Io amo Davide Nicola.

Perché guardo come mette in campo la sua prima Udinese, ed è subito Paris latino; Fade to grey, I like Chopin o Mad desire.

Già: la sua doppia cerniera dietro, con i due esterni bloccati a far densità dietro assieme ai centrali; un centrocampo munito, due mezzepunte davanti a lottare con i modesti Jesus, Santon e compagnia difendente; insomma, una squadra operaia anni ’80 che irretisce la Roma, in una delle peggiori edizioni degli ultimi anni ed impoverita, colpevolmente, da un allenatore buono come il pane, spesso un po’ troppo d’accordo con la proprietà ma soprattutto incapace, in questa occasione, di leggere la partita cosa ricorda se non le formazioni provinciali di quarant’anni fa, quando Como, Avellino, Catania andavano a giocare contro Boniek, Falcao o Zico e si trinceravano dietro una Maginot fornitissima?

Perché tutto ciò? Perché Nicola non è un pirla: sa che la formazione che ha appena iniziato ad allenare è in preda ad un’evidente crisi d’identità, di personalità e di gioco. Non ha la propositività di don Julio (almeno in potenza), ma sa lottare e far lottare i suoi, abituato com’è ai campi polverosi e vischiosi del fondo classifica.

Dopo aver lasciato le penne ad Empoli pochi si sarebbero attesi tre punti dalla gara contro una delle principali formazioni italiane; invece Rodrigo mette dentro l’ennesima perla della sua positivissima stagione che i giallorossi non sapranno pareggiare; anzi, l’Udinese sfiora il raddoppio (punizione troppo severa) e Musso controlla, con calma, la situazione senza opporre miracoli né mostrare affanni.

Quindi?

Quindi niente. L’Udinese vince, ed in caso contrario si sarebbe trovata sola al terz’ultimo posto della classifica. Quindi Nicola, arpitano della Val Luserna, parla la lingua di Goscinny ed Uderzo mettendo nel sacco i legionari di DiFrancesco, senza nemmeno bisogno della pozione magica del druido Panoramix.

Lo so cosa state pensando: qualcuno lo ha anche scritto. Il nuovo allenatore porta la scossa, poi cala e si torna al triste, recente passato.

Potrebbe essere. Ma francamente me ne interesso il giusto, cioè poco. E qui vorrei aprire una parentesi.

Ognuno la può pensare come vuole: tifoso, amante del calcio, giornalisti cantori editorialisti: basta essere sinceri fino in fondo, con sé stessi e con l’uditorio, osteria o lettori che siano.

Sottolineare, oggi, le mancanze della società dopo una vittoria dicendo, mi ripeto, che sì si è vinto ma questo non cambia nulla, che la prossima la perdiamo, che, che, che…, significa solo una cosa: voler rendere pubblico il proprio anti-pozzismo, che potrebbe anche coincidere con l’amore per i colori ma non necessariamente.

Gli errori ci sono, altrimenti l’Udinese sarebbe a pari punti col Parma o la Viola e non con l’Empoli; errori sanciti con l’allontanamento di Julio, colpevole (secondo me) di aver avuto paura e non certo primo responsabile della situazione friulana; ma la vittoria contro la Roma ha un padre ed una madre, non è casuale ma tattica e strategica. Per una volta che lo possiamo dire, chi ci costringe a percuoterci le parti intime con un bottiglione di vino da due litri?

E non è vero che la Roma fosse la versione-B: mancava Manolas, ed è grave; per il resto era fuori Dzeko per scelta-Champions, subentrato nella ripresa, ma gli altri elementi possono giocare facilmente titolari, ad iniziare dal gioiellino Kluivert. A meno che non mi diciate che i capitolini hanno perso perché in porta non hanno schierato il signor Ikea (ebbene sì, mi rode ancora).

Mai una volta che, nel piccolo, si possa pensare in positivo senza lasciarsi andare a riflessioni di raggio troppo ampio! Mai una volta che ci si possa accomodare sulla morbida poltrona di una difesa che ha tenuto, di un portiere che al netto dell’errore di Genova appare una sicurezza assoluta (con buona pace di Simone Scuffet, troppo intelligente da non capire che Juan gli è superiore), di un ragazzo in panca che difenderò sempre e comunque perché, come dice l’incipit di queste righe, mi riporta indietro (ma ovviamente non solo per questo) ai più bei giorni della mia vita.

L’Udinese versione anni ’80 vince, lottando, contro un’avversaria superiore e questo mi tengo stretto; domenica a Sassuolo la controprova, cercando di imporsi su un’avversaria che gioca bene, è allenata bene ma dietro balla la rumba. Probabilmente lo schema di Nicola sarà diverso, probabilmente rientrerà Lasagna e vedremo se basteranno meno di trenta tiri per segnare.

Vedremo, poi, se questi tre punti ci projetteranno verso un futuro finalmente migliore oppure sarà la solita tritissima storia di panchine girevoli.

Noi, in ogni caso, ci saremo. Sempre.

Sezione: Primo Piano / Data: Lun 26 novembre 2018 alle 11:03
Autore: Franco Canciani
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