Non ha ragione chi dice che la Piacentina sia avversaria semplice: i soli 8 punti in classifica sono testimonianza di una serie di sconfitte sul filo di lana, soprattutto di una panchina cortina. A fronte di ciò, pregio e difetto della formazione di Di Carlo è l’esperienza infinita di Green, Crosariol, Voskuil e subito dietro Perego e Castelli.

Vittoria guadagnata dopo un inizio in salita (3-12), un equilibrio raggiunto quasi subito e mani sul volante fino alla fine; un paio di riavvicinamenti piacentini, ma la sensazione che i cinque falli di Green già al 33’ di gioco e soprattutto il serbatoio in riserva del miglior giocatore Bakery, Andrea Crosariol, siano stati segnali definitivi (assieme allo 0/5 di Voskuil da tre, prima tripla realizzata quando in campo c’erano Chiti e Visintini) è stata forte.

Non ha del tutto ragione coach Di Carlo quando dice (e non dice) che l’arbitraggio ha influito negativamente sulla gara dei suoi; pessima la prestazione del signore catanzarese e dei suoi due compagni di ventura (nel quarto tempo un collega accanto a me, guardandolo correre caracollando, ha scosso il capo dicendo ‘al’è cuet’, facendomi temere per l’incolumità del fischietto), è vero: il quarto fallo, in attacco, di Green pareva solo un veniale contatto di gioco (come altri sanzionati nella gara). Poi però leggo che la Bakery ha subìto due falli in più e tirato 26 liberi contro i dieci di Udine, e deduco che le ragioni della sconfitta siano altre.

Ad esempio che Udine è squadra migliore di Piacenza: migliore anche con un Cortese che ancora rincorre la sua forma usuale: buono in difesa, meno in attacco. Migliore anche con Ciccio che per una volta deve imparare il mestiere di centro dominante dall’avversario; migliore con Powell e Simpson che smazzano punti e assist da par loro, con Spanghero che gioca una buonissima gara così come Stefan Nikolic, energetico ed esuberante; migliore perché in panca teniamo Mauro Pinton, che a campi invertiti avrebbe portato la gara su distacchi più ridotti.

In cauda venenum?

Coach Demis si presenta in sala stampa corredato da apposito panettone (di marca, è buongustaio) sottolineando che lo mangerà, nonostante qualche voce dicesse non sarebbe successo. Lamenta, Cavina, anzi rimarca un trattamento troppo duro riservatoa lui e soprattutto ad alcuni giocatori dalla stampa (a microfoni spenti dice ‘certa stampa’, formula che ci piace di più) invitando alla serenità attorno alla squadra, che ha vinto (ed è vero) 7 delle ultime 9 gare.

Chi Vi scrive ha sempre riservato a coach Demis un trattamento più duro clam che palam, di persona che sui nostri articoli. Perché? Perché non ci piace sentenziare a vuoto senza avere mai allenato nemmeno la squadra di quartiere; perché è facile urlare ‘cambiamo allenatore’ e poi alla seconda sconfitta del precedente ‘era meglio quello di prima’. Perché è presuntuoso ergersi a direttori sportivi, facendo notare cosa manchi e dove, solo perché a fantacalcio domenica scorsa si è vinto contro la Scarsese Iunaited del vicino di casa. Semplicemente perché riteniamo Cavina un eccellente coach nonostante si sia dei lardiani. Non ottusi, però.

Cavina è un coach sui generis, che (questo ve lo concedo) si ama o si odia, tertium non datur; ho deciso, dopo Cagliari, di difendere ad oltranza la scelta della dirigenza ricaduta sull’hombre di Castel San Pietro perché ho letto le rughe della sofferenza sul volto di Demis, dopo una buona mezz’ora di colloquio post-gara con la squadra. Le ho condivise, unico friulano al PalaPirastu ad eccezione del team di Udinews TV; comprese cercando di spiegarle durante una notte passata a rispondere ai messaggi di supporter inviperiti.

Io? Non avrei fatto questa dichiarazione. Perché sono un permaloso, e probabilmente (sbagliando, io) avrei preso per la collottola qualcuno. Capisco però le ragioni che spingono chi si impegna e si sbatte (magari si sbaglia, ma a chi non capita mai?) per dei colori che sente propri.

E lasciate in pace Lino Lardo, voi che l’anno scorso vi accodavate chiedendo la sua giubilazione in nome dello spettacolo. Udine ha deciso un cambio di pelle, che esige tempo e lavoro. Certo: il diritto di critica è patrimonio di tutti, ognuno ha una propria opinione formata con cuore ed esperienza. Certe volte, però, andrebbe moderata esprimendola con la seconda frase che viene in mente… Se la prima è ricca di offese personali a chi magari non rende, ma del quale non conosciamo stato d’animo, pensieri, dubbi, incertezze ed insicurezze.

È Natale: siate umani.

E sia un buon Natale anche per Voi. E per noi, che il panettone non lo possiamo mangiare non per esonero, ma per ragioni glicemiche.

A meno che il direttore Pontoni se ne esca con ‘ringraziamo canciani per l’impegno e gli auguriamo le migliori fortune in futuro…".

Sezione: Primo Piano / Data: Lun 24 dicembre 2018 alle 10:24
Autore: Franco Canciani
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