Che il calcio non sia una passione ma un business non lo scopriamo sicuramente oggi. Da anni ormai questo sport ruota esclusivamente attorno al denaro. Quel poco di romantico che era rimasto è stato cancellato nel momento esatto in cui le società hanno iniziato a quotarsi in Borsa. Da lì in poi non si è parlato più di risultati sportivi ma puramente di risultati economici, di aumentare il più possibile fatturati e ricavi. Le squadre sono aziende e noi che stiamo sugli spalti non siamo altro che clienti, meri fruitori di un prodotto. 

Il calcio, nato operaio e popolare, se oggi non appartiene più alla gente non è di certo colpa della Superlega. La bomba sganciata dai 12 grandi club europei ha fatto soltanto emergere una questione che avevamo sotto gli occhi, anche nella nostra piccola realtà di provincia, da parecchio tempo. Facevamo forse finta di non vedere ma le cose stavamo così già da anni.

Vedo tanti indignati, presidenti, calciatori, farne una questione morale, nella maggior parte la ritengo retorica populista e poco altro. Di occasioni per cambiare, per fare una riforma seria e concreta del calcio, per rendere questo sport più equo e sostenibile, ce ne sono state parecchie ma chi comandava se ne è sempre fregato. Ognuno ha pensato al proprio orticello, senza mai occuparsi di quello che era lo stato di salute del movimento. Ora la mossa fatta dall'aristocrazia del calcio va ancora una volta in questo senso: chi ha vuole ancora di più, per sé e basta.

La pandemia non ha fatto altro che accelerare ciò che che sarebbe comunque prima o poi avvenuto. Le grandi vogliono da anni, almeno una ventina, giocare fra di loro sempre più spesso perché quelle sono le partite che si vendono, soprattutto nei nuovi mercati dove dell'Udinese e di altre squadre non hanno nemmeno idea dell'esitenza. United, Juve, Real, Barcellona che si affrontano a ripetizione, come in un videogioco, questo vuole chi è pronto a investirci tantissimi solidi e questo è quello che daranno i club più importanti. 

Il titolo della Juventus Fc ha fatto registrare oggi un +17,8% guadagnando capitalizzazione di mercato per 200 milioni di euro. Questo ci fa subito capire che i mercati scomettono su questa nuova tipologia di calcio e che quindi si proseguirà in questa direzione.

Dimentichiamoci quello che è stato, fa parte del passato. Piaccia o non piaccia il futuro è questo. Non sono stupito, tanto meno grido al golpe. Mi scandalizzo di più a sentire la UEFA, la FIFA, le leghe nazionali, che si sono vendute tutto quello che potevano vendere in questi anni, fare la morale e parlare di ideali sportivi. Mi sembrano discorsi poco onesti, fatti solo per provare a salvare la baracca e mantenere il potere che ora rischiano improvvisamente di perdere. 

Quel mio, nostro, calcio, quello romantico, quello fatto delle domeniche pomeriggio allo stadio con il sole e con la pioggia, delle trasferte in pullman, dei sogni in provincia, dei giocatori nel parcheggio a festeggiare con i proprio tifosi, del rapporto umano tra società e tifoseria, non vi è più traccia da tempo e ripeto, non è colpa della Superlega.

Sezione: Primo Piano / Data: Mar 20 aprile 2021 alle 00:09
Autore: Stefano Pontoni / Twitter: @PontoniStefano
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