Da dove cominciare a commentare il punticino strappato al Bentegodi da un’Udinese che in quanto a qualità di gioco fa un passo avanti ed uno indietro?

Dal punticino stesso, è ovvio. Come ad Empoli si tira in porta una volta, rispetto ad Empoli l’avversaria scaglia verso lo specchio un tiro in meno (il Chievo non impegna mai un Karnezis cui do un otto per l’acqua presa sulla capoccia senza potersi scaldare), in campo le due formazioni fanno match pari, come dice Maran, pensando più a chiudere spazi che a trovarne di utili.

Non una partita epica: se non per le seicento anime bianchenere al seguito, le quali si sono sorbite una pioggia costante e continua vincendo la loro personale gara.

È esile il setto che divide Empoli da Verona. Una casualità avrebbe potuto cambiare la gara, ma non è successo: evidentemente anche Eupalla se la dormiva della grossa.

Menzione particolare per il terreno di gioco e soprattutto chi decide i calendari: si è giocato al Bentegodi venerdì sera, poi ieri e da un campo mai brillato per qualità e regolarità ci si poteva attendere solo questo, una soluzione di zolle senza continuità tra le quali remavano faticosamente due formazioni non baciate in fronte dalla tecnica sopraffina.

Bravi i clivensi a comprendere da subito che il direttore di gara, tale avvocato felsineo Aureliano, era restìo ad inumidire di pioggia i cartellini: durissimi, i difensori gialloblu, sulle caviglie avversarie; in nome del dilettantesco urlo genitoriale al virgulto in campo, piedi da Margheritoni ma al babbo sembra Dybala, che incitava a far saggiare i tacchetti alle gambe avversarie. Il metro abitrale ha ingannato un gigante lubianese, centrale difensivo dall’aspetto boscaiuolo, che vede gli ultimi scampoli di gioco dagli spogliatoi dopo aver brutalizzato Zapàta e Matos.

E su Bostjan da Ljublijana pende quel rigore non fischiato ai danni di Zapàta a palla lontana. Semplice imprudenza? Anche quella di Paletta su Quagliarella lo era: i falli sono falli a prescindere dal cronometro e dalla zona del campo in cui sono commessi.

Non fraintendetemi: avesse vinto il Chievo o l’Udinese, sarebbero stati tre punti rubati. Esattamente come doveva essere due settimane fa, il pari è il giusto coronamento di una non-gara, a meno che menarsi e scagliare palla lunga a favorire l’avversario non si chiami giocare al calcio. Mchelidze sfrutta la casualità creata dall’errore di Faraoni; ieri di sbagli difensivi non ve ne sono stati e zero a zero sia. Amen.

Adesso la Fiorentina: la gara sarà diversissima per le qualità dei viola, che il match se lo giocano sempre. Sabato sera l’Udinese troverà di fronte una formazione due piste più forte di Empoli e Chievo, ma immensamente più aperta alla ricerca della rete piuttosto che in difesa del risultato. L’équipe di Sousa tende alle volte a specchiarsi in sé stessa, dimenticandosi dell’avversaria e rischiando la ghirba (vedasi Pescara o Crotone in casa), ma altre volte schianta squadre più forti (Juventus) dominando anche nel gioco. E io dico che all’Udinese va meglio così: i bianchineri si sentono più a loro agio giocandosela contro formazioni forti, vieppiù ora che, a quindici gare dalla fine, il campionato che corre dall’ottavo posto in giù è praticamente finito. Gigi l’Aquileiense deve semplicemente dir loro di andare in campo a giocarsi la gara, contro Palermo come Juventus, mantenendo ovviamente l’equilibrio di squadra (il Bologna ha pensato di affrontare il Napoli tenendo la linea di difesa a centrocampo e sfidando i contropiedisti partenopei, coi risultati che si sono visti) e le chimiche di gioco. Il Franchi è da sempre campo ostico per gli udinesi, ma a differenza dell’anno passato questa stagione mister e squadra possono e debbono offrire più significativa opposizione ai domestici. Vedremo anche come la Fiorentina uscirà dal posticipo di Roma di domani sera.

Chievo-Udinese: pioggia, pantano e niente d’altro.

Sezione: Primo Piano / Data: Lun 06 febbraio 2017 alle 11:00
Autore: Franco Canciani
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