Da bomber di razza ad "empresario" nel mondo dell'edilizia, diviso tra il Brasile e l'Italia ma sempre con quel carattere solare che ha conquistato i tifosi di Udinese e Parma. Marcio Amoroso (all'anagrafe Márcio Amoroso dos Santos) è stato un grande protagonista del campionato di serie A negli anni Novanta fino ai primi del Duemila prima di emigrare in Germania e poi tornare per una breve esperienza al Milan. Nel suo curriculum un titolo di capocannoniere nella stagione 1998-99 con la maglia dell'Udinese, un clamoroso terzo posto dietro a Juventus e Inter nel 1997-1998 che valeva uno scudetto per i friulani e una supercoppa italiana con i colori del Parma. A Udine lo amano ancora come un "figlio" e lui, che ha il doppio passaporto brasiliano ed italiano, ricambia con un perentorio: "Io soi Furlan" (Io sono friulano ndr). Marcio oggi ha quarant'anni e vive in Brasile. "Ho investito nella ditta familiare e facciamo case", dice a Tiscali Sport. Ma il calcio non è uscito dalla sua vita: suo filgio Giovanni gioca nelle giovanili dell'Udinese ed in Brasile è il vicepresidente del club di calcetto Pulo do Gato Futsal. "Abbiamo un progetto che parte dagli 'under 9' fino agli 'under 17' e una 'prima squadra' che gioca nella Liga Paulista di Futsal - spiega il campione -. E' un progetto sociale, ma siamo riusciti a portare qualche talento nelle squadre più importanti del calcio brasiliano. Il Futsal é molto importante per i giovani brasiliani perché riescono a lavorare su tecnica, abilità e mobilità. Quando che poi vanno a giocare nel campo in erba, diventa molto più facile uscire dagli spazi ridotti". E l'Italia? "Non torno spesso perché abbiamo una nuova diva in casa che si chiama Isabela e ha 11 mesi. Ma presto sarò a Udine per fare visita a mio figlio Giovanni".
Facciamo un passo indietro: Udine e l'Udinese.
"Io soi Furlan. Sono molto legato a questa città e alla sua gente. Ho sangue 'furlan' nella mia famiglia, il mio primogenito Giovanni é nato a Udine nel 1997. A Udine mi sento a casa. Ho un grandissimo rapporto con la famiglia Pozzo, che mi ha sempre trattato come un figlio. E poi Franco Causio, che mi è sempre stato vicino. Adesso la società ha in mano Giovanni Amoroso classe '97 e a breve avrà Matteo Amoroso classe 2003. Udin casa mia".

Ricorda il suo arrivo in Friuli?
"E come potrei dimenticarlo? Arrivai insieme al mio grandissimo idolo e amico Zico. C'erano settemila tifosi in Piazza San Giacomo, una grandissima festa. Lì è nato un grandissimo rapporto con Michele De Sabata e Alessandro Scarbolo. Quando Zico ha preso il microfono in mano e ha detto a tutti che io avrei regalato tantissima gioia a questa città, in pochi gli credettero. Ma Zico aveva ragione, così come Gino Pozzo, che mi aveva visto giocare in Brasile. Gino è bravo come pochi a scoprire chi può vestire la mitica maglia bianconera".

La miglior partita con l'Udinese?
"Senza dubbio la partita contro il Parma in un posticipo serale della stagione 1998-1999. E' la partita che ha cambiato la mia vita. Forse non dovevo segnare quel gol, perché sarei andato via da Udine. Avrei vestito per tutta la mia vita la maglia bianconera. Mi consola il fatto che con quel gol realizzato al 44° minuto del secondo tempo, ho aiutato l'Udinese a crescere nel mondo del calcio".

Il compagno di squadra al quale è stato più legato.
"Sono tantissimi e quindi fare un nome e dimenticare tutti gli altri, non sarebbe una bella cosa. Però parlerò di un uomo che, non solo per me ma per tutti i miei compagni di quello anno, é stato fondamentale: il 'Capitano' Alessandro Calori. Mi ripeteva sempre che avevo le qualità per arrivare dovunque, bastava solo fare il vero Amoroso e dimenticare di copiare gli altri, soprattuto Ronaldo".

Il suo più grande rimpianto calcistico?
"Non poter disputare un Mondiale con la Seleçao. Il 2002 era il mio anno".

E' vero che rifiutò Roma e Inter?
"Roma e Inter mi cercarono, però non arrivò mai una proposta vera. Parlai per telefono con Moratti, mi voleva veder giocare al fianco di Ronaldo. Ma il Parma arrivò prima".
 

Sezione: Notizie / Data: Sab 07 marzo 2015 alle 12:00
Autore: Stefano Pontoni / Twitter: @PontoniStefano
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