Da settembre ha preso in mano le redini del settore giovanile dell'Udinese come responsabile tecnico. Un incarico che arriva al termine di un percorso triennale che lo ha visto occuparsi in prima persona dell'Academy friulana al Sud. Insomma, continua il feeling tra Cristoforo Barbato e il mondo giovanile bianconero, con una organizzazione interna tutta da perfezionare e rendere ancora più all'avanguardia, come rivela lui stesso ai microfoni di TuttoMercatoWeb. "E' stata una grande soddisfazione da un punto di vista personale e di questo devo ringraziare Massimiliano Ferrigno. Qui ho iniziato come responsabile dell'Academy prima per la Campania e poi per il Sud. E' stato un percorso lungo e fantastico, partito tre anni fa all'interno di una società prestigiosa come l'Udinese. Per me questo è motivo di orgoglio. In questi mesi ho lavorato molto, provando, nel contempo, a studiare per capire determinati meccanismi ed affinare le mie competenze. In questo mi ha supportato molto la struttura inerente alla segreteria dell'Udinese, soprattutto riguardo l'ambito amministrativo. Mi piace molto il fatto di potermi confrontare quotidianamente con tutti gli allenatori del vivaio, visto che mi sento ancora tale. Per me, questa si sta rivelando un'esperienza formativa perché è sempre bello andarsi a rapportare con realtà e strutture nuove".
Ripartire dai vivai: un mantra che si sente ripetere spesso in questa fase di crisi per il calcio italiano. "In questo momento c'è un vuoto generazionale preoccupante. In giro ci sono meno talenti anche se tanti buoni giocatori. Mancano i Baggio o i Zola, insomma quelli che possono spostare gli equilibri. E' chiaro che bisogna investire nella progettualità, quindi occorrono organizzazione e strutture. E poi è necessario modificare l'atteggiamento dei ragazzi: non può essere solo il mondo dello sport a ribaltare determinati fattori. Magari oggi i giovani non svolgono più quell'attività motoria che facevano 10-15 anni fa. Serve una discesa in campo dello Stato, che deve capire che non possono essere solo le società sportive professionistiche ad occuparsi di questo tipo di attività che invece va compiuta a 360° ed è fondamentale anche per l'aspetto psicologico del ragazzo. E poi bisogna tornare a trasmettere valori importanti. Invece vediamo che, in questo senso, c'è un vuoto pauroso. Questo gap dobbiamo colmarlo con la nostra etica perché, specialmente per quei ragazzi che vengono qui lasciando i loro affetti a chilometri di distanza, siamo noi la loro famiglia del momento. Una società sportiva, soprattutto professionistica, deve scommettere su questo. Non tutti potranno diventare calciatori ed è necessario che si recepisca questo concetto in un momento storico in cui certi messaggi contribuiscono a separare molti giovanissimi dalla realtà. E' fondamentale, insomma, formare da un punto di vista umano questi ragazzi che poi diventeranno degli uomini in grado di farsi valere in altri ambiti della società".
E' favorevole alla diminuizione dei club professionistici? "Un fatto è certo: se si deciderà di procedere a queste riforme, non si potrà aumentare il numero delle squadre che compongono il settore giovanile. Noi abbiamo rose di 23-24 giocatori, portando in panchina nove ragazzi. Organici così lunghi nei vivai non servono se poi si taglia in modo netto il roster delle società professionistiche. Aumenterà solo il numero dei disoccupati e dei delusi. Socialmente, questo stato di cose non è proponibile. E poi un tecnico deve lavorare più sui singoli che sulla tattica collettiva. Quindi credo che una rosa non debba essere composta da più di 18 giovani calciatori. Non possiamo scimmiottare le prime squadre che, peraltro, hanno un numero di competizioni elevatissimo. Con numeri ridotti, invece, aumenteranno qualità generale e intensità negli allenamenti. E tante situazioni saranno gestite meglio. Faccio un esempio: se io con l'Under 17 ho bisogno di una integrazione improvvisa perché ho una rosa di 18, cosa mi costerebbe andarli a pescare negli Under 16? Pochi mesi di differenza non sono decisivi. Nella nostra Under 16 sta giocando addirittura un 2003, Jacopo Fedrizzi. Ed è stato convocato in Nazionale".
Un primo bilancio delle vostre squadre? "Sono soddisfatto dall'attività di base. Ci sono tanti ragazzini interessanti e tecnici giovani che stanno lavorando molto bene. A noi interessa la crescita tecnica dei ragazzi e i nostri allenatori stanno curando ogni dettaglio in modo scrupoloso. Per noi determinati particolari, come il gesto tecnico o l'insegnamento della tattica individuale, sono fondamentali. Stiamo facendo un processo di formazione importante anche con le squadre del settore agonistico, con la finalità di un inserimento futuro dei migliori negli organici nazionali. L'obiettivo non è il risultato, ma la formazione. E, per raggiungerlo, abbiamo bisogno di competitività nelle gare. Per questo ci piace cimentarci in tornei fuori regione con squadre professionistiche, proprio per valutare che tipo di difficoltà hanno i nostri ragazzi per poi colmarne le eventuali lacune. Fortunatamente siamo l'Udinese e ci invitano sempre alle manifestazioni più prestigiose. Ci stiamo togliendo grandi soddisfazioni anche nei campionati nazionali. L'anno scorso in alcuni casi abbiamo raggiunto i play-off. Adesso vogliamo alzare il tiro e portare quanti più ragazzi possibile nel giro della Primavera per poi, a lungo termine, traghettarli in prima squadra. Quest'ultimo approdo rappresenta la vera mission del settore giovanile, al di là della vittoria dei campionati. E' un obiettivo ambizioso ma vogliamo conseguirlo. Nel giro delle Nazionali c'è Manuel Gasparini, un portiere 2002 che gioca titolare nella Primavera ed è convocato in prima squadra. Ciò significa che negli ultimi anni il vivaio dell'Udinese ha lavorato bene. Io vorrei contribuire ad allungare questo trend". Come? "Lavorando sodo. E magari adottando modelli virtuosi. Penso a Mino Favini, che è stato il vero dominus del settore giovanile dell'Atalanta. Nel calcio ci vorrebbero più persone come lui per migliorare il movimento. Un giorno mi farebbe piacere avere l'opportunità di conoscerlo personalmente perché di lui ho sempre condiviso spirito e teorie sulla crescita tecnica e comportamentale dei ragazzi. Ho trovato molti suoi pensieri innovativi e davvero degni di considerazione".
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