Il Mandragora che, in appena un anno di permanenza, abbiamo imparato a conoscere a Udine, ha fatto intravedere degli aspetti molto positivi nel suo giocare da centrocampista e specialmente nell’ultima gestione, quella di Igor Tudor, tali aspetti si sono lasciati apprezzare dai tifosi bianconeri. Non sono state poche però le partite in cui il ragazzo napoletano ha faticato a trovare l’ordine giusto nella zona mediana del campo, lottando su ogni pallone, certo, ma molte volte senza la giusta lucidità. Impossibile non parlare di Mandragora come di un giocatore generoso, come di un atleta che spende tante energie nell’inseguire gli avversari ma che, nel momento in cui è chiamato a costruire l’azione o a finalizzarla, paga dazio quella spesa. Nell’Italia Under 21 il suo ruolo è, inevitabilmente, di spicco, vuoi per la fascia da capitano, vuoi per la maglia numero 10 che indossa. Se possiamo individuare in Chiesa un leader tecnico, Mandragora ben appare come un leader morale, carismatico. Nella sconfitta di ieri contro la Polonia tale leadership è certamente venuta meno.

Il gol sbagliato alla mezz’ora rimane l’immagine più nitida della sua partita, come nitida è stata l’occasione derivata da una delle tante accelerazioni di Federico Chiesa dalla parte destra del campo. Ridurre la valutazione di un giocatore a un singolo errore non è un buon esercizio ma un errore così importante non può che influenzarne il giudizio. Di giudizi veri e propri ne sono stati dati e sono stati quasi tutti negativi o molto negativi quelli apparsi sulle pagine dei maggiori giornali sportivi del giorno. Oltre al mancato gol c’è però un altro aspetto del gioco di Mandragora che è stato individuato come negativo nella sua gara contro la Polonia. La manovra italiana non è sembrata particolarmente veloce e brillante, nonostante il pallino del gioco fosse sempre rimasto in mano agli azzurrini, e proprio al giocatore dell’Udinese è stato imputato di non essere stato, appunto, veloce e brillante nello smistare il pallone a centrocampo. Anche a Udine in realtà questo è stato un “limite” nel gioco di Mandragora e, in una gara come quella contro la Polonia in cui la squadra italiana ha passato gran parte del tempo con il pallone tra i piedi, ecco che questo limite si è fatto più marcato. Contro il Belgio l’Italia dovrà ritrovare anche il suo numero 10 per sperare di passare la fase a gironi, per quanto neppure una vittoria potrebbe bastare per avere la certezza del passaggio del turno. Gli errori, in ogni caso, diventano utili quando sono formativi. Se da qui Mandragora saprà ripartire per riprendere in mano le redini del centrocampo azzurro e, di riflesso, di quello bianconero, sarà più facile perdonarlo.

Sezione: Focus / Data: Gio 20 giugno 2019 alle 17:01
Autore: Francesco Paissan
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