Piccolo inciso: oggi, 30 gennaio, Marco Solfrini avrebbe compiuto 61 anni. Avrebbe, se a marzo dello scorso anno non ci avesse giocato quel brutto scherzo. Probabilmente al Carnera nessuno o quasi se ne ricordava, ma che regalo gli hanno fatto! Ciao Marco, ci vediamo più tardi.

Detroit: un vento a trenta gradi sottozero (o quasi), uno streaming acrobatico, qualche lacrima alla fine.

Perché noi, sì, ci avevamo sempre creduto.

Udine fa suo lo scalpo, nobile, della trionfatrice del girone senza mai dare l’impressione di poter concedere il palcoscenico del Carnera, una volta di più straordinario, agli ospiti.

Le vittorie hanno solitamente molti padri, molte facce. Anche questa: a pieno titolo, però.

Ha la faccia appassionata di Davide Micalich, che aveva positivamente vaticinato dopo la sconfitta (di misura) contro Montegranaro. Ha ricevuto, nelle ultime settimane, una tale ‘rata’ di insulti che metà sarebbe bastata; ci confrontiamo spesso, so quanto ha sofferto per delle prestazioni non sempre all’altezza: una serata come questa se la merita. Tutta. Assieme ovviamente al volto sorridente fino all’ultimo filo di barba del Pres.

Il volto, tetraedrico e tetragono, dello staff tecnico, nel quale includo Demis Cavina. Coach Demis è, rimarrà uno di noi. Ha sofferto anche lui, pagando secondo me l’incapacità di entrare in sintonia con i suoi ragazzi. Troppo spesso si tagliano, si recidono giudizi sommari su giocatori e tecnici: a volte la scintilla semplicemente non scocca. Diverso, coach Martello: più pacato del predecessore, ne ha continuato il lavoro tecnico mettendoci, molto!, del suo calmando i suoi pretoriani ed ottenendo da loro tantissimo. Non dimentico due ‘ragazzi’ di cui nessuno parla mai, ma che sono fondamentali specie in settimana, nella preparazione delle gare. Paolo e Jerome sono due lavoratori appassionati, preparati e capaci. Guai a dimenticarsene, specialmente stasera.

Il volto di Francesco Pellegrino. Quando ci parlammo per la prima volta, due anni fa a Gemona, gli dissi che secondo me sarebbe potuto diventare il totem della nazionale azzurra se solo avesse creduto nei propri mezzi e osato di più. Una stagione (quella passata) sufficiente; troppe gare (quest’anno) sottotono e, casualmente con l’arrivo di un ‘tranquillizzatore’, esce dal campo stasera come il migliore del lotto. Devasta la batteria di lunghi fortitudina meritandosi il mio personalissimo ‘mvp’. Adesso non si deve arrestare nella crescita: limare le imprecisioni, continuando a dominare le aree pitturate. Come stasera.

I volti di Spanghero e Nikolic: partiti in sordina, si stanno rivelando determinanti per le sorti bianconere. Stefan ha dato alla squadra il solito dinamismo, precisione da due e tanta energia. Spongy? Gelido nel passare alla cassa quando mette liberi decisivi per l’esito finale (8/8); più in generale una gara solida, una regìa finalmente precisa, assieme a Penna dà finalmente l’impressione di crescere. Il ‘playmaking’ è una fase necessaria, mancata troppo spesso a Udine nelle ultime due stagioni: spero la rampa di lancio sia definitiva.

Il volto di chi non dovrei nemmeno citare per non risultare noioso: Trevis è un lusso assoluto per la categoria, esattamente come il fortitudino Leunen; i due stanno in campo praticamente sempre, Maarten tiene in piedi i suoi quasi da solo; Simpson è però più uomo-squadra, simbolo di una GSA che sta, finalmente!, cercando di mettere le marce alte. Credo sia ora che le vedove di KD, giocatore che ho amato, possano rinfoderare le gramaglie e godersi un giocatore da Eurolega.

Udine vince, senza Powell, semplicemente perché prevale in tutti i duelli tra campo e panca: stavolta tocca a coach Martino masticare amaro, assieme a troppi suoi giocatori che offrono contributi modesti. Sufficienti Fantinelli e Hasbrouck (Leunen da 8 in pagella, come dicevamo), gli altri la vedono poco. Una Fortitudo che si presenta contro un’avversaria senza un americano e con un record (17-1) da assoluta dominatrice si attendeva, forse, qualche difficoltà in meno: secondo me è proprio l’inizio (10-3) di Udine che determina la gara. La Lavoropiù sembra mettere la freccia fra secondo e terzo periodo: è solo una parentesi felsinea fra le lettere Gi, Esse ed A.

Intendiamoci: la Effe vincerà il campionato, forse, a sette – otto gare dalla fine; Basket City merita due formazioni in massima serie, era solo questione di tempo. Stasera, però, devono ripiegare i vessilli ed applaudire i friulani. Punto.

Svolta? Non lo so. Udine dovrà dimostrare, domenica a Ravenna, di avere cambiato registro. i giallorossi avranno un giorno di recupero in meno (giocano domani sera a Cento), ma di certo Adam Smith e Hairston non lasceranno nulla d’intentato. Chi temo? Matteo Montano: il quale vede Udine e si trasforma.

Sei ore di fuso orario di differenza: questa è una radiocronaca che avrei voluto fare. Per commuovermi in diretta, anziché da solo, di fronte ad immagini battenti bandiera turca.

Sezione: Focus / Data: Gio 31 gennaio 2019 alle 11:25
Autore: Franco Canciani
vedi letture
Print