Nel giorno che doveva essere decisivo per le sorti del Pordenone assistiamo a una brevissima udienza tra la dott.ssa Bolzoni, giudice in rappresentanza del Tribunale concorsuale (l’ex Tribunale fallimentare), il procuratore Tito e la sostituta Carraturi, promotori dell’istanza di fallimento, e gli avvocati della società neroverde Bruno Malattia, Antonio Malattia e Roberto Casucci. È un bene o un male?

Sicuramente non è un male in quanto il Tribunale, se ne avesse ravvisato gli estremi, avrebbe potuto fin da subito dichiarare la liquidazione giudiziale (l’ex fallimento) del Pordenone ascoltando la Procura e consegnando di fatto la società ai creditori. Il nuovo Codice della crisi, che ha solo messo per iscritto il buon senso sviluppato nei molti anni di vigenza della ex legge fallimentare, consiglia tuttavia di evitare il fallimento il più possibile (a cominciare dal nome: come detto ora si chiama liquidazione giudiziale) privilegiando la possibilità per l’imprenditore di tentare un accordo con i creditori, se possibile nel segno della continuità dell’impresa. Bolzoni, Tito e Carraturi, ben coscienti di ciò, non si sono opposti alla richiesta dei legali del Pordenone di avviare un concordato in bianco.

Non servono molti tecnicismi per capire che per un’impresa è meglio continuare a esistere che fallire e scomparire. Ecco perché tutti sono stati d’accordo nel concedere del tempo al Pordenone per provare a rinascere. Cosa può succedere dunque ora? Facile ipotizzarlo spiegando cos’è il concordato preventivo: un piano predisposto dal debitore (nel nostro caso dal Pordenone) che abbia come obiettivo il recupero dei debiti e il reingresso della società nel mercato (si parla di concordato “in continuità”) o la liquidazione della società in maniera più favorevole per i creditori rispetto a quella giudiziale tramite l’apporto di nuovi capitali (concordato “liquidatorio”). Le parole di oggi dell’avvocato Casucci hanno lasciato trasparire poco, ma è ben probabile che almeno si tenti di puntare alla prima opzione, anche perché con la seconda ben poco cambierebbe da un più prosaico fallimento.

E del resto, come spesso la prassi vuole, la richiesta di concordato è stata presentata in bianco, ossia senza che il piano di cui si diceva sia venuto ad esistenza. Tra due giorni il Tribunale deciderà quanto tempo dare al Pordenone per preparare le carte e proporre il suo piano, termine che per legge non dovrà superare i 60 giorni. A questo punto spetterà nuovamente al Tribunale avere l’ultima parola sulla fattibilità del piano.

A farne le spese, senza dubbio, è in ogni caso la squadra che anche nella migliore delle ipotesi non potrà l’anno prossimo giocare in Serie C. Se il concordato verrà approvato e si punterà alla continuità, rimane fattibile l’idea di ricominciare da Serie D o, più probabilmente, Eccellenza. Ma è ancora presto per dirlo.

Sezione: Primo Piano / Data: Mar 20 giugno 2023 alle 19:38
Autore: Alessandro Poli
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