Lo dico subito: a Verona mancavano Poletti e Hasbrouck. Come, peraltro, l’urlatore che ha commentato la gara assieme a Lord Frates (che di basket ci capisce per cui non alza la voce) ha sottolineato fino allo spasimo.
Faccio i complimenti alla Tezenis, che alla fine della fase-orologio non sarà di certo in questa posizione di classifica. Troppo chiaro il tasso di classe ed agonismo dei gialloblu di coach Diana.
Era abbastanza chiaro il copione: Verona che parte forte perché, ormai da tempo, chiude in calo. E le rotazioni limitate sono solo una parziale scusante: quando Udine ha iniziato a difendere seriamente i ragazzi di casa hanno trovato solo canestri estemporanei, magate di Rosselli (fortissimo, ma oggi piange lui) e triple di Severini, che esulta un sacco ma alla fine no. Diana deve trovare soluzioni più ragionate contro la difesa schierata, perché non sempre si può vivere di magate, di triple, di esultanze.
Udine applica, dopo un primo quarto che riporta a brutti ricordi, la teoria della resilienza tanto cara ad un influencer romagnolo. Lo dicono i punteggi parziali: 8-18, 16-12, 23-19, 23-19. Quando a Verona si va a vincere tre quarti su quattro, significa essere (oggi) più forti dell’avversaria.
Udine vince perché se Verona sta male, in bianconero non si balla la rumba: Antonutti menomato, Nobile appena rientrato, Fabi che si barcamena fra schiena infortunata e ginocchio sotto trattamento. E parlo solo dei casi più eclatanti: mi spiace che il cronista di cui sopra non abbia mai menzionato la situazione sanitaria udinese. Forse, e un po’ mi spiace, la sua narrazione sarebbe stata completa con Poletti che trascina l’adduttore infortunato ad esultare con i compagni alla fine della gara. Scusate il disturbo.
Scherzo, ovviamente: e non mi interessa nemmeno sottolineare che Cromer si è perso Severini tre volte, nel quarto decisivo, concedendo all’avversario tre triple aperte. Parlo della squadra.
Udine vince perché si sta facendo squadra; perché il maestro, coach Ale, ha battuto l’allievo, coach Diana; il quale disegna un ‘all-in’ finale, un uno-contro-cinque con Love protagonista. Peccato per lui avere sottovalutato il fatto che a Udine ormai l’equilibrio è stato cambiato: e dopo la difesa di Nobile su Tre Demps a San Severo, arriva il ringhio bianconero di Gazzotti, il quale non concede all’americano spazio sulla mattonella favorita: Love palleggia, shakera, cerca un pertugio e alla fine spara (male) l’AveMaria’ che vale i due punti per l’A.P.U.
Oggi anche i più realisti e severi censori dell’OWW non possono che constatare come i bianconeri, dopo il 14-28, non abbiano permesso a Verona di volare via sulle ali dell’entusiasmo: prima Antonutti ed un tap-in vitale nel primo quarto, oltre ad alcune folate ed una difesa intensa anziché no; poi Amato, un supergiocatore, e soprattutto Nobile Vittorio da Basiliano; a macchia di leopardo Zilli e Beverly che hanno lottato sotto le plance contro Mattia Udom e Candussi, il quale oggi solleva poco spesso le braccia da albatro ad esultare (zero triple).
Anche Fabi, non nella migliore condizione, trova una tripla fuori equilibrio che ci tiene in scia quando si stava rischiando di fare andare via Verona nel terzo periodo (si era 34-41).
E Cromer? Detto della difesa (rivedibile), indubbio il talento offensivo che, in una giornata dalle percentuali basse, duella con quello di Love concedendogli una tripla in faccia a Severini ed alcuni ‘step-back’ di straordinaria fattura.
In una giornata dove si prendono meno rimbalzi dell’avversaria (statistica figlia di un 6-18 del primo quarto), balza all’occhio il saldo positivo fra palle recuperate e perse (+1; Verona -7). Ciò dice che quando l’OWW ha alzato gli scudi e costretto Verona a sbucciarsi le ginocchia e guadagnarsi ogni canestro dopo l’inizio, al solito, con palcoscenico concesso all’avversaria, per la Tezenis è stata durissima trovare punti. Esattamente come per le tre precedenti avversarie, giudicate test non attendibili dai commentatori.
Lo è stata Verona, però.
E adesso? Adesso niente, come ha giustamente sottolineato l’Olimpico Amato.
Udine deve continuare a lavorare, a cercare di stare meglio, ad allenarsi. Domenica al Carnera arriva l’Urania di Raivio e Benevelli, che stasera ha perso a domicilio contro la sorpresa Mantova di un eccezionale Rotnei Clarke: il quale sa fare bene una sola cosa (tirare), e si vede. Eccome, se si vede.
L’A.P.U. si tiene nel gruppo delle terze, ed attende di sapere i risultati di Ravenna e Ferrara che giocano contro, di Forlì (facile in casa contro Orzi) e di Casalpusterlengo (ospita Montegranaro). Con grande serenità, dopo aver risistemato i conti con Verona (fermo restando il saldo negativo di punti dopo il -14 dell’andata).
Brava, Udine; complimenti a Verona. Per una volta li faccio ad un’avversaria battuta. E non una qualsiasi. Speriamo, per il bene del nostro sport, che coach Diana (1-3 l’inizio della sua avventura scaligera) non si disunisca. Ritrovare Hasbrouck potrà di certo risistemare le cose.
Ultimo, piccolo appunto: non mi fa piacere, e lo dico con tutta sincerità, vedere Trieste nelle condizioni manifestate a Trento. Tre punti (una sola azione) realizzata nel primo quarto, 53 totali (80 della Dolomiti), l’impressione di una formazione in cerca di sé stessa.
Hanno appena ‘firmato’ Washington, ex Torino, ma credo che più di tutto serva una certa serenità societaria. A Trento hanno perso, forse per la prima volta, l’appoggio della tifoseria che si è espressa in maniera poco oxfordiana verso i giocatori.
Io credo il roster debba dare di più; credo il presidente debba continuare a metterci la faccia, e che i supporter debbano stare vicini alla squadra. Il derby che sogno si deve disputare in A1, non nella seconda lega.
Non mollate, cuginastri.
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