Ecco la seconda parte dell'intervista rilasciata da mister Massimo Oddo ai microfoni Udinese TV, si parla della seconda metà della sua carriera da calciatore.
Dopo il Verona arrivò la Lazio: “Io fui l’ultimo acquisto dell’era Cragnotti e sono uno dei pochi giocatori passati dall’era Cragnotti a quella Lotito, per questo motivo probabilmente sono rimasto molto nel cuore del tifoso laziale. Fa molto piacere perché ti ricordano bene come calciatore, ma anche e soprattutto come uomo. Alla Lazio alla fine vinsi solo una Coppa Italia, ma ho chiuso là con la fascia da capitano e questo vuol dire che ho inciso molto sulla squadra e sulla società”.
Lazio che visse un momento di difficoltà in quegli anni: “Ho indossato la fascia di capitano perché non era rimasto più nessuno (ride ndr). Comunque quando sei capitano di una società in un momento di difficoltà è motivo d’orgoglio perché vuol dire che sei molto importante e ti fa prendere le tue responsabilità”.
Nel mezzo, la maglia della Nazionale e la Coppa del Mondo: “Il sogno di tutti i bambini è quello di indossare la maglia azzurra, ho potuto vestirla tante volte, partecipando a due competizioni internazionali e vincendo il Mondiale. Io feci solo una partita, ma la vittoria di quel Mondiale fu di gruppo. Per vincere una competizione così importante devi avere mezzi tecnici di spessore e l’Italia li aveva. C’erano squadre più forti, ma fece la differenza il gruppo, senza non avremmo mai vinto il Mondiale. Per quello lo sento tanto mio pur avendo giocato poco, tutti hanno dato un contributo importante, dai giocatori allo staff”.
Oddo ha fatto recentemente parlare di sè perchè ha detto che la vittoria del 2006 ha insegnato poco all'Italia, il mister spiega quelle parole: “Il lato importante di una persona è quello di non fingere mai quello che non si è, io da ragazzo ero spiritoso e giocherellone e lo sono rimasto, poi chiaramente ci sono i momenti di gioia e di massima serietà. Quando scendi in campo o ti alleni devi essere concentrato al 100%. Quello dei Mondiali fu un periodo un po’ buio per altre Nazionali, tipo la Germania. Quando vinci impari poco, non c’è il pensiero che tu possa migliorare, con quelle dichiarazioni io però non mi riferivo alla forza, mi riferivo alla struttura del calcio italiano, alla base, non alla squadra. Nella parte di monetizzazione delle società, delle infrastrutture, etc… in campo le Nazioniali che erano in difficoltà sono migliorate, hanno cambiato un calcio che era considerato obsoleto e si vedono ora i risultati. Ora è la Serie A ad essere obsoleta, ma non a livello di bellezza del gioco, ma per quanto riguarda tutto il contorno. La vittoria di quel Mondiale non ci ha fatto gurdare avanti”.
Si parla molto delle seconde squadre come soluzione per ridare linfa ai settori giovanili: “Io sono d’accordo con le seconde sqaudre, i campionati giovanili adesso sono vissuti dalle società con la voglia di vincere i campionati Allievi, etc.. che secondo me conta meno di zero, dovrebbe essere la crescita il focus. I due obiettivi si perseguono in due modi diversi, se vuoi vincere devi mantenere certi giocatori nella categoria, mentre invece, se vuoi far crescere il ragazzo per avvicinarlo alla Prima Squadra, dovrebbe allora giocare nelle seconde squadre dopo un anno solo di Primavera, con giocatori più grandi e che ti fanno crescere sia come calciatore che come uomo”.
Il ritorno al Milan, dove tutto era iniziato: “A un anno dalla scadenza del contratto con la Lazio e alla soglia dei trentun’anni ci fu il trasferimento al Milan, per loro grande voglia e necessità di avere un giocatore in quel ruolo. Sei mesi prima avevo vinto il Mondiale, poi con i rossoneri ho vinto tutto quello che rimaneva da vincere, ovviamente ringrazierò sempre la società per l’occasione che mi ha concesso. Probabilmente la cessione da parte del Milan quando ero giovane ha fatto scattare in me un po’ un moto d’orgoglio, avevo voglia di dimostrargli che avevano sbagliato e alla fine quindi mi ripresero al triplo dell’incasso fatto negli anni precedenti”.
Oddo con il Milan ha potuto sollevare anche la Champions: “Quella della Champions è stata una vittoria molto sentita. Ho giocato tutte le partite precedenti alla finale col Liverpool, poi ovviamente per i miei compagni era una rivincita, vista la sconfitta di Istanbul, io nel 2005 non c'ero invece. È stato il compimento di un percorso che mi ha portato a vincere il più importante trofeo a livello di club”.
Un anno anche in Germania, al Bayern Monaco: “Quella al Bayern è stata un’esperienza fantastica perché ho vissuto qualcosa di diverso, è stata utile per la mia formazione umana e un’esperienza professionale molto molto bella. Quell’anno sono stato anche sfortunato, il Bayern avrebbe voluto prolungare il rapporto dopo il prestito dal Milan, ma poi mi feci male e quindi tornai a casa”.
Ultimi anni al Milan dove Oddo giocò meno di prima: “Avevo 34 anni, l’età si faceva sentire, c’è un ricambio generazionale. Ritornato dal Bayern giocai con continuità al Milan, poi l’ultimo anno feci poche presenze, ma comunque determinanti per lo Scudetto. Questo a dimostrazione che in una rosa tutti possono essere importanti, anche chi gioca meno può essere decisivo per raggiungere l'obiettivo finale. L’ultimo anno avevo ancora voglia di giocare, anche se non potevo più giocare a certi livelli e ho scelto di andare a chiudere la carriera altrove”
La chiusura della carriera a Lecce, con Muriel e Cuadrado: “Di Lecce ho un bel ricordo, a parte la retrocessione. Quell’anno partimmo malissimo, il girone di ritorno invece fu strepitoso, ma non bastò, ma alla fine è andata bene anche così, ci sono le vittorie e le sconfitte”:
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