"C'è il campo, la quotidianità. Ci sono delle affinità che devono emergere, se non emergono la società decide di cambiare" Siamo l'8 giugno del 2018 e queste sono le parole del direttore generale dell'Udinese Franco Collavino riguardo alla non conferma sulla panchina bianconera, nonostante la salvezza ottenuta senza grossi patemi, di Igor Tudor.
Certo, ritirarle fuori oggi è un po' come sparare sulla Croce Rossa ma qualcosa in questa situazione paradossale la dobbiamo pur dire, impossibile tacere davanti ad una scelta che definire discutibile sarebbe anche poco.
Via Nicola, a sorpresa visto che dopo la trasferta di Napoli, nonostante le quattro pere incassate, tutti, società compresa, parevano soddisfatti. C'era stata infatti la tanto richiesta prestazione, quella che a Torino non si era vista nemmeno con il binocolo. L'Udinese incerottata contro un Napoli anch'esso non al meglio ci aveva almeno provato, rimontando lo svantaggio iniziale e rimettendo in piedi una partita che sembrava essere persa ancora prima di scendere in campo, una sconfitta nata dalla paura già negli spogliatoi del San Paolo. Qualcosa si era mosso, qualche trama di gioco si era intravista e qualche giocatore in ombra aveva ripreso leggermente a luccicare, Fofana e Lasagna su tutti ma anche Sandro tutto sommato qualcosa di buono l'aveva mostrato. Prodromi di una netta ripresa dopo la sosta? Chi mai avrebbe potuto dirlo con certezza.
La sosta, che sarebbe dovuta servire a Nicola per preparare al meglio la sfida salvezza contro il Genoa, la prima di un tour de force non da poco, diventa invece l'occasione per cambiare ancora una volta allenatore, il sesto in due stagioni senza andare ancor più indietro a contare. Ritorna così Tudor, per la seconda volta, sempre a salvare il salvabile. Igor Il Salvatore, così lo potremmo chiamare, visto che il suo compito, è ancora quello di traghettare una squadra a pezzi verso la salvezza, verso la conquista di un posto in A.
Conosce bene la piazza hanno detto, conosce già gran parte del gruppo hanno ribadito, conosce le strutture e lo staff hanno puntualizzato. L'uomo giusto nel posto giusto insomma. Eppure solo 9 mesi fa di lui, che, nonostante tutte le critiche che gli si possono fare aveva centrato l'obiettivo per il quale era stato chiamato, si diceva solo e soltanto che non era scoccata quell'affinità necessaria per proseguire il rapporto, quasi che allenare fosse un rapporto amoroso.
Via allora, senza tanti ringraziamenti, e dentro Velazquez, lo spagnolo che avrebbe dovuto segnare l'inizio di una nuova era. Così invece non è stato, il salmantino è durato decisamente poco,ancor meno del previsto. Cacciato per fare punti, per far posto ad un meno eclettico e meno filosofico ma più concreto Nicola. L'uomo venuto dal basso, l'allenatore capace di salvare lo sgangherato Crotone, quello che in bicicletta ha attraversato tutta l'Italia, un artigiano di paese chiamato a mettere mano in una squadra che fin dal principio ha dimostrato di avere delle gravi lacune tecniche, tattiche eppure mentali. Non ce l'ha fatta nemmeno lui: l'Udinese di questi anni cambia allenatore, migliora un po' e poi torna al punto di partenza, involve sul sé stessa fino ad un nuovo cambio di guardia.
Certo, da Nicola tutti noi ci aspettavamo qualcosa di più. Forse la sua Udinese, in termini di gioco, è stata la più brutta degli ultimi assai bui tempi, un 'Udinese arroccata in difesa, con il bus davanti alla porta e con una sola arma, il contropiede. Pensavamo che, con l'andar delle settimane, questo allenatore di provincia, uno con due attributi non da poco, riuscisse a dare un'anima alla squadra, un'identità in campo e invece non è stato purtroppo così. Per molte partite il nulla, encefalogramma piatto. Anche nelle vittorie, contro Chievo e Bologna, nessuno ha avuto mai l'impressione che i bianconeri fossero cresciuti, fossero diventati una squadra vera. Sei punti ma crescita zero, salvati più che altro dalle giocate dei singoli e dal carattere, da qualche scossa temporanea.
Ora, dopo le sue scoppole contro le ingiocabili Juve e Napoli, tocca di nuovo al croato prendere in mano le redini della squadra, cercare di darle un senso tattico e le motivazioni per chiudere al meglio una stagione nata male. Ce la farà? L'anno scorso ci riuscì, senza fare grosse cose, aggiustando il modulo, mettendo i giocatori nei loro ruoli prediletti e strigliano al bisogno.
Poi, a salvezza ottenuta, e si spera sia così, tanti saluti e grazie per ripartire con un'altro progetto. Una chance a tempo per Tudor, per Il Salvatore, anzi il normalizzatore, colui che è stato chiamato per riportare la situazione in una condizione di normalità.
I tifosi? Giusto essere spaesati. Ho letto ed ascoltato tanta rabbia, frustrazione ma soprattutto rassegnazione. Non potrebbe essere altrimenti.
Domani ci sarà la consueta conferenza stampa di presentazione dove tutti saremo belli e bravi, dove le scelte sono sempre quelle giuste e i rapporti sono i migliori possibili. Si dirà che meglio di Tudor in questo mondo non c'è nessuno, che la stima in lui c'è sempre stata. Insomma, cose così, per un altro giro di giostra.
I migliori auguri, a Igor, alla società, a noi, incrociando le dita che alla fine, seppur stentando, sarà salvezza.
Autore: Stefano Pontoni / Twitter: @PontoniStefano
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