Non scrivo un rigo sullo spartito bianchenero da quando commentai la zampata di Barak nella triste trasferta scaligera. Quella dell’effettiva salvezza, raggiunta senza gloria al termine di una stagione devastante e chiusa definitivamente con l’amichevole vinta all’Arena contro il Bologna.

Nulla, nemmeno una parola. Anzi sì: pezzi scritti e mai pubblicati, chiodi roventi infilati nel polpaccio, nell’avvilizione di un’annata peggiore di quelle sofferte con uomini veri come Pianca, Ulivieri o Papais. Meno bravi, essi, del ‘dieci’ della scorsa stagione ma in grado di dare a questi ed ai suoi compagni una severa lezione di professionalità.

Nulla dura per sempre: anche il silenzio, specie per un grafomane come me.

Prima di ricominciare a scrivere, mi sono visto le gare amichevoli più importanti, quelle disputate a Klagenfurt.

E ho capito che ancora non si può dire granché. Tranne il fatto che servano uno (due?) difensori centrali buoni, ed una punta seria se Vizeu (ingiudicabile più dei compagni) non mostrerà un po’ più che mettersi spalle alla porta cercando di difendere palla, come neanche il meno riuscito Pampa Sosa.

Dei commenti di qualche ‘tifoso’ nemmeno vorrei parlarne: parlano da persone ferite, e qui li capisco; troppo spesso per partito preso e lì li capisco meno. Dove proprio non li condivido è quando ritengono che il mondo cògnito il quale non condivida il loro pensiero, sia formato da mangiapanini, sprovveduti servi della proprietà, incapaci di intendere e di volere. Così convinti di avere ragione?

E ancor peggio è convinto di aver ragione quel manìpolo di editorialisti che dopo quarantott’ore dall’inizio del ritiro già vaticinava la retrocessione, e solo ieri parlava di situazione critica.

Siamo seri, suvvia. Chi scrive ha il diritto di esprimere opinioni, ma il dovere di dire la verità. E i fatti, inoppugnabili, dicono che il signor Velàzquez (la cui scelta ha sorpreso e perplesso me per primo) è un giovane col culto del lavoro; un trainer tutto da scoprire, ma con un’idea di calcio che appare chiara, e ovviamente abbisogna di qualche tempo per essere assimilata. La quale idea, balsamica notizia!, non prevede il lancio lungo alla Danìlo: contro l’Hannover Nicolas, portiere che abusava del rinvio, è stato apertamente ripreso dal salmantino.

L’ex-capitano mi porta al secondo punto in questione: Daniele Pradé. Dopo secoli (Pierpaolo Marino, a occhio e croce) la dirigenza bianconera si affida ad un profilo di spessore assoluto; di provata esperienza, conoscenze e capacità. È ovvio, secondo me, che non ha iniziato a collaborare il 1 luglio come dice il suo contratto: voci mi danno per certo che alcuni affari conclusi in precedenza abbiano ricevuto la sua benedizione. E pronti-via, all’ennesimo mal di pancia espresso dal capitano brasiliano delle ultime stagioni, lo prende per l’orecchio e lo rispedisce a Udine: mentre i suoi compagni rimanevano a St. Veit, occhi affidabili lo avvistavano in una nota pizzeria udinese. Sic transit gloria sãobernardina: l’anno passato fece pendere l’ago della bilancia nello spogliatoio dalla parte del rosso spinto, quasi riuscendo nell’impresa di far retrocedere la sua squadra (lui in primis in qualità di capitano). È chiaro che fosse già al margine del progetto tecnico, ma vederlo allenare con Armenakas, Vutov, Mallé, Musavu-King e un’altra diecina di partenti dà la sensazione di una pagina che gira. Finalmente, e lo dico anche per lui. Frosinone? Chievo? Cagliari? Dove gli pare. Qui ha chiuso.

C’è chi fa un po’ di confusione fra senatori e leader. All’Udinese non servono trentacinquenni che guidino il gruppo svernandovi per le ultime cartucce della carriera (Maxi Lòpez): all’Udinese servono giocatori motivati, alcuni fra i quali abbiano innate doti di trascinamento. La fascia di capitano a Lasagna, un ragazzo che ha giocato in tutte le categorie del calcio nazionale partendo dalla terza categoria, ne aumenterà le prestazioni e lo responsabilizzerà. In rosa secondo me ci sono giocatori che, senza il pesante  cappello del vecchio capitano, possono prendersi spazi aiutando i compagni meno esperti a dare il massimo fra loro. Mandragora è un leader, e si comporta già da tale. Ah, già:  ‘è stato acquistato da una squadra retrocessa’. Errore: giocava nel Crotone, era di proprietò della Juventus. E volete il nome di un’altra figura acquistata da una formazione relegata in serie C (l’Ascoli)? Tale Oliver Bierhoff. Occhio ai giudizi sommari.

Nella squadra la qualità non manca, specie in mezzo. A me il triangolo liquido Barak-Fofana (Behrami)-Mandragora piace molto; ovvio come detto che Pradé debba fare un difensore centrale, essendo troppe le titubanze di Wague, essendo Heurtaux probabilmente in uscita e con Opoku un ragazzo di prospettiva, non ancora in grado di guidare la fase difensiva. E Fabio davanti? Offerta recapitata: sul serio. Adesso è tutto in mano allo stabiese, che deve decidere se tornare a casa subito o andare in scadenza di contratto e scegliere, a parametro zero, una destinazione il prossimo anno.

Paragrafo a parte per quello col dieci: qualcuno lo beatifica, imputando sempre ad altri la colpa dei suoi errori e di una palese mancanza di personalità. Quando gioca al calcio vale da solo il prezzo del biglietto. Per i restanti 88’ della gara perde più palle delle reti sbagliate da Calloni. È qui da due anni, questa sarebbe la terza stagione: ci faccia capire, se resta, di che pasta è fatto. Vuole andare a Firenze? Si aspetti molta meno pazienza della nostra. Due anni qui; venti minuti al Comunale viola. Ma si sbrighi: se vuole cambiare aria, dobbiamo trovare un’alternativa sul mercato. E no, Pradé (a ragione) non lo svende.

Tutto qui. Una squadra in costruzione, che indosserà maglie con lo scudetto ricamato. Finalmente.

Tutto qui:  quel che chiedo a sostenitori e colleghi è di esprimere idee con cui cresceremo tutti assieme. Il livore lasciatelo a casa: non vi fa onore.

Due note: la prima, che l’appello a boicottare gli abbonamenti è andato a vuoto. Giusto così: chi lo vuol fare lo fa, gli altri con una birra al bar se la vedono in tele. Oppure escono a far shopping con il compagno o la compagna. E le promozioni non c’entrano, sinora hanno rinnovato i vecchi abbonati.

 L’altra: mi sarebbe piaciuto sapere dove si è svolta la festa per la retrocessione che una pagina satirica aveva organizzato l’anno passato. Non salgo su alcun carro, non c’è alcun carro: io la scorsa stagione sono retrocesso. Io. Perché salvarsi così mi ha fatto l’effetto di una martellata sulla fibula. Pazienza, magari ditemi dove la fate il prossimo anno. Si scherza: perché il calcio dev’essere questo. Non prendetela, non prendiamoci troppo sul serio.

 

Sezione: Primo Piano / Data: Lun 06 agosto 2018 alle 13:54
Autore: Franco Canciani
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