No, questo non è un articolo contro la società Udinese Calcio, bensì una serie di valutazioni sul sistema calcio che interessano il momento centrale della prossima stagione, cioè quello che stiamo vivendo in questi giorni. E' una valutazione di quanto fatto dalla società fino ad ora partendo dalle difficoltà oggettive nel fare una rivoluzione.

Partiamo dal nocciolo della questione: il campionato parte con il mercato ancora aperto. Come è possibile? Le prime due giornate saranno sotto la spada di Damocle delle trattative, degli umori dei giocatori, di mezze rivoluzioni. Quest’anno poi, anche complici Europei e difficoltà finanziarie di vari club, abbiamo notato un immobilismo che certo non aiuterà il tasso tecnico del campionato, un tempo il più bello del mondo. A farne le spese saranno principalmente gli allenatori, che hanno dovuto lavorare con un gruppo che varierà a giochi iniziati. Prendete le squadre neo promosse o le milanesi, quelle cioè che subiscono maggiormente instabilità o difficoltà di fare mercato. La mia umile impressione è che ci sarà un “sotto-mercato” (quello notoriamente dei giocatori di seconda fascia) che esploderà dal 20 agosto in poi. Per portare a regime le squadre occorrerà ancora quasi un mese e così molte squadre subiranno un handicap iniziale.

A maggior ragione, una sessione di mercato andrebbe fatta finire quando, più o meno, iniziano i ritiri. Un mese in meno pari pari. A cosa servono due mesi per contrattare? È forse un favore agli agenti (e di rimando a chi vende) che possono giocare sul fattore tempo per aumentare il prezzo degli assistiti? Mah… più semplicemente, sembra una scelta discutibile, di un sistema più attento ad un equilibrio feudale che all’innovazione e l’efficientamento di quello che già c’è. Come già avevo avuto modo di scrivere in editoriali invernali, vista la situazione è nel mercato di gennaio che si deve “anticipare” quello estivo. Questo al fine di una programmazione reale, vera. E l’Udinese?

L’Udinese viene da una mezza rivoluzione fatta in fretta e furia. Via Giaretta, via De Canio che già era succeduto a Colantuono; dentro Bonato e Iachini. Non c’è stata programmazione. Non poteva esserci: il tutto è avvenuto a mercato invernale chiuso. E così l’Udinese si ritrova, per l’ennesimo anno, dalla dipartita di Inler cioè, senza un regista di centrocampo. Noi lo chiamiamo regista, ma sappiamo benissimo che può essere un mediano, qualcuno comunque che abbia una visuale di gioco a 360°. Il tecnico col cappellino ha avanzato l’ipotesi di far giocare la squadra con un differente modulo, il 3421, che potrebbe eludere (ammesso e non concesso) la presenza di un centro nevralgico del gioco in posizione mediana. Sempre come avevo già scritto, molto dipenderà dalla permanenza di Badu, uomo forte, anche se poco dotato, di centrocampo; da affiancare a qualcuno che abbia più senso tattico difensivo (il ghanese ha il suo punto di forza negli inserimenti in velocità). E’ di oggi la notizia che l’Udinese, secondo la volontà di Gino Pozzo, avrebbe deciso di non privarsi del colored, che invece sembrava uno dei sicuri partenti. Con lui anche Widmer, l’uomo cross del girone di ritorno.

Sia chiaro, è una rivoluzione a metà quella operata dalla società. Una rivoluzione castrata dalla mancanza di tempo per programmare e dal troppo tempo concesso al mercato estivo per rendere appetibili determinati giocatori quando invece la squadra ha bisogno di certezze. Quindi? Quindi nessuno si faccia sogni di genere su eventuali annate Europee. La squadra è cambiata poco, ma di certo va riconosciuto uno sfoltimento non indifferente. Molto, forse troppo, dipenderà dalla conferma del grande potenziale dell’argentino De Paul. Ed altrettanto dipenderà dalla conferma, a questo punto, di Francesco Lodi. Varie amichevoli quest’estate hanno dimostrato che con lui la squadra rallenta il gioco, forse, ma è più compatta. Insomma, l’Udinese paga ancora colpe sue, di errata gestione tecnica, ma anche colpe di un sistema calcio poco efficiente. Le basi poste quest’estate però, fanno sperare in un’annata migliore dell’anno scorso. Tralasciando obiettivi scaramantici e prendendo come punto focale una salvezza conquistata costruendo gioco, possiamo porre le basi per le annate future. Nel calcio, a queste latitudini, non ci si inventa. Bisogna per forza programmare.

Sezione: Editoriale / Data: Ven 12 agosto 2016 alle 18:46
Autore: Giacomo Treppo
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