Era nell’aria. Nonostante tutti pensassimo che arrivati a questo punto si sarebbe rinforzata (per quando possibile) la squadra e mantenuta la guida tecnica, c’erano segnali che indicavano come la convivenza fosse divenuta, letta a posteriori, ormai impossibile.
La stessa frase finale della dichiarazione del Pres Pedone al tramonto della brutta sconfitta di Mantova, ‘non è più tempo di rimandare’ era presaga di decisioni drastiche: così è stato.
Demis Cavina è stato sollevato dall’incarico di head coach della formazione udinese. Ho letto molti commenti soddisfatti, qualcuno preoccupato; io dico che umanamente mi spiace, comprendo la scelta ‘aziendale’ ma un allenatore che viene rispedito al mittente in corso d’opera è sempre, e comunque, una sconfitta. Di tutti.
Al suo posto l’enfant du pays Alberto Martelossi, cinquantaduenne udinese che diresse la Nuova Pallacanestro (ultima dell’epoca Paniccia) in serie B, nel 1998. Si arrivò ai quarti di playoff promozione, dopo una stagione da 50% di vittorie, ma i Bears di Mestre ci sbatterono fuori senza tanti complimenti, in due gare e una trentina di punti totali di scarto. Acquisiti i diritti di Vicenza promossa in cadetteria, l’anno dopo arrivò Boniciolli e fu subito A1 con l’epica sfida Smith-Li Vecchi.
Perché tutto ciò è successo? Non lo so.
Posso solo mettere giù le mie sensazioni.
Coach Demis è un profondo conoscitore della pallalcesto; in palestra è preciso, meticoloso, quasi maniacale alla ricerca della perfezione negli schemi, nelle applicazioni dei pick’n’roll, dei post-up o dei pick’n’pop.
Quindi?
Quindi un allenatore alle volte dev’essere un papà, un fratello, un amico, masticando amaro ma non facendo troppo pesare gli errori ed i limiti dei suoi giocatori.
Solo questo ‘rimprovero’ a coach Demis: uno snaiderino, un bravo coach, una persona onesta che si è trovata, forse, a lavorare con un gruppo che forse non sempre si è saputo cucire attorno alla sua lavagnetta.
Paga lui, perché in fondo, se le cose non vanno, è giusto così: anzi, ‘giusto’ non è la parola corretta. Perché è d’uso fare così, nel basket come nel calcio o in qualsiasi altro sport.
Auguro a Cavina buon lavoro; lo faccio con il cuore, perché penso, sento che andarsene sia stata la cosa migliore anche per lui. L’ho visto scurirsi, incupirsi, a volte isolarsi e (ma qui è nulla più di una sensazione) chiudere troppo spesso la porta a chi, probabilmente, gli avrebbe potuto dare una mano.
Arriva Martelossi: Martello, uno di noi. Arrivati a questo punto serviva qualcuno che potesse normalizzare e tranquillizzare. No: non sto dicendo che Alberto sia meno bravo di Demis; dico solo che il suo profilo caratteriale è molto diverso da quello del suo predecessore.
Ormai, come dicevamo domenica sera, le prime tre posizioni sono quasi andate; Udine deve vincerne più possibile per arrivare vicina a quella quarta piazza che significherebbe una discreta prevalenza di fattore campo in sede di post season. Nel frattempo sì: se qualche giocatore interessante venisse proposto a Micalich, ci si potrà rinforzare. Oggi in giro ci sono molti esuberi; qualche figura in uscita (Abdel Fall da Roma, ad esempio) ma non credo che alcuna di queste sia veramente necessaria a completare il roster bianconero. Molto più importante sarà rimotivare alcuni giocatori che stanno disputando un campionato inferiore alle attese (Cortese) o attraversando un’involuzione a questo punto decisiva per la carriera.
Esempio? Ciccio Pellegrino. Credo sia un potenziale gran centro, ma ha bisogno probabilmente di uno stimolo diverso da quelli ricevuti sinora. Sono negato per il coaching, ma con persone come lui agirei sulla molla dell’autostima, dote che spesso gli manca. Gli direi ‘xxx Ciccio, sei grande e grosso… schiaccia!’ prima ancora che correggerne eventuali sbavature tecniche. Con alcuni amici, rimembrando l’epoca delle nostre scorribande sul parquet, abbiamo convenuto che forse il siciliano sia troppo spesso troppo ‘buono’; avrebbe forse dovuto giocare qualche partita delle nostre, sui campi caldi della zona, dove non saprei dire se facessero più male le ingiurie dagli spalti o le lecche ricevute in campo. Ovviamente lontane da occhi (arbitrali) indiscreti.
Vedremo come andrà; alle 16:30 andremo ad accogliere il nuovo coach, perché dalle 16:30 sarà il nostro coach. Guai, però, illudersi che cacciare coach Demis sia stata la risoluzione a tutti i problemi (mentali prima che fisici) che affliggono la GSA, ancorata ad un deludente 10-7 in campionato.
E non ci sarà tempo per rilassarsi: Martelossi avrà il battesimo del fuoco in bianconero sul caliente parquet di Porto San Giorgio, ove lo attende l’esperto collega Cesare Pancotto. E tre giorni più tardi la capolista Effe al Carnera, nell’esordio casalingo di Martello.
Buona carriera, coach Demis. Benvenuto, coach Martello.
Per crederci sempre. La quale cosa, peraltro, è gratis.
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