Questa estate, dopo la rescissione e l'addio di Stramaccioni, i tifosi bianconeri fantasticavano sull'arrivo di un nuovo allenatore che potesse donare alla squadra un gioco più frizzante, più votato all'attacco e che avrebbe finalmente messo in cantina il 3-5-1-1 guidoliniano. Alla nomina di Colantuono, preferito a tanti altri candidati, non erano in pochi quelli che come me sognavano un ritorno al tridente offensivo.

Stimavo moltissimo Colantuono e soprattutto la sua Atalanta, una squadra estremamente flessibile capace di cambiare o variare il proprio modulo da una partita all'altra o in corsa. L'interpretazione bergamasca del 4-3-3 era sublime : un playmaker (Cigarini/Baselli) e le mezzali che incrociavano con gli esterni d'attacco. Sopratutto Moralez tagliava continuamente in direzione del centro e dalla sua parte i terzini e le mezzali erano chiamate a occupare lo spazio esterno, spingendo su e giù come treni. L'Atalanta pressava più costantemente e con più facilità. In particolare, al pressing dei 3 giocatori offensivi, si aggiungeva quello del playmaker sul playmaker avversario tanto che a volte il triangolo di centrocampo era rovesciato con le due mezzali che diventano mediani di un 4-2-3-1 difensivo.

Mi aspettavo quindi un'Udinese costruita così, con i giusti arrivi sul mercato che avrebbero finalmente permesso l'esperimento del cambio di modulo. Invece Colantuono, arrivato a Udine con una certa idea, dopo i primi incontri con i Pozzo ha chinato il capo, ha strappato la sua lista di richieste e si è adeguato a quello che c'era già. Senza esterni d'attacco, senza un playmaker vero e proprio il tecnico romano ha deciso di continuare sul consolidato 3-5-1-1, modulo che dopo Guidolin, senza interpreti come Sanchez, Isla, Pereyra e Asamoah non ha mai funzionato. Il tecnico romano così ha abbandonato, partita di precampionato dopo partita di precampionato, quello che era il suo credo, arroccandosi per paura in difesa. Tutti chiusi dietro, catenaccio e poi proviamo a ripartire in contropiede, sperando che quel fenomeno di Di Natale riesca ancora a tirare fuori qualche colpo dei suoi. Pare essere proprio questo il nuovo diktat di Colantuono che per paura di non prenderle gioca a ritmo basso fin dai primi minuti pensando esclusivamente a difendersi. Il modulo così, la maggior parte delle volte, si trasforma in un 9-0-1, con 9 giocatori dietro la linea della palla e al limite dell'area a creare un vero e proprio fortino, con il solo Di Natale abbondanato da solo a fare reparto in attacco. L'Udinese sembra dire ai suoi avversari, anche tra le mura del Friuli, "giocate voi, noi non vogliamo la palla tra i piedi". Se la difesa ha organizzazione la manovra d'attacco è spesso affidata al caso e alle capacità dei singoli. I gol infatti dei bianconeri più che da azioni costruite sono arrivati tutti da spunti personali. Lancio lungo e si pedala e il gioco risulta essere spesso banale e brutto da vedere. L'arrivo di Lodi, seppure ancora in condizione precaria, può cambiare qualcosa. L'ex Catania però non può predicare calcio nel deserto e con i compagni spesso fermi a guardarlo non può fare altro che lanciarla alle spalle della difesa. 

Quello che si chiede a Colantuono e a tutta l'Udinese, in una stagione mediocre e da salvezza artimetica, maggiore coraggio. Provare ad attaccare e a fare un bel gioco darebbe una scossa a quei tanti tifosi annoiati o assonati durante le partite.

Sezione: Primo Piano / Data: Ven 16 ottobre 2015 alle 16:30
Autore: Stefano Pontoni / Twitter: @PontoniStefano
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