In fondo non ci voleva un genio. In fondo, forse, ci bastava un uomo normale.
Quattro in difesa; tre a centrocampo; tre davanti, con due ali che ripiegano in fase difensiva: l’Udinese incontra una squadra in forma, che nella ripresa schiera quattro punte ma soffre praticamente mai.
Era piuttosto ovvio: magari non al predecessore di Igor Tudor il quale non fa altro che equilibrare, lui sì!, la squadra sia dietro che davanti, aumentando (ovviamente) la pericolosità offensiva di una delle formazioni sinora più ‘stitiche’ del campionato.
È vero che nel primo tempo, sbloccata la partita con un’azione ‘alla mano’ dell’Udinese (dalla palla rubata da Pussetto, passaggi fra Okaka, De Paul e Fofana con rete del numero sette ), la Biancanera fatica tantissimo a trovare un gioco accettabile, lasciando campo ad un Genoa oggi non particolarmente brillante dalla cintola in su; a parte un tiraccio da trenta metri del solito Radovanovic (due reti negli ultimi anni di carriera, uno al Friuli ed uno contro l’Udinese al Bentegodi) ben deviato sopra la traversa dal bravissimo Musso, di occasioni ospiti non se ne vedono fino a quando Juan, sul 2-0 (raddoppio di cui parleremo più avanti) ed ormai al tramonto della gara, compie un doppio miracolo su Lapadula e Kouame. Roba da copertine di programmi sportivi d’antan.
Straordinario: come la rete di un Rolando Mandragora sino a quel momento non ispiratissimo: passaggio di Nacho, stop di petto del centrocampista e calcio al volo, di esterno mancino, a baciare l’angolo basso alla sinistra del portiere genoano.
L’Udinese vince e nel secondo tempo legittima il successo, mettendo in croce l’avversaria e, come detto, lasciando solo briciole alle tante punte schierate da Prandelli; vince perché ci mette la voglia mancata in precedenza, con la quale sopperisce a tanti punti deboli di una rosa non così scadente.
Migliori in campo Okaka e Pussetto, per distacco; rimango perplesso da uno Zeegelaar talmente rinunciatario da permettere a Pereira, laterale avversario, di rimanere costantemente in proiezione offensiva. De Paul va a corrente alternata, Sandro e Behrami confezionano una staffetta preziosissima; Fofana al solito è genio e sregolatezza; un abbraccio fortissimo all’amico Imma Badu, che ritrova il campo del Friuli dopo l’anno al Bursaspor e l’infortunio, grave, della scorsa estate.
So che la teoria delle porte scorrevoli non funziona, non cambia le cose: ma non posso non pensare ad un Velàzquez con Okaka sin dalla preparazione; ad un Nicola sostituito da Igor ben prima della doppia sconfitta di Torino e Napoli (o vogliamo pensare che siano state le otto reti subìte nelle due gare a costare la panca al piemontese?), quando era ormai asseverato che non fosse lui il prescelto per la prossima stagione; addirittura ad un Tudor confermato dopo la salvezza nel rush finale dell’anno passato, quando su quattro gare ne vinse due, pareggiò una, perdendo solo contro l’Inter.
È andata così: dopo le cinque vittorie di fila di Oddo è proprio il rendimento del mister dalmata a risultare il migliore. Questo a beneficio di chi è abituato a giudicare solo da freddi numeri, e forse ha ragione.
Io preferisco parlare di anime, ché di questo m’intendo di più: l’idea di gioco di Don Julio era la più intrigante; il bilico davanti alla porta di Nicola, anche per un amante del calcio anni ’80 come me, è inaccettabile. Igor è il primo che ha dato alla squadra bilanciamento, un minimo di consapevolezza, l’idea di difendersi ma potere anche fare male all’avversaria. Non credo ai miracoli, due allenamenti non cambiano le cose: ricordo solo che la prima gara di Nicola (contro la Roma) davanti fu schierato un falso nueve; oggi di offendenti, ripeto, ve n’erano tre.
Lo so: è preoccupante che per il secondo anno di fila ci vogliano tre allenatori per portare (quest’anno si spera!) a compimento l’operazione-salvezza: lasciano perplesse alcune scelte, come quella dell’ex-Crotone del quale ho sempre apprezzato l’essere uomo verticale, molto meno l’idea tattica rinunciataria in partenza, che ha fruttato anche più punti di quanti meritati.
Ma tant’è: lo dicevo proprio ieri. L’Udinese calcio S.p.a. deve ripartire da una programmazione seria, da un allenatore da difendere fino in fondo e un gruppo di giocatori in cui credere, che comprenda la prima squadra ma anche le giovanili.
L’assunzione di Pinzi mi sembra un’operazione ‘piaciona’: è anche il ritorno di un friulano vero ancorché d’adozione, in grado di indicare la via a chi, forse, non ha capito ancora dov’è capitato.
Intanto Tudor permette all’Udinese di agguantare tre punti importantissimi in una giornata nella quale le concorrenti (al netto dell’Empoli di Andreazzoli che perde di misura all’Allianz Arena) hanno un turno agevole. La S.P.A.L. in casa del quasi retrocesso Frosinone; il Bologna in casa contro un Sassuolo abbastanza tranquillo (anche se a 32 punti mancano a De Zerbi un paio di vittorie per la salvezza): insomma senza questi punti si sarebbe boccheggiato, ricadendo in uno psicodramma che l’Udinese non è in grado di affrontare.
Ho visto stasera il Milan giocare a Marassi, uscendone sconfitto per un errore clamoroso dopo trenta secondi. È vero: ha ragione chi dice che non sono le gare come quella di martedì dalle quali ci si aspettano punti salvezza; i rossoneri però, dopo un periodo straordinario, stanno pagando la delusione di un derby straperso e un Piatek che sta rifiatando (rimanendo l’uomo più pericoloso della squadra). Le dichiarazioni pre-gara di Gattuso (‘vuoterò il sacco fra due mesi e saprete il mio futuro’) danno la cifra di una situazione non serena, così come alcune decisioni tattiche del mister calabrese (Paquetà in panca per 70’). La distanza fra le due formazioni, però, rimane. Distanza tecnica: non tattica, come abbiamo visto all’andata.
Già, ricordiamocela quella gara: Nuytinck che entra e si fa espellere; Opoku che perde palla come un dilettante, Romagnoli che scambia palla in area due volte prima di segnare; l’assistente che ravvisa un inesistente fuorigioco, il VAR che convalida.
Fossi in Tudor non cambierei l’atteggiamento, sostituendo solo i calciatori squalificati (Sandro, a esempio). Di come affrontare il Milan parleremo lunedì in radio e con i nostri pezzi, oggi è prematuro.
Prematuro: come dire che l’Udinese è ritornata. Di certo in campo ho visto voglia di lottare, giocatori che si aiutavano, tanti errori in fase di passaggio ma un salice non diventa un pino solo cambiando il giardiniere.
A Milano senza paura: la gara decisiva viene domenica prossima, ma pensarci di già sarebbe errore imperdonabile.
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