alte), è stato anche assai sfortunato. L'anno d'oro con Guidolin, poi una stagione in panca a guardare Karnezis (altro signor portiere) giocare e il prestito disastroso al Como. Ecco, qui è stato, secondo me, il vero passa falso della sua carriera: da baby prodigio a portiere che in B, spesso non per causa sua, veniva bucato a ripetizione. 52 reti subite, ultimo posto in campionato e conseguente retrocessione in Lega Pro. Peggio di così non poteva andare. Se la B di Meret è stata un successone, la cadetteria del giovane di Remanzacco è stata un'autentica sciagura. Quella di Como è stata un'esperienza negativa sotto tutti i punti di vista, un'annata che ha minato le sue certezze, le sue sicurezze e che ne ha arrestato la crescita.

Da lì in poi solo tante difficoltà. Dello Scuffet ammirato nelle partite d'esordio se ne vedrà davvero ben poco. Qualche sprazzo qua e là, tra tanta panchina, qualche paratona tra il nulla di tante partite passate con il giaccone addosso e la coperta sulle gambe. Certo, rubare il posto ad uno come Karnezis, un portiere che troppo spesso qualcuno, sbagliando, ha sottovalutato, era una missione difficilissima. Non lo era però sicuramente salvaguardare la maglia da titolare dal pre pensionato, in termini strettamente anagrafici, Bizzarri. In una delle stagioni più nere degli ultimi anni gli vennero addossate colpe anche non sue, minando ancora di più la sua già precaria crescita. Un declino costante il cui apice è stato il prestito in Turchia: al Kasimpasa 10 presenze e 24 gol subiti, praticamente oltre 2 a partita. 

Qualcuno ancora oggi pensa che ben gli sta dopo quel famosos no all'Atletico. Rinunciare ai soldi, a fare subito il grande salto per crescere ancora a Udine, per completare gli studi e restare vicino alla famiglia è stata per molti una scelta incomprensibile, anzi scellerata, una scelta che gli ho costata carissima. Conoscendo personalmente Simone so che quella fu una decisione presa in buona fede: a 18 anni voleva giocare per la squadra della sua città, per la squadra nella quale era cresciuto e per la quale tifava sin da bambino. Non si può condannare un giovane per aver scelto l'Udinese, per aver preferito legarsi a questi colori e non a quell, ricchi, di una big.

Dall'Atletico in poi una serie di scelte sbagliate, di errori, una gestione terribile ha fatto sì che un giocatore, a soli 23, venisse considerato già bruciato. Ripeto, non avrà le qualità di un fenomeno, magari sarà un portiere normale e non l'erede del Gigi nazionale, ma non credo che non potesse valere un trasferimento in Azerbaigian.

Scuffet andava gestito meglio, andava fatto crescere con più calma, senza quelle aspettative che non hanno fatto altro che creargli insicurezza. Sta qui l'errore, l'aver creduto che Scuffet fosse già un fenomeno, non avergli mai dato il tempo e lo spazio per maturare. La gestione di un talento, almeno potenziale, è stata assolutamente fallimentare. Serviva una Spal, non un Como, serviva credere in lui anche quando le cose andavano male, serviva trovargli il giusto contesto per ricominciare a migliorare e a maturare.

Quando a Udine ormai pare essere di troppo ecco un altro treno, forse l'ultimo, lo Spezia. L'occasione per ripartire, per dimostrare di essere quel fenomeno lanciato dal maestro Guido e non la sua controfigura scarsa che veniva fischiata nel suo stadio dopo il primo errore. Tocca a lui dimostrare una volta per tutte il suo vero valore. Il tempo è ancora dalla sua parte, tutto è ancora possibile. Rilanciarsi, anche per non riconquistare Udine, ma per far vedere al mondo chi è il vero Scuffet.

In bocca al lupo Simo, ora tocca a te.

Sezione: Focus / Data: Mar 20 agosto 2019 alle 08:00
Autore: Stefano Pontoni / Twitter: @PontoniStefano
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