E tu, Udinesecalcioessepià?
Al netto di qualche eccezione straordinaria sulla quale nemmeno intendo più tornare (l’amico Fabio, tanto per essere precisi), la Nazionale del diversamente simpatico Mancini sta vincendo le proprie scommesse.
Va bene, sono d’accordo: i buoni finnici e i sudditi del principato di Vaduz non sono testi del tutto attendibili, ma lo è stata la gara in Polonia. Quasi nessuno fra noi conosceva gente come Grifo e Piccini: il ventiseienne laterale del Valencia si è dimostrato invece perfettamente in grado di reggere il campo con padronanza e tranquillità. Per non parlare di Spinazzola, di Kean, di Zaniolo: insomma, pare proprio che il Mancio abbia trovato una nidiata buona, dopo anni di vacche magrissime.
Parliamo di club? Ecco l’insegnamento orobico. Partire dalle giovanili aiuta, sempre, a trovare soluzioni a termine medio, se non lungo; tutto nasce pescando calciatori in zona, per poi allargarsi al resto del mondo.
So che la nostra Biancanera ha creato un’Academy che lavora su tutta la penisola, ciò accoppiando ad uno scouting ormai proverbiale che dal mondo cògnito preleva(va?) futuri campioni.
La squadra che partecipa al campionato Primavera 1, però, sta rivaleggiando con il girone di ritorno di Massimo Oddo per quanto riguarda il numero di sconfitte consecutive.
Ha un bel parlare il tifoso medio, quando dopo un insuccesso bianconero inveisce sui social al grido di ‘mettete dentro quelli della Primavera!’: non vedo fra i giocatori della nostra giovanile talenti tali da poter essere inseriti immediatamente in prima squadra (tranne forse il portiere, a far da secondo. O terzo). Qualcuno spicca sugli altri, va bene, ma non in maniera da far prevedere un radiosissimo futuro.
In più si è anche esonerato il mister (Sassarini) senza ottenere alcun effetto positivo.
Parliamo ad esempio della nidiata di due anni fa, l’ultima a calcare decentemente il campo: di chi si sarebbe pensato potesse decollare fra i ‘pro’, all’infuori di Meret o Scuffet, si sono perse le tracce o quasi. Panagiotis Armenakas si è appena ufficialmente aggregato al Panathinaikos, dove gioca quasi mai; Nico Garmendìa appare svincolato; Pontisso è stato mandato a farsi le ossa a Vicenza; Dino Halilovic gioca in una squadra zagabrese, mentre Vincenzo Melissano è tornato in Puglia, nel Galatina.
Quasi tutti nati nel 1997 e 1998, come buona parte dell’Ajax che ha recentemente e violentemente espugnato il Bernabeu: non scomodo il talento, ma se degli ex-udinesi di cui sopra ne giocano in serie A quasi nessuno, mentre i loro pari età del nord-Europa hanno decine di presenze in patria e nelle coppe, si assevera l’incapacità italica di ‘smammonare’ i giocatori giovani lanciandoli senza paura.
Quando mi parlano di progetto (parola che fa infuriare sia i supporter che la società), di pianificazione, di visione globale il pensiero va subito ai giovani: quelli che, come me, lo sono di meno ricorderanno che nel 1981 a salvare la baracca ci pensò la ‘Primavera’ di Enzo Ferrari. Miano, Papais, Pradella, Manuel Gerolin furono buttati dentro all’esonero di Giagnoni; diretti proprio dal mister della formazione giovanile (che quell’anno divenne anche campione d’Italia, finale contro la Roma) riuscirono nell’impresa all’ultimissimo sospiro contro in Napoli secondo in rango.
Altri tempi? Sicuro. Ma secondo me non tutto quanto successo prima dell’era televisiva è da buttare.
Parlo a titolo personale: l’Udinese mi mostrerà il ‘progetto’ quando riuscirà (non ho detto che non ci stia provando, ma i risultati non danno ragione) a creare un network, partendo da quello locale e friulano, di squadre in cui far crescere e da cui selezionare i calciatori del futuro; quando in prima squadra e nelle giovanili si sceglierà una serie di insegnanti il calcio che possano dare continuità a chi, da una friulanissima ‘cantera’, dalla masìa sotto la bandiera patriarcale, riesca a spiccare il volo verso i massimi palcoscenici.
Ovvio: i più forti saranno ceduti, com’è sempre accaduto in passato: ma via Rossitto ecco Giannichedda; via costui dentro Fiore, più tardi Giampiero Pinzi: insomma lo schema funzionava perché alle cessioni si suppliva con ragazzi giovani, coraggiosi e integrati nel sistema in tempo reale.
Nulla accade dalla sera alla mattina: sono conscio che quanto sogno prenderà anni per essere realizzato. Ma non vedo altra possibilità di mantenere la categoria, stante la concorrenza spietata a colpi di milioni d’euro e lunghi contratti, nell’acquisizione dei più promettenti ragazzini sudamericani, europei, financo asiatici.
E dal 2022, o 2023, la serie A verrà ridotta a 18 squadre per permettere la disputa della nuova Champions, una Superlega celata in cui giocheranno le formazioni più titolate.
Pensiamo al presente: ovvio che la salvezza, da raggiungere con Tudor-II e il gruppo di giocatori che oggi Igor avrà per le mani, sia prioritaria; pensare però che un domani sia possibile senza mettere mano all’intero sistema, almeno per quanto possiamo dire accoccolati sulla specola della nostra torre eburnea (noli me tangere), è utopico. Direi irraggiungibile.
Coraggio, siam desti: si crei una Giovine Udinese.
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