Ha ragione però Martelossi nel dopo-gara: a Piacenza bisogna andare col rispetto dovuto all’avversaria, al campionato ed a chi si sbatte per il progetto: in campo e fuori.
Oggi contro Forlì la GSA guadagna quasi sicuramente il quinto posto: Udine dovrebbe perderle tutte, e i biancorossi invece fare sei punti, per poter perdere questa ultima posizione di rilievo in vista della griglia playoff.
Una gara nervosissima, che inizia con un primo quarto senza difese (25 punti per parte) per poi diventare combattuta e sfilacciata. L’A.P.U. conduce praticamente sempre, ma fa fatica a scrollarsi di dosso l’avversaria. Il problema? Al solito l’incapacità di tenere la testa nel match per tutti i 40’.
Però oggi Forlì non avrebbe meritato di vincerla: sprecona in attacco (al netto degli scudi difensivi alzati da Udine negli ultimi tre quarti), sfrutta l’iniezione di energia giunta con coach Nicola ma ha poco da Johnson e da troppi degli altri giocatori. La brutta serata forlivese è nei numeri di Marini, sette punti e mai decisivo.
Forlì poi difende in maniera esasperatamente dura: spesso i tre modesti fischietti sorvolano, troppi però i falli commessi cercando di sporcare le spaziature friulane: ne fanno le spese Lawson (inspiegabile quinto fallo su una tripla realizzata da Trevis) e DiLiegro, che insegue Penna a centrocampo, commette ripetute infrazioni, si vede sanzionato a sua volta il fallo decisivo e protesta. Non è della stessa opinione coach Marcelo, che lo accoglie in panca sgranando verso di lui il rosario sanfesino.
Tra gli ospiti monumentale (al solito) Giachetti, positivo in attacco Lawson (meno in difesa) ma, come detto, dagli altri arriva troppo poco. La GSA trova il Simpson dei giorni felici: smazza assist, gestisce il gioco, tiene a galla i nostri in un’alba della partita ‘run’n’gun’; rifiata nel secondo periodo, poi riprende a mettere triple decisive a frustrare tutti i tentativi di rientro dei biancorossi. In difesa gioca bene sulle guardie ospiti, se il solo Giachetti fa male nell’area dipinta.
Accanto a lui abbiamo avuto il piacere di conoscere dal vivo le doti di Ale Amici: energia, entusiasmo, classe e sfrontatezza, condite da qualche palla forzata e buttata ma, tutto sommato, ci sta. Emblematica l’azione, nella ripresa, in cui marca duro Lawson sfruttando tutto il jordaniano ‘trash talking’: fa sbagliare l’americano, prende il rimbalzo, lo guarda beffardo. Ale è così: prendere, incluse un paio di triple ignorantissime e pesantissime realizzate, o lasciare. Io? Prendo.
E Nikolic? Quindici punti, due schiacciatone, tanta fisicità: è il simbolo, giovane, di una squadra giustamente ambiziosa.
L’intera squadra, apparsa a tratti preda delle proprie amnesie, si è però aiutata ed ha giocato da gruppo; i bianconeri si sono sbucciati le ginocchia, non hanno mollato un centimetro anche quando hanno smesso di cercare giocate semplici in attacco.
Tre gare alla fine della regular season, poi sapremo il nostro destino. Finisse oggi, ad Udine toccherebbe di nuovo Casale, sesta nel girone Ovest e molto cambiata rispetto a quella della scorsa stagione. Prematuro parlarne, dato che ad occidente ci sono sei squadre in quattro punti, in lotta per gli ultimi quattro posti validi. Vedremo.
Domenica Udine viaggia verso casa della pericolante Bakery di coach Di Carlo; raggiunta, oggi, da Cento che infrange una serie infinita di sconfitte consecutive espugnando Mantova.
Piccola annotazione: onore a Jesi, che si dibatte in seri problemi societari ma continua con dignità a lottare ed oggi ha conquistato il campo, insidioso, di Imola.
Lascio stare i cori che le due curve si sono scambiati. Capisco le radici del tifo, accetto l’ironico striscione che rammentava vicende aeree andate a finire non benissimo. Il resto è dimenticabile.
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