Erano “tutti tenuti all’uso del defibrillatore”. E, se fosse stato usato nei primi tre minuti dei soccorsi, il cuore di Piermario Morosini avrebbe avuto tra “il 60 e il 70 per cento” di possibilità di riprendere il ritmo cardiaco. Invece quel pomeriggio, durante Pescara-Livorno, andò diversamente. I tre medici che soccorsero il 26enne calciatore del Livorno in arresto cardiaco non ritennero opportuno usare il defibrillatore e il cuore del centrocampista si fermò per sempre.

È quanto sostiene il giudice monocratico del tribunale di Pescara Laura D’Arcangelo nelle motivazioni della condanna emessa a settembre nei confronti del medico del 118 Vito Molfese (un anno) e dei medici sociali delle due squadre Manlio Porcellini ed Ernesto Sabatini (8 mesi a entrambi). Il 14 aprile di quattro anni fa, dopo una disperata corsa in ambulanza, Morosini smise di respirare e morì nell’ospedale della città adriatica in seguito all’arresto cardiaco dovuto ad una cardiomiopatia aritmogena. Un decesso che, sostiene il giudice, poteva essere scongiurato se Porcellini e Sabatini, i primi a intervenire, oppure Molfese, giunto in campo dopo due minuti e 40 secondi perché l’ambulanza del 118 venne rallentata dalla presenza di una vettura della polizia municipale davanti all’ingresso, avessero usato il defibrillatore.

“Tutti i medici che hanno collaborato e si sono avvicendati nei soccorsi a Morosini erano tenuti all’uso del defibrillatore”, scrive D’Arcangelo nelle quaranta pagine di motivazioni della sentenza. Accertato che lo strumento era presente sul campo, “posizionato esattamente accanto alla testa” del calciatore, secondo il giudice, “poiché il Dae (nome tecnico del defibrillatore, nda) è uno strumento di facilissimo utilizzo, è del tutto evidente come il suo utilizzo debba essere parte del necessario bagaglio professionale di qualsiasi medico, anche non specialista”. E tutti i dottori, tra l’altro, “non potevano non avere visto” che il Dae era proprio accanto a Morosini, quindi “avrebbero dovuto, una volta effettuate le manovre prodromiche, procedere alla defibrillazione”. Nessuno dei tre escluso, come invece aveva prospettato il pm Gennaro Varone chiedendo l’assoluzione per Sabatini e Porcellini perché il fatto “non costituisce reato”.

Sezione: Notizie / Data: Gio 15 dicembre 2016 alle 13:00
Autore: Redazione TuttoUdinese
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