La Lazio era, per questa Udinese, semplicemente ingiocabile; inutile cercare alibi, i bianchineri nella ripresa avanzano il baricentro solo perché i padroni di casa (come una brava fiorettista) li attirano fuori dalla propria metà campo e, di parata e risposta, stoccano due volte in maniera inequivocabile. Troppo severa? Forse, ma del tutto inequivocabile.

Chi pensava, ad inizio novembre, di averla scampata perché non si giocò era chiaramente ignaro delle qualità biancazzurre; stesso discorso per chi, di questi tempi, sospirava di sollievo al sapere Immobile out per infortunio. Errore da matita rossa: perché i rincalzi si chiamano Basta, Nani, Anderson; perché lì in mezzo giostrano due fra i migliori giocatori del nostro campionato, Leiva e Sergej (il cognome è troppo lungo).

Ho letto i soliti messaggi catastrofistici di tanti tifosi: li invito, ancora una volta, a vivere il calcio con l’occhio del bambino che certamente si dispiace per i propri colori violati, ma non può non farsi venire occhi luccicanti nel vedere una gara di calcio decisamente bella. Per loro informazione la Lazio ha il terzo attacco d’Europa, e noi dietro stiamo di nuovo ballando la rumba. Rientreranno Angella, Alì, Widmer, Behrami e vedrete che si rischierà di meno.

L’Udinese non ha giocato male: semplicemente era meno forte di un’avversaria che ha cinicamente sfruttato le debolezze friulane. È vero che la prima rete ce la siamo fatta da soli grazie a Communardo Samir (citazione per i più agés), ma ormai i padroni di casa ci avevano costretto sulla nostra trequarti campo, con la pressione avvolgente di un gioco che, di questi tempi, ha pochi eguali in Italia.

Andata: testa alla gara contro Ballardini ed i suoi rossoblu. Ovviamente complicata: incontreremo l’esatto antipodo rispetto agli aquilotti romani. Il Genoa gioca male, sporco, con pochissimo talento e quintali di grinta a centrocampo. Segna di rado (sedici reti), subisce meno dell’Udinese, insomma si prevede una gara tirata, brutta, in cui prevarrà chi commetterà un errore in meno.

Mi sembra prematuro lanciare discorsi su come la società stia o meno perdendo un altro anno, su chi debba essere defenestrato alla fine della stagione, quando ormai si sa che con questo organico più o meno inalterato si arriverà alla trentottesima giornata. L’acquisizione di Zampano è importante perché Francesco è un ottimo laterale; Coulibaly, al netto di una storia personale straordinaria (vorrò vedere quanti, se giocherà bene, lo incenseranno dopo aver mille volte sostenuto la miope idea dell’aiutiamoli a casa loro), porta muscoli ed energia ad un centrocampo nel quale, tolto il solito solido (ma poco più) Hallfredsson, Barak sta giustamente tirando il fiato (ma l’unico tiro in porta nel primo tempo dell’Olimpico è suo), Jankto non sta bene, Seko ci mette più del previsto a ritrovarsi e di Balic preferisco non parlare. Buono Larsen, che per tutto il primo tempo ha tenuto a bada un cavallo potentissimo come Lukaku. Stryger è un ottimo polivalente, bell’acquisto.

Per il resto tutto rimarrà così: sono stati spediti alcuni esuberi (Ewandro, Baijc, Aguirre, Matos) e specie davanti la fauna non pare del tutto confortante. Solo Lasagna (assente a Roma) timbra con regolarità, mentre Maxi e Perica fanno un sacco di fatica a concretizzare.

Tre cose a Roma proprio non mi sono andate giù.

La prima è vedere Danilo, uno che ha sposato questa maglia, correre ansante dietro ad Anderson come una vecchietta appena scippata dietro al ladruncolo in motorino. Lo dico non per sfotterlo, ma perché il dolore che mi ha provocato è profondo. Non se lo merita; nemmeno noi, peraltro.

Un’altra è la serie infinita di passaggi orizzontali sbagliati; neanche fra gli amatori si rischia così quando i compagni stanno salendo. Robe che se fossi Oddo li abbraccerei fortissimo (dopo averli sculacciati).

L’ultima, e mi ricollego al titolo, riguarda un mio pupillo che mi sta deludendo. A San Siro era stato il migliore in campo: si sta ritrovando, mi dissi, forse Delneri non lo aveva capito e adesso quel diéz finalmente fiorirà nel campione che stiamo aspettando; si sta ritrovando, mi dissi, e chiuderà la bocca ai valenciani che lo avevano etichettato come bidone.

Da lì in poi il buio o quasi.

Io lo aspetto ancora, perché in fondo sono un illuso: ma chi magnifica il miracolo di Strakosha non me la conta giusta: a tu per tu con l’albanese portiere laziale, RdP ha avuto tempo e spazio per posizionarsela bene, mirare, segnare. Invece ha solo fatto fare bella figura all’avversario. I suoi vessilliferi mi ammazzeranno (sportivamente parlando) dicendo che il suo ingresso ha portato verve all’Udinese: rispondo che quando un giocatore di qualità viene inserito in un momento agonistico come quello, deve fare la differenza. Punto.

Rodrigo Javier ha sbagliato; Felipe Anderson dopo una volata di quaranta metri ha mirato e colpito l’angolino basso alla sinistra di Bizzarri. Il resto è fuffa.

Ovvero, di attacco o difesa si voglia parlare, è semplicemente l’importanza di chiamarsi Felipe.

Sezione: Primo Piano / Data: Gio 25 gennaio 2018 alle 22:47
Autore: Franco Canciani
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